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La fine del contante è rimandata: la Bce invita a tenerne in tasca, tra blackout e insicurezze digitali

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Era il 17 novembre 2011. L’appena creato senatore a vita Mario Monti, imposto da Giorgio Napolitano come presidente del Consiglio dopo la cacciata del governo di Silvio Berlusconi con la motivazione che si doveva salvare l’euro, si presenta a Palazzo Madama e nel discorso programmatico dichiara: «Occorre ulteriormente abbassare la soglia per l’uso del contante e favorire un maggior utilizzo della moneta elettronica».

Il 17 settembre scorso, invece, la Bce raccomanda: «Keep calm and carry cash», tradotto «mantieni la calma e porta con te il contante». La riflessione è affidata a uno studio di Francesca Faella e Alejandro Zamora-Pérez che consigliano agli europei di tenere un tasca soldi spicci che bastino almeno per tre giorni come salvagente per eventuali catastrofi o emergenze, come è avvenuto lo scorso aprile in Spagna quando il black out elettrico ha reso inutilizzabili i bancomat. Insomma, state calmi e affidatevi alla vecchia carta moneta.

Naturalmente dall’Eurotower si sono affrettati a dire che questa raccomandazione non smentisce affatto la bontà dei soldi elettronici, che anzi si faranno passi rapidi e veloci verso l’euro digitale – tra i sostenitori più convinti di questa valuta immateriale c’è Piero Cipollone membro del board Bce -, ma che il contante resta un’assicurazione sulla vita di tutti i giorni. Romano Prodi – un altro costruttore dell’architettura monetaria dell’Europa – anni fa se n’è uscito invece con la proposta di tassare il contante.

L’ex presidente del Consiglio ed ex presidente della Commissione europea in televisione sosteneva, infatti, che «in Italia circola troppa moneta: bisogna rendere conveniente utilizzare la carta di credito anche per i piccoli pagamenti. Le grosse cifre devono essere versate solo con moneta elettronica e per il denaro contante dobbiamo fare in modo di scoraggiarlo rendendolo sconveniente: che costi qualcosa maneggiare i soldi». Tradotto: tassiamo il contante. Si tratta di una vecchia idea addirittura del Centro studi della Confindustria: mettere un balzello del 2 per cento sui soldi cash.

Vincenzo Visco, il mastino del fisco di stretta ordinanza prima Pci poi Pd, rispose che non serviva, perché «la vera evasione sta nei bilanci delle società». Era il 2019 e all’orizzonte non c’era la guerra strisciante e neppure il Covid. Sono state queste condizioni di vita mutate a far cambiare idea alla Bce? Possibile.

Sul sito dell’Eurotower è scritto: «Il contante è una parte importante della tua libertà di scegliere come pagare ed è essenziale per l’inclusione finanziaria di tutti i gruppi della società». E allora come mai per anni gli hanno fatto la guerra? Perché gli Stati sanno che attraverso il cash i cittadini sono liberi e, se vogliono incassare le imposte, l’imposizione deve essere efficiente. Lo spiegano benissimo Faella e Zamora Peres che evidenziano: «Nei momenti di crisi – dal black out in Spagna al Covid passando per l’invasione dell’Ucraina – la disponibilità di contante è anche un fattore di stabilità psicologica. Se non si hanno soldi fisicamente disponibili nei momenti di crisi si blocca la domanda e crolla l’economia».

Faccenda seria assai che in parte spiega perché Prodi come Monti, con l’ossessione dell’evasione che neppure il guru del centrosinistra riformista Ernesto Maria Ruffini è riuscito a debellare, abbiano contribuito ad affossare il Pil italiano: fiaccando i consumi hanno distrutto la produttività e inchiodato i salari. La controprova? L’economia sommersa vale nel nostro Paese circa 200 miliardi di euro a cui vanno tolti però i 30 generati da prostituzione, gioco d’azzardo e spaccio. L’ Eurostat lo conta come Pil. Impedire la circolazione del 10 per cento della domanda vorrebbe dire far fallire l’Italia. Sarà cinico, ma è reale. E lo sa anche la Bce guidata da Christine Lagarde, ma non la sinistra nostrana che ha fatto una bandiera della battaglia contro il contante.

Roberto Gualtieri, oggi sindaco Pd di Roma e ministro dell’Economia nell’esecutivo Conte II, che segnò la svolta gauchista del Movimento 5 stelle, dichiarò: «Il sogno di questo governo è un’economia dove i pagamenti sono smaterializzati e tracciabili e faremo della lotta al contante la nostra priorità». Il primo cittadino con la passione per la chitarra disse che solo abolendolo si possono combattere evasione, criminalità e terrorismo. Insomma, nel 2020 si estirpano le banconote per ragioni di sicurezza e cinque anni dopo la Bce dice di tenere almeno 100 euro a persona in casa per contrastare l’insicurezza?

La verità è che la lotta ai soldi fisici non c’entra nulla col contrasto alle attività illecite. Lo chiarì assai bene l’Ocse già nel 2017 e la Bundesbank in un studio del 2019 ha dimostrato che ridurre il cash incide sull’economia sommersa da 2 al 20 per cento, sulla corruzione dall’1,8 al 18 per cento e sui crimini dal 5 al 10 per cento. Risultati troppo modesti per comprimere la libertà dei cittadini che la Bce, peraltro, ha sempre difeso sostenendo che le uniche limitazioni al contante giustificate sono quelle antiriciclaggio (al di sopra dei 10 mila euro).

L’Eurotower con una sua ricerca cinque anni fa afferma che i cittadini europei fanno il 73 per cento dei pagamenti in soldoni, con un elevato utilizzo nella fascia di età 18-24 anni. Il Paese che paga di più in questo modo è la Germania, soprattutto a Est dove ancora circola il marco. Nell’ultimo anno in Italia la carta di credito ha fatto il record. Abbiamo pagato per 481 miliardi, superando per la prima volta il contante e registrando un aumento dell’8,5 per cento rispetto al 2023 (dati dell’Osservatorio innovative payements del Politecnico di Milano.) Dunque la raccomandazione di Francoforte, se da una parte smentisce la narrazione catastrofista rispetto all’evasione, dall’altro va incontro alle esigenze di sicurezza che esprimono i pensionati che fanno la spesa al mercato. Perché i vantaggi della “fresca” li descrive proprio la Bce: «Assicura a tutti libertà e autonomia, garantisce la privacy, aiuta a tenere traccia delle proprie spese, è veloce, è una riserva di valore». L’aggregato monetario M2, che è il consuntivo della ricchezza circolante in Europa, la stima in 55 mila miliardi: di questi in denaro contante ce ne sono circa 6.400 miliardi di euro.

Quindi la raccomandazione non smentisce affatto il progresso verso l’euro digitale, che è cosa diversissima rispetto ai bitcoin che sono una moneta privata agganciata a indici spesso discutibili. L’euro digitale – così come lo ha progettato Cipollone – non è niente altro che un euro via Web, accessibile a tutti, utilizzato per i pagamenti come la moneta e controllato dalla Bce. La fase sperimentale dovrebbe iniziare il prossimo anno. Ma intanto per evitare l’hackeraggio o che un black out blocchi i bancomat e i computer è meglio avere un po’ di soldi “veri” in tasca. Con buona pace di Romano Prodi.