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Trump si vaccina contro influenza e Covid: la scienza per sé, il negazionismo per gli altri

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In un colpo di scena che solleva più domande che risposte, Donald Trump ha annunciato di aver ricevuto il vaccino antinfluenzale stagionale e un richiamo contro il Covid-19 durante un controllo medico di routine effettuato venerdì scorso. Il bollettino ufficiale della Casa Bianca conferma che l’ex magnate immobiliare – il presidente più anziano nella storia degli Stati Uniti – “gode di ottima salute” e che la dose booster è stata somministrata “in vista dei viaggi internazionali imminenti”. Una scelta apparentemente pragmatica, se non fosse per l’abisso di contraddizioni che attraversa la sua Amministrazione.

Trump ha infatti nominato a capo del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani Robert F. Kennedy Jr., simbolo del movimento no-vax e noto negazionista delle evidenze scientifiche sul Covid. Un cortocircuito politico e morale: Kennedy, erede della dinastia democratica ma bandiera del complottismo vaccinale, ha costruito la propria notorietà alimentando disinformazione – dal falso legame tra vaccini e autismo alla minimizzazione della pandemia – e oggi guida un dicastero che ha limitato l’accesso ai richiami contro il virus in nome di una presunta “libertà individuale”.

Ma quando in gioco c’è la salute del suo protettore politico, la scienza torna improvvisamente utile. Trump, che nel 2020 si era ammalato di Covid e aveva sponsorizzato trattamenti pseudo-miracolosi come l’idrossiclorochina, sceglie oggi la via della medicina consolidata. È la perfetta sintesi del trumpismo: un populismo di facciata, pronto a piegarsi al realismo quando il privilegio personale lo consente.

Non è la prima volta che il tycoon repubblicano gioca con il doppio registro. Durante la campagna elettorale del 2024 aveva strizzato l’occhio ai movimenti anti-vaccino per sedurre la base più radicale del suo elettorato, promettendo di “rivedere” le linee guida federali sui vaccini e affidando proprio a Kennedy un ruolo di primo piano per compiacere le frange anti-establishment del partito. Una strategia redditizia alle urne, ma devastante sul piano etico: mentre milioni di americani – soprattutto nelle comunità più povere e marginalizzate – si trovano oggi con accesso limitato ai vaccini, Trump riceve le sue dosi nel silenzio ovattato della Casa Bianca.

È l’ennesimo esempio del motto non scritto del trumpismo: regole per te, non per me. Un elitismo travestito da populismo, dove la salute pubblica diventa strumento di potere e la scienza un’arma da brandire solo quando conviene.

A 79 anni, Trump continua a negare le voci sulle sue condizioni fisiche, minimizzando lividi e terapie cardiovascolari, ma il vero nodo non è la sua salute personale: è l’ipocrisia politica che si ripete, identica a quella del primo mandato, quando sminuiva il virus in pubblico pur ricevendo cure di prim’ordine in privato.

Oggi, con Kennedy al timone della Sanità, il messaggio è lampante: la guerra contro le “élite scientifiche” vale solo finché serve a consolidare il consenso. Per i progressisti e per gli esperti di salute pubblica, questo episodio è un campanello d’allarme. L’ascesa di figure come RFK Jr. non è un incidente ideologico, ma una minaccia reale alla democrazia sanitaria.

Mentre Trump si prepara ai suoi summit globali, protetto da un ago che il suo stesso governo ha contribuito a demonizzare, resta una domanda inevasa: quante vite dovranno ancora pagare il prezzo di questo cinico gioco di potere? La scienza non dovrebbe mai essere ostaggio della politica. E la leadership, quella vera, non si misura nelle dosi somministrate dietro porte chiuse, ma nelle scelte che proteggono tutti, non solo chi comanda.

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