ru24.pro
World News in Italian
Июнь
2025
1 2 3 4 5 6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30

Delitto di Garlasco, i veri motivi per cui Alberto Stasi fu assolto due volte

0

Nel dicembre del 2009, il primo processo per il delitto di Garlasco si concluse con l’assoluzione di Alberto Stasi. Un verdetto che si basava su un principio fondamentale del diritto penale: il ragionevole dubbio. Fu un caso esemplare di come dubbi tecnici e scientifici, sommati a un quadro indiziario ritenuto contraddittorio, portarono i giudici a non condannare l’unico imputato. Una decisione presa al termine di un giudizio abbreviato, in cui furono determinanti le valutazioni di periti e consulenti.

Le incognite sulle tracce di sangue

Un punto cruciale del dibattimento riguardava le tracce — o meglio, l’assenza di tracce — di sangue che ci si sarebbe aspettati sulle scarpe dell’assassino, visto l’efferato omicidio di Chiara Poggi. Eppure, gli accertamenti scientifici non offrirono certezze. Come scrivono i medici legali Fabrizio Bison, Lorenzo Varetto e il professor Carlo Robino: «Gli esperimenti condotti sui pedali e tappetini di autovetture non hanno dato risultati sempre positivi: dopo calpestamento di sangue secco, il tappetino è risultato luminol-negativo».

Un’osservazione che si scontrava però con quanto emerso in un’altra sperimentazione, quella condotta dai Ris di Parma. In quel caso: «I risultati sono noti: dopo calpestamento di sangue descritto come quasi completamente secco, residuavano sulla superficie della suola delle scarpe utilizzate macchie di sangue macroscopicamente visibili; dopo molto ore, di tale sangue permanevano ancora tracce visibili macroscopicamente (ed evidenziabili con Luminol), con possibilità di estrazione del Dna del donatore».

Tuttavia, i consulenti della difesa invitarono a una lettura prudente di questi dati: «Il dato è a prima vista suggestivo; tuttavia, negli esperimenti che abbiamo condotto, questa situazione si è verificata solo nel caso di calpestamento di macchie umide di dimensioni ragguardevoli. Questi risultati sono pertanto da interpretare con attenzione e come rappresentazione solo parziale delle varie situazioni prospettabili».

Il giudice: “Tutto aumentava i dubbi”

A riassumere lo spirito dell’assoluzione fu, allora come oggi, Stefano Vitelli, giudice dell’udienza preliminare a Vigevano nel 2009 e attualmente magistrato al Riesame di Torino. In una dichiarazione rilasciata al Corriere della Sera tre mesi fa, ha ricordato: «Sembrava mancare qualcosa che incastrasse Stasi. Di più, l’esatto contrario: tutto ciò che veniva fatto, aumentava i dubbi». E aggiungeva: «C’erano indizi, ma contraddittori e insufficienti. Non bisognerebbe mai dimenticare quanto il ragionevole dubbio sia importante».

Un atteggiamento prudente che rispecchiava la linea tracciata anche nella lunga perizia medico-legale, iniziata il 23 maggio 2009 e conclusa l’8 settembre. Un lavoro dettagliato in cui gli esperti raccomandavano cautela nell’interpretazione dei risultati: «Va ribadito che è assolutamente indispensabile precisare, accanto ai risultati ottenuti con qualsivoglia metodica analitica, il margine di incertezza… Nel caso del test alla tetrametilbenzidina sui pedali della bicicletta, detto margine è assai ampio, sicché non condividiamo l’opinione secondo la quale il materiale presente su quei pedali debba essere ricondotto con alta probabilità a sangue di Chiara Poggi».

In risposta a una delle affermazioni del consulente dei pubblici ministeri, un ufficiale dei carabinieri, i periti furono netti: «Non siamo d’accordo sul fatto che sarebbe stato inutile, dispersivo e fuorviante eseguire il test immunocromatografico specifico per l’emoglobina umana sui pedali della bicicletta».

La questione del portasapone

Un altro elemento analizzato con attenzione fu la presenza di tracce sul portasapone del bagno della vittima. In particolare, la coesistenza di un’impronta digitale di Alberto Stasi e di Dna appartenente a Chiara Poggi. Anche in questo caso, però, la spiegazione proposta dai periti fu semplice e spiazzante: «Il contemporaneo riscontro sul portasapone di un’impronta digitale di Alberto Stasi e di Dna di Chiara Poggi ha quale più ragionevole e semplice spiegazione il fatto che i due abbiano entrambi toccato l’oggetto, in tempi e per un numero di volte a noi del tutto sconosciuti e non determinabili. Il dato appare quindi del tutto irrilevante al fine della costituzione di una prova scientifica».

E la conclusione sulla prova dei pedali fu altrettanto netta: «Se il test fosse stato effettuato e avesse dato esito positivo (come si sarebbe atteso in presenza di detta quantità di sangue), avrebbe confermato senza ombra di dubbio la natura ematica umana del materiale che, viceversa, in base alle attività esperite non è affatto dimostrabile».