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Май
2025

“Sento il peso schiacciante di un doppio fardello: sono la figlia della vittima, ma sono anche la figlia del suo carnefice”: Carolin Darian, figlia di Gisèle Pelicot, racconta la sua storia

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“Sento il peso schiacciante di un doppio fardello: sono la figlia della vittima, ma sono anche la figlia del suo carnefice”. La tragedia umana, psicologia, sociale di Caroline Darian è qualcosa di impensabile. Nel novembre del 2020 scopre improvvisamente che suo padre Dominique Pelicot ha drogato sua madre Gisèle (si chiama “sottomissione chimica”) per almeno un decennio (2011-2020) a Mazan, nel Sud della Francia, e da addormentata l’ha fatta stuprare decine e decine di volte da uomini anonimi arruolati su un sito web di incontri, mentre lui guardava e filmava.

Il caso Pelicot sconvolge la Francia e il mondo intero. Nell’autunno del 2024 Pelicot viene condannato a 20 anni di carcere e con lui vengono condannati a severe pene detentive una 50ina di uomini che parteciparono attivamente agli stupri. Caroline, oggi 45enne, una dei tre figli della coppia, drogata e probabilmente stuprata anch’essa nelle orge anonime e ripetute del padre, ha scritto un libro sulla sua vita e su quei terribili istanti. S’intitola E ho smesso di chiamarti papà (Utet) e parte proprio da questa ambiguità, quella relazione familiare che si spezza e si ribalta, provocando un caos psichico percettivo incontrollabile.

“Nella vita di prima quando la sua mostruosità mi era ancora ignota l’ho amato così tanto. La bambina che è in me lo aveva idealizzato”, spiega la donna durante la presentazione del libro al Salone del Libro di Torino con un’intervistatrice d’eccezione, dal direttrice del Salone, Annalena Benini. “Quando attraversi momenti così difficili e dolorosi in seno alla propria famiglia o lasci andare tutto o combattere”, ricorda Darian di fronte ad un attento pubblico torinese. “La modalità con cui mio padre ha abusato di mia madre non è solo una questione familiare, ma di salute pubblica. Ci sono tantissime vittime come mia madre. È un reato commesso su donne e bambini, in famiglia omertose”.

Pelicot usava dissolvere del lorazepam nel cibo della moglie, in gergo si chiama “sottomissione chimica”. “Sono sostanze psicoattive, sono farmaci non droghe, come si potrebbe pensare. Una modalità di azione di quasi tutti i predatori sessuali. Non parliamo di droga dello stupro, questi sono farmaci che si comperano in farmacia. Sono sedativi o sonniferi che poi vengono mescolati con l’alcool. Al risveglio la vittima non ricorda nulla di quanto accaduto. Mia mamma pensava che i suoi malesseri derivassero da un cancro al cervello. Aveva fatto delle TAC con esito negativo. Si era pensato all’Alzheimer”.

Darian ricorda che prima del 2020, quando scoppiò il caso Pelicot, in Francia era relativamente semplice procurarsi farmaci grazie anche solo ad una precedente ricetta presentata e che comunque sul web nei siti dove i predatori sessuali organizzano le loro nefandezze viene suggerito come procurarseli. La ricostruzione di quello che è accaduto in casa Pelicot è impressionante. “Mi vennero mostrate delle foto, archiviate da mio padre nel suo pc, dove apparivo io ma non ne avevo ricordo. Probabilmente mi aveva sedata. In una mi sono riconosciuta perché ero nella mia camera, in un’altra foto non capisco dove sono. Come mamma non ricordiamo nulla. Provo una grande rabbia verso mio padre per avermi rubato una parte di vita che lui conosceva e io no. Dopo la scoperta delle violenze ho vissuto un periodo di forte dissociazione, ho avuto bisogno dell’aiuto di un ricovero in un ospedale psichiatrico per riuscire a dormire”.

Secondo le volontà di Gisèle il processo Pelicot ha avuto udienze a porte aperte, in modo che il padre provasse su di lui lo sguardo della collettività. “È stato un processo talmente mediatizzato che a un certo punto ho pensato che la nostra storia non ci appartenesse più; ma è stato anche un bene se questa scelta ha contribuito a un futuro più positivo tra le persone. Un sussulto collettivo può servire a cambiare la mentalità dominante: non deve essere più la vittima a vergognarsi, ma il carnefice”. Infine, Darian ha spiegato come si è approcciata nello spiegare cos’è accaduto in famiglia al proprio figlio: “Gli ho spiegato che nonno ha fatto cose gravissime e che per questo non l’avrebbe più rivisto. Ci voleva trasparenza e semplicità, poi il tempo farà il suo corso. Gli ho spiegato che ci sono cose che si possono fare e cose che non si possono fare soprattutto come uomo che lui diventerà. Anche mio figlio è stato accompagnato per 4 anni da uno psicologo assieme a noi. Sa anche che sua mamma è impegnata in questa causa femminile e anche questo spero lo renda consapevole e lo responsabilizzi”.

L'articolo “Sento il peso schiacciante di un doppio fardello: sono la figlia della vittima, ma sono anche la figlia del suo carnefice”: Carolin Darian, figlia di Gisèle Pelicot, racconta la sua storia proviene da Il Fatto Quotidiano.