Chi sono Rivellini (Lega) e Caputo (Italia Viva), ex eurodeputati campani che condividevano l’assistente arrestato per il caso Huawei
Oltre all’ex assistente in Europarlamento arrestato per il caso Huawei, il coordinatore napoletano della Lega Enzo Rivellini e l’assessore regionale renziano all’Agricoltura Nicola Caputo hanno in comune due cose: l’origine campana e i trascorsi in consiglio regionale, la palestra migliore per l’esercizio della raccolta – e cura – delle preferenze personali. Senza le quali puoi forse sperare in un listino bloccato alle politiche, ma non prendi il volo per Bruxelles e Strasburgo. Loro invece quell’aereo lo hanno preso.
Rivellini ci è salito nel 2009 in quota Pdl, Caputo nel 2014 in quota Pd. Ma per quest’ultimo fu un ripiego. Per Caputo l’anno prima era tutto apparecchiato per una sicura elezione alla Camera, era uscito vincitore dalle primarie dem di Caserta. Fu depennato dalle liste per un avviso di garanzia del pm Novelli nella cosiddetta Rimborsopoli, le spese pazze in Regione, accuse da cui sul versante penale è stato scagionato. Stessa sorte, archiviazione del pm con timbro del giudice, per una indagine su una fumosa accusa di voto di scambio con il clan dei Casalesi intorno all’appalto di uno svincolo a Villa di Briano.
Rivellini invece una candidatura al Parlamento tricolore l’ha avuta: si giocò le sue carte al Senato nel 2018 con la maglietta di Fratelli d’Italia in un collegio della provincia di Napoli. Fu anche lui travolto dall’onda grillina. Però Rivellini è napoletano, mentre Caputo è del casertano, e da queste parti la differenza è importante. Il primo esibisce il suo ‘napoletanismo’ con orgoglio e ridondanza, fino a metterlo al centro del suo impegno politico. Nel 2009 cercò e ottenne facile notorietà con un intervento al Parlamento europeo per metà in napoletano, con gli interpreti disperati nel provare a tradurre la frase evitamme c’arriva ‘o pata pata ‘e l’acqua, che in italiano significherebbe “scongiuriamo l’acquazzone, il disastro”. Di questi tempi dominati dai social, usa Whatsapp per inviare messaggi video “dallo Scoglione di Marechiaro”, e il calembour condito dai perepereperepè gli è utile per attirare l’attenzione sul bersaglio M5s o Pd di turno.
Più sobria e meno territoriale la comunicazione di Caputo: giacca, cravatta, comunicati stampa asettici e concentrati sul ruolo istituzionale, l’ultimo il 22 febbraio scorso. Annunciava bandi di 50 milioni di euro per gli agricoltori: “Continuiamo a lavorare per costruire il futuro dell’agricoltura campana, dando fiducia e sostegno a chi sceglie di investire sull’innovazione, sulla conoscenza e sulla sostenibilità”, il Caputo pensiero del comunicato. “Un impegno che, assieme al presidente De Luca, intendiamo mantenere per sostenere il settore agricolo”.
Rivellini è coordinatore di Napoli della Lega da fine novembre. Nominato in virtù di un patto federativo con la sua associazione politico-culturale, Napoli capitale, sul quale c’è la firma del sottosegretario Claudio Durigon. “Sono da sempre un leghista del Sud – commentò Rivellini – Sto con la Lega perché è l’unico partito non romanocentrico”. Poco prima di questa nomina, alcuni siti di settore hanno pubblicato la notizia di una sentenza della Corte di giustizia della comunità europea: la condanna di Rivellini a restituire al Parlamento europeo 252.321,88 euro. I fondi da restituire, destinati a sostenere la sua attività parlamentare, finirono, scrivono i magistrati, nelle casse di “una società unipersonale a responsabilità limitata” della quale “unica socia” risultava Bianca D’Angelo, per un certo periodo, sua assistente e compagna. La notizia non fu rilanciata da nessuna testata generalista.
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