Uno struggente Mastandrea e un mirabolante Mainetti: in uscita i loro due nuovi film
Vi siete mai chiesti dove si trovano davvero le persone mentre sono in coma? Con la sua opera seconda Valerio Mastandrea cerca di rispondere raccontandoci una storia d’amore sospesa tra i corridoi di un ospedale dove un pugno di anime aspetta vagando, sbirciando le vite degli altri come inseriti in una vetrina dove risultano invisibili. Il mondo non li vede e noi non sappiamo neanche come si chiamino i personaggi di Elsa Morante, Lino Musella e Dolores Fonzi. L’importante è resistere al vento improvviso che potrebbe portarli via da un momento all’altro. Il regista ha presentato il suo Nonostante a Venezia lo scorso anno e ora è pronto per uscire al cinema il 27 marzo.
Scrive con Enrico Audenino Mastandrea, e dirige un film malinconico come fosse un piccolo Spoon River di speranze non ancora perdute. E come attore, la sua ironia caustica si mette al servizio di un paziente impaziente che inciampa in un sentimento inatteso per una nuova compagna di stallo. Lo scenario per certi versi si accomuna con alcuni dettagli del Primo giorno della mia vita di Genovese, dove le anime in sospeso erano di alcuni suicidi. Qui però abbiamo un gruppo di persone solidali che aspettano di conoscere il proprio futuro senza poterne decidere davvero, in un posto dove l’elaborazione della perdita è davvero un testa o croce. E mentre le anime di Mastandrea hanno l’ansia e la paura di ritornare, nel cast sbuca un Giorgio Montanini al karaoke con un ruolo bonario che ci ricorda quello di Woopi Goldberg in Ghost.
Insomma, si tratta di un film in controvento capace di animare gli ampi spazi scenici quanto di scavare nell’anima dello spettatore che intraprenderà con fiducia questo viaggio in sala.
Da una seconda passiamo a un’opera terza, quindi a Gabriele Mainetti con il suo ideale “Grosso Guaio all’Esquilino”, potremmo dire del nuovissimo La Città Proibita. Il quartiere asiatico di Roma è da anni un variopinto mix di culture e ristoranti etnici. Ma pure di acredini più e meno romanzate tra italiani e cinesi. Quindi Mainetti mette da una parte il ristorante cinese che titola il film, dall’altra una trattoria tipica gestita da Lorena, Sabrina Ferilli, e sostenuta dal boss di quartiere Annibale, Marco Giallini, ai fornelli l’indifeso Marcello, Enrico Borello, e scheggia impazzita di vendetta arriverà Mei, la stunt cinese Yaxi Liu, l’ultima trovata miracolosa di quel furbastro di Mainetti. Ha le fattezze da una Gong Li in Lanterne Rosse ma picchia come John Wick questa nuova attrice che parla mandarino e italiano, ma solo col translator.
Legherà con Marcello attraverso ricette e vendette in un film che più fusion non si può. Mainetti ci aggiunge temi macro e micro sociali come la politica cinese del figlio unico, una storia d’amore tragica e segreta, le viscere dei mercati cinesi, l’arte dello strozzo compiaciuta dalla prostituzione e sfiora lo sfruttamento dei lavoratori africani stipati a campare nei sottoscala.
Forse è proprio pronto per rilanciare la Marvel o chissà quale altra impresa oltreoceanica Mainetti. Ma per ora il nostro cantore romano almeno ha spinto, insieme a Sorrentino, la sua città fuori dai canoni di un provincialismo cinematografico sempre più ripetitivo. Esce al cinema il 13 marzo questa mirabolante action-comedy con i tratti del kolossal di quartiere e le coreografie da combattimenti di qualità hollywoodiana. Ma non dimentichiamo che da sempre ogni personaggio di Mainetti nasconde un dolore, e qui pian piano i 138 minuti della Città Proibita riveleranno quelli di tutti i suoi nuovi personaggi, tra cui anche un Luca Zingaretti outsider.
Bello guardare i film di Mainetti perché ti prende per mano con le sue storie di eroi ed eroine e ti fa volare insieme al suo cinema! Grande fan di Spielberg, il regista romano e la sua nuova combriccola, mi si conceda la metafora, stavolta hanno pedalato tutti verso la luna come Elliot e il suo E.T., e Yaxi la sfiora a calci volanti. È un film di un romanticismo metropolitano e pure piuttosto violento La Città Proibita, ma di quella violenza tarantiniana, anzi alla carbonara, che fa sorridere, e resta unicamente sul grande schermo. Non come quella ai Tg o in giro per il mondo. #PEACE
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