“Ho perso parecchi chili. Faccio fatica in tutto. Trascorro una fase di meditazione dolorosa su quello che ho fatto e sul destino che mi attende”: Vittorio Sgarbi parla dall’ospedale
“Invecchiato, certamente, con voce grave, lenta e impersonale”, così il giornalista Antonio Gnoli descrive Vittorio Sgarbi. Su Robinson, l’inserto del quotidiano Repubblica, intervista il critico d’arte, nei loro incontri anche qualche visita in ospedale dove è stato ricoverato per una forte depressione. L’arte al centro ma sullo sfondo una carriera politica (deputato, sottosegretario, sindaco), un passato e presente da conferenziere e un curriculum lunghissimo da polemista sul piccolo schermo.
Proprio in tv ha svelato la sua parte provocatoria e perfino sgradevole: “Non c’è dubbio. Non era una recita a teatro ma la rappresentazione del mio temperamento. Questo è stato il senso della televisione per me. Oggi la vedrei come una parte di me distante, come un calore di fiamma lontano. Oggi guardo le cose senza il desiderio di essere coinvolto. Senza rappresentare una parte”, spiega Sgarbi. In qualche modo prigioniero della sua immagine, oggi diversa anche solo dal punto di vista fisico: “Ho perso parecchi chili. Faccio fatica in tutto. Riesco a tratti ancora a lavorare. Ho sempre dormito poco. Ora passo molto tempo a letto”.
Aveva esibito il suo corpo in foto postoperatorie di un intervento al cuore, un’altra volta gli avevano trovato un cancro alla prostata. Ora il suo desiderio di vita sembra attenuato: “Trascorro una fase di meditazione dolorosa su quello che ho fatto e sul destino che mi attende. In fondo le cose che ho scritto, le opere d’arte che vedi appartengono a un progetto di sopravvivenza. Qualcosa che rimanga e che si prolunghi oltre la vita. La vita e le azioni che l’accompagnano si esprimono attraverso l’attività politica e artistica, mentre quello che passa nella mia mente è ciò che sarà oltre la mia vita“.
Sgarbi nel corso dell’intervista si chiede cosa sarà di lui nel futuro: “È una domanda che non posso evitare sapendo oltretutto che la mia attuale malinconia o depressione è una condizione morale e fisica che non posso evitare. Come abbiamo il corpo così ci sono anche le ombre della mente, dei pensieri, fantasmi che sono con noi e che non posso allontanare. Non ne avevo mai sofferto. Mi sembra un treno che si è fermato a una stazione sconosciuta”.
E in quel futuro – sottolinea Gnoli – c’è anche la vicenda giudiziaria. Il riferimento è all’inchiesta del Fatto Quotidiano e Report, inchiesta giornalistica diventata poi giudiziaria. Lo scorso 3 ottobre la Procura di Macerata ha chiuso l’indagine sull’affaire Manetti, l’ex sottosegretario di Stato aveva giurato di aver trovato il dipinto così com’era nella soffitta della sua villa in provincia di Viterbo. Ora è imputato per riciclaggio, autoriciclaggio e contraffazione di opere d’arte e rischia per questo una condanna pesante, da 4 a 12 anni di carcere. Episodio che, sostiene il critico d’arte, sta minando in “modo intenso, direi devastante” la sua vita: “Di alcuni atti, eseguiti in assoluta naturalezza, mi vengono imputati una serie di comportamenti che non erano i miei. Ho sempre cercato di avere cura e attenzione per le opere (…). Come spero di uscirne? Sperando che si affermi una verità, che è la verità dello spirito con cui ho fatto queste cose”, ha aggiunto Sgarbi.
Nel suo rapporto con l’arte oggi si rimprovera una certa “bulimia e leggerezza”, un mondo che ha ridotto a un grande parco giochi: “Sì, come un bambino mi sono divertito molto. Oggi molto meno. Oggi mi chiedono di rispondere di quello che avrei fatto. Come se i giochi fossero diventati delle realtà pericolose. Giochi difficili. Questa è la percezione del bambino che si è scoperto adulto”. E ora le difficoltà incidono sul lavoro: “Faccio fatica e poi vedo male: per uno storio dell’arte non è il massimo”.
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