ru24.pro
World News in Italian
Март
2025
1 2 3 4 5 6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31

Commissione d’inchiesta Covid: l’ostruzionismo delle opposizioni non è riuscito a frenare le audizioni

0

A febbraio 2024 la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva l’istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull’emergenza Covid. Questa commissione è stata fortemente voluta da Fratelli d’Italia, per fare luce sugli aspetti più controversi della gestione della pandemia: dall’assenza di un piano pandemico aggiornato, alla valutazione dell’efficacia delle misure adottate, agli sprechi di soldi pubblici su cui sono stati aperti decine di fascicoli e procedimenti, come quello sui milioni di mascherine importate dalla Cina poi rivelatesi non a norma.

La commissione Covid e l’ostruzionismo dell’opposizione

Le forze di opposizione, in particolare il Pd e il M5S, hanno da subito assunto un atteggiamento ostruzionistico: prima evitando di indicare i propri rappresentanti, determinando un ritardo di diversi mesi nell’avvio dei lavori. In seguito, presentando un disegno di legge per modificare gli obiettivi della Commissione d’inchiesta, e una volta iniziate le audizioni, tentando in tutti i modi di sminuire e mettere in difficoltà gli auditi che hanno fatto rivelazioni “scomode” per i partiti allora al governo.

Le audizioni sulle anomalie nell’approvvigionamento di mascherine

A partire da gennaio 2025 la Commissione parlamentare di inchiesta sul Covid ha dato il via ad un ciclo di audizioni sugli acquisti di mascherine nel periodo della pandemia, per fare chiarezza, in particolare, sull’arrivo in Italia di milioni di dispositivi di protezione non a norma destinati alla pubblica amministrazione.

Il caso Jc Electronics – Il primo ad essere audito è stato Dario Bianchi, fondatore della Jc Electronics. L’azienda, fornitrice di dispositivi alla Protezione Civile nelle prime fasi della pandemia, ha denunciato di aver subito una revoca illegittima del contratto di fornitura da parte della struttura commissariale guidata da Domenico Arcuri. Il Tribunale di Roma, accogliendo le ragioni della società, ha condannato in primo grado la presidenza del Consiglio a risarcire Jc Electronics per oltre 203 milioni di euro. Per i giudici, infatti, le mascherine Jc disponevano delle autorizzazioni necessarie, ma furono bloccate perché la struttura di Arcuri, per una “svista”, non inviò la documentazione fornita dall’azienda al Cts per la validazione dei dispositivi. Denunciando il numero sproporzionato di controlli subiti dalla sua società, il rappresentante della Jc Electronics ha evidenziato che, nello stesso periodo, gli stessi controlli rigorosi non furono applicati per la commessa da 1,2 miliardi di euro per l’acquisto da parte della struttura commissariale di 800 milioni di mascherine cinesi poi risultate non a norma, vicenda sulla quale è tuttora in corso un procedimento penale. Il sospetto dei pm è che nel prezzo esorbitante – quattro volte quello di mercato – fossero incluse commissioni milionarie per gli intermediari dell’operazione. Arcuri, inizialmente fra gli indagati, è stato assolto dal Gup per l’intervenuta abrogazione del reato di abuso d’ufficio, di cui era accusato. Bianchi, inoltre, ha accusato Arcuri e Conte di essere stati a conoscenza del fatto che le mascherine acquistate dai gruppi cinesi non fossero conformi, facendo riferimento ad uno scambio di mail tra la struttura commissariale e uno degli intermediari della commessa e agli alert internazionali sull’inidoneità del laboratorio che certificò quei dispositivi.

L’audizione dell’ex commissario Arcuri – Sentito successivamente dalla Commissione Covid, Arcuri ha definito “marginale” la vicenda della Jc Electronics rispetto alla mole complessiva di acquisti di mascherine e ha contestato le motivazioni della sentenza che ha condannato la Presidenza del Consiglio a risarcire la società. L’ex commissario ha poi annunciato querele nei confronti di Bianchi. Ha ricordato che i dispositivi dei produttori cinesi furono consegnati in tempi più rapidi rispetto alla Jc, ma non si è pronunciato sulla inidoneità delle mascherine in questione. Invocando il procedimento penale in corso, Arcuri ha rifiutato di rispondere a diversi quesiti.

L’audizione dell’ex funzionario dell’Agenzia delle Dogane, Miguel Martina – Miguel Martina, funzionario delle Dogane oggi in pensione, denunciò lo scandalo delle mascherine cinesi non a norma e di aver subito per questo pressioni e mobbing. Recentemente il Tribunale del Lavoro di Roma ha condannato l’Inail a risarcirlo. Audito in commissione Covid, l’ex funzionario ha accusato la pubblica amministrazione di aver derogato alle norme in vigore per permettere l’arrivo in Italia di centinaia di milioni di mascherine cinesi destinate alla pubblica amministrazione (Protezione civile e struttura commissariale) per ospedali ed Rsa, inidonee a proteggere la salute, con marcatura “Ce” falsa e certificazioni provenienti da laboratori non abilitati. Martina ha rivelato alla Commissione diversi elementi che varrà la pena approfondire: 

– ad aprile 2020 l’ADM nominò come proprio consulente un laboratorio, l’ECM, segnalato a livello mondiale e nazionale per l’emissione di certificazioni non valide;

– l’esistenza di una conversazione registrata tra Martina e il capo dell’ufficio antifrode appena nominato (Tallino) al posto di quello che stava indagando sulle mascherine cinesi inidonee (Brosco), in cui il nuovo direttore farebbe riferimento ad una presunta necessità di “eseguire gli ordini” sulla questione dell’arrivo delle mascherine non a norma. “In questo momento è una questione di Stato, è diventato un affare di Stato”, avrebbe detto Tallino secondo la ricostruzione fatta da Martina; 

– in quel periodo i comportamenti delle dogane erano differenziati a seconda delle aziende. 

I fascicoli della Corte dei conti e lo “Scudo penale”

La Corte dei conti ha comunicato alla Commissione l’esistenza di decine di procedimenti per danni erariali relativi alla gestione dell’emergenza Covid: dall’acquisto dei banchi a rotelle finiti al macero, alle spese folli per gli hub vaccinali a forma di primula, agli acquisti irregolari di ventilatori polmonari, mascherine non idonee o inutilizzabili, test diagnostici scaduti o in eccesso. È la stessa Corte dei conti ad affermare che, verosimilmente, per una serie di norme approvate nel periodo pandemico dall’allora governo Conte, che consentono di procedere con l’istruttoria solo nei casi in cui è ipotizzabile l’elemento soggettivo del dolo, molti di questi fascicoli finiranno per essere archiviati.

Le mascherine cinesi non idonee sono state indossate da milioni di persone. Se i dispositivi individuali erano indispensabili per contenere la diffusione del virus, significherebbe che la struttura commissariale fece circolare centinaia di milioni di mascherine che con ogni probabilità non frenarono il contagio. Quante persone si sono ammalate e poi morte a causa delle mascherine made in China non a norma, pagate 4 volte il prezzo di mercato? Accertare se qualcuno si è arricchito durante l’emergenza a scapito della salute dei cittadini è un dovere nei confronti di tutti gli italiani.

L'articolo Commissione d’inchiesta Covid: l’ostruzionismo delle opposizioni non è riuscito a frenare le audizioni sembra essere il primo su Secolo d'Italia.