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Февраль
2025

Energia: il ritorno del carbone

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Ma non dovevamo vederci più? Inquinante e potente fonte di emissioni di CO2, il carbone ce lo immaginavamo in ritirata, spazzato via dalle energie rinnovabili e ormai destinato a finire nei libri di storia. Invece non è così. Anzi, nel 2024 l’uso di questo brutto, sporco ma economico combustibile fossile ha toccato un nuovo record, raggiungendo circa 8,77 miliardi di tonnellate. Dopo il crollo registrato durante il picco della pandemia, il carbone ha ripreso vigore, trainato principalmente dalla crescente domanda di elettricità in Cina e da una ripresa economica che spinge i consumi energetici a livelli senza precedenti.

Secondo il rapporto Electricity 2025 dell’International energy agency (Iea), la domanda globale di elettricità crescerà a un ritmo del 4 per cento annuo fino al 2027, una delle accelerazioni più marcate mai registrate negli ultimi tempi, pari a un quantitativo di energia superiore al consumo annuale del Giappone. L’incremento è spinto dall’elettrificazione industriale, dall’aumento della domanda di aria condizionata, dall’espansione dei data center e dalla transizione energetica del settore dei trasporti.
Un terzo del carbone consumato a livello mondiale viene bruciato nelle centrali elettriche cinesi, confermando il Paese come il principale attore di questo mercato. Nonostante Pechino stia investendo massicciamente in energia pulita, con una capacità solare ed eolica rispettivamente di 890 e 520 gigawatt nel 2024, il minerale nero continua a svolgere un ruolo chiave: lo scorso anno la capacità totale delle centrali a carbone in Cina ha raggiunto i 1.200 gigawatt. Del resto la domanda di elettricità sta crescendo molto rapidamente, con un tasso medio di aumento superiore a quello del Pil. Due fattori principali stanno alimentando questo fenomeno: l’elettrificazione di servizi precedentemente forniti da altri combustibili, come la mobilità, e lo sviluppo di industrie emergenti come i data center e l’intelligenza artificiale.

E così nel 2024 la Cina ha avviato la costruzione di 94,5 gigawatt di nuove centrali a carbone e ha riavviato progetti sospesi per altri 3,3 gigawatt: i livelli più alti dell’ultimo decennio sottolinea un rapporto congiunto del Centre for Research on Energy and Clean Air e del Global Energy Monitor. Questo trend, sostenuto dagli investimenti dell’industria mineraria, rischia di compromettere gli obiettivi climatici del Paese, vanificando le promesse di riduzione dell’uso del carbone e il percorso verso la neutralità carbonica entro il 2060.Anche l’India, secondo consumatore globale di questa fonte fossile, continuerà a farne ampio uso: nonostante l’aumento della produzione di elettricità con le rinnovabili, il grande Paese asiatico dovrebbe registrare nei prossimi anni un forte incremento dell’utilizzo del carbone, prevede l’Iea.Nelle economie più sviluppate, invece, la domanda di carbone ha raggiunto il picco alcuni anni fa e sta lentamente diminuendo. Secondo le stime della Iea, entro il 2025 la quantità di carbone consumata dall’Unione europea e dagli Stati Uniti sarà inferiore alla metà di quella utilizzata in India. Tuttavia, in Europa e Nord America il ritmo del declino sta rallentando e potrebbe essere ulteriormente frenato dalla crescente domanda di elettricità e dall’elevato prezzo del gas.

E mentre il Regno Unito a settembre ha chiuso la sua ultima centrale a carbone, segnando la fine di un’era per il Paese che ha alimentato la rivoluzione industriale con questo combustibile, la Germania procede nella direzione opposta. Dopo aver abbandonato il nucleare e nonostante gli impegni per la transizione energetica, Berlino continua a fare affidamento sul carbone come uno dei principali combustibili per la generazione elettrica, coprendo il 26,6 per cento del mix energetico. Al contrario in Italia le centrali a carbone hanno ormai un peso modesto: secondo i dati Iea coprono poco più del 5 per cento della produzione di elettricità nazionale. Nel giro di un ventennio il nostro Paese ha più che dimezzato l’utilizzo del carbone come fonte energetica.

Una strategia che ha pagato sul fronte delle emissioni di CO2 ma che ha anche inciso negativamente sulle bollette, visto che il grosso della produzione di elettricità è alimentato dal gas, ora costosissimo. Una situazione che ormai ha assunto i connotati di una vera emergenza, soprattutto per l’industria. Tanto che Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, arriva a proporre una soluzione shock: «Il carbone, per chi non ha paura dei sacrilegi, è la soluzione da adottare in questa micro crisi, micro rispetto a quella del 2022» ha scritto l’economista sul Sole 24 Ore. «Sarebbe sufficiente che la Commissione, ovviamente con enorme imbarazzo, annunciasse che, in caso eccezionale di carenza di gas per la prossima estate, i vincoli ambientali su alcuni combustibili potranno essere momentaneamente tolti». Vedremo se Bruxelles avrà un simile coraggio.

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