Gaza senz’acqua, l’allarme di Oxfam: “Situazione ancora disperata, altissimo rischio epidemie”. Distrutto impianto di desalinizzazione dell’ong
A un mese dall’inizio del cessate il fuoco, la situazione umanitaria nel governatorato di Gaza Nord e a Rafah resta disperata, nonostante in altre zone della Striscia sia ripreso e aumentato l’ingresso degli aiuti. È l’allarme lanciato da Oxfam, di fronte ad una situazione che rischia di precipitare nuovamente da un momento all’altro. Il bilancio della distruzione causata da 15 mesi di conflitto alle infrastrutture essenziali è infatti drammatico: complessivamente sono stati resi inservibili 1.675 chilometri di reti idriche e igienico-sanitarie. A Gaza Nord e Rafah, ormai quasi completamente rase al suolo, la disponibilità di acqua per la popolazione si è ridotta del 93%, rispetto a prima del 7 ottobre 2023. Come si vede dalle immagini, anche l’impianto di desalinizzazione realizzato da Oxfam insieme a partner locali per fornire acqua potabile alla popolazione è stato distrutto dall’esercito israeliano.
“Mentre il fragile cessate il fuoco in vigore resta in bilico, le parti in conflitto e la comunità internazionale devono avere ben chiaro che qualsiasi nuova escalation del conflitto potrebbe generare una catastrofe sanitaria su vasta scala. – ha detto Paolo Pezzati, portavoce per le crisi umanitarie di Oxfam Italia – Nelle aree di Gaza Nord e Rafah le persone devono sopravvivere con appena 5,7 litri di acqua a testa, ossia quanto noi ne consumiamo in meno di un minuto facendo la doccia o tirando una sola volta lo scarico del bagno. In tale condizione il rischio di epidemie è altissimo. Le storie che ascoltiamo ogni giorno soccorrendo la popolazione sono strazianti: bambini che devono camminare per chilometri per raccogliere una tanica d’acqua, genitori che non bevono per dissetare i figli”.
Nel governatorato di Gaza Nord, dall’inizio del conflitto, quasi tutti i pozzi d’acqua sono stati distrutti dall’esercito israeliano. Le oltre 700mila persone che sono tornate qui con il cessate il fuoco, si sono ritrovate in quartieri letteralmente spazzati via e nelle poche case rimaste in piedi non c’è acqua.
Anche a Rafah, nel sud della Striscia, oltre il 90% dei pozzi e dei serbatoi d’acqua installati sui tetti delle abitazioni sono distrutti e la disponibilità idrica si è ridotta del 95%, rispetto a prima del conflitto. Qui al momento sono in funzione appena 2 pozzi sui 35 che servivano l’area. Nonostante gli sforzi per riparare al più presto le reti idriche, al momento la distruzione delle condutture in tutta Gaza causa la dispersione nel terreno del 60% dell’acqua disponibile per la popolazione.
“Siamo di fronte a un mix letale che sta creando tutti i presupposti per lo scoppio di nuove epidemie. – continua Pezzati – Anche se c’è stato un aumento degli aiuti dopo il cessate il fuoco, Israele continua a impedire l’ingresso dei materiali necessari ad avviare la ricostruzione, a partire dalle tubature e dai generatori che consentirebbero di garantire l’accesso all’acqua pulita alla popolazione. Ad esempio, ci è stato impedito per 6 mesi di far entrare a Gaza 85 tonnellate di tubature e serbatoi per l’acqua – per un valore di oltre 480mila dollari – perché la fornitura era ritenuta “sovradimensionata” e gli articoli catalogati come a ‘doppio uso’, ossia potenzialmente utilizzabili anche per scopi militari. Le autorità israeliane hanno finalmente approvato la spedizione solo questa settimana, anche se deve ancora arrivare a destinazione”.
“Centinaia di migliaia di sfollati in tutta Gaza hanno dovuto ricorrere allo scavo di pozzi neri di fortuna accanto alle proprie tende. – conclude Pezzati – Questo ha provocato lo scarico quotidiano nel terreno di circa 130mila metri cubi di acque reflue – l’equivalente di 52 piscine olimpiche – che sta contaminando il Mar Mediterraneo e l’unica falda acquifera di tutta la Striscia. Di fronte a tutto questo, lanciamo quindi un appello urgente affinché il cessate il fuoco sia mantenuto in vigore e sia resa possibile al più presto la ricostruzione delle infrastrutture essenziali, consentendo l’ingresso degli aiuti necessari ad accompagnare la popolazione di Gaza verso un po’ di normalità. Verso una pace duratura e giusta sia per i palestinesi che per gli israeliani”.
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