Gran Bretagna valuta tagli fino all’11% per cultura, ambiente, lavoro per finanziare l’aumento delle spese militari
Per avere un’anticipazione di ciò che ci attende con l’aumento dei budget per armi e difesa, può essere utile guardare ciò che sta accadendo in Gran Bretagna, paese dove la spesa per l’esercito si colloca attualmente intorno al 2,3% del Prodotto interno lordo (in Italia siamo all’1,6%). Il ministero del Tesoro britannico ha chiesto a diversi dipartimenti governativi di prepararsi a tagli fino all’11% dei loro bilanci per far fronte al maggior impegno bellico. Per ora, dalla lista dei tagli, dovrebbero rimanere escluse sanità ed istruzione.
I nuovi budget decurtati dovrebbero essere pronti per giugno, quando si procederà ad una nuova definizione della spesa triennale. Si parla di un taglio nominale del 5%, considerando l’effetto dell’inflazione prevista, una sforbiciata reale dell’11%. Per ora non sono state ancora adottate decisioni definitive ma lo scenario su cui si lavora è questo. Le voce soggette ai possibili tagli includono i governi locali, la cultura, la giustizia, il ministero dell’Interno, l’ambiente, l’energia e il lavoro e le pensioni.
Il partito laburista al governo si è già impegnato a portare la spesa per la difesa al 2,5% del Pil, un incremento dello 0,2% che significa 5 miliardi di sterline in più (circa 6 miliardi di euro). Ma la richiesta del presidente degli Stati Uniti, paese con cui la Gran Bretagna ha ulteriormente rafforzato i legami dopo essere uscita dall’Unione europea, è di portare la spesa fino al 5% del Pil (sebbene gli stessi Usa si fermino al 3,4%). E questo vale per tutti i paesi Nato, Italia inclusa. Cifre che significherebbero esborsi ben più ragguardevoli, nell’ordine di decine e decine di miliardi di euro e sterline. Nel caso del nostro paese la spesa dovrebbe, ad esempio, aumentare di ben 70 miliardi di euro.
“Dobbiamo spendere di più per la difesa, questa è la realtà della situazione in cui ci troviamo”, ha detto il premier inglese Keir Starmer, aggiungendo che tutti i paesi in Europa devono “intensificare sia la capacità che la spesa e il finanziamento” dell’esercito. Il governo inglese afferma che indicherà un percorso per raggiungere l’obiettivo di spesa nella prima metà di quest’anno.
La Russia spende per le sue armate poco meno del 6% del suo Pil ma è vero che se calcolati in valori assoluti, e non in rapporto alle dimensioni dell’economia ,gli stanziamenti complessivi dei paesi dell’Unione europea sono già oggi ben superiori a quelli di Mosca. Tuttavia è vero che questo non basta. In assenza di un coordinamento delle spese e di una struttura militare comune, paesi che hanno priorità difensive diverse (Est Europa la Russia, paesi mediterranei la dimensione navale) restano soggetti singoli di fronte alla potenza militare di Mosca. E per cambiare questa situazione servono comunque, in una prima fase, investimenti importanti. È anche vero che conseguire una maggiore autonomia strategica è un amaro calice che l’Ue dovrà bere se vorrà trattare con gli Stati Uniti da una posizione meno sfavorita innumerevoli questioni, a cominciare da quelle di natura commerciale.
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