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Femministe in tilt su Sanremo: ha vinto il patriarcato, anzi no. Lo psicodramma è servito

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Benché sia ufficialmente conclusa non solo la kermesse ma anche la settimana di Sanremo, il Festival continua a far discutere. Complice la puntata di ieri di Domenica in dedicata alla kermesse. L’ultimo psicodramma politico-ideologico, dopo quello suscitato dal successo della commovente canzone di Simone Cristicchi Quando sarai piccola, è legato al fatto che i vincitori siano stati tutti uomini e che uomini si rintraccino anche nella quarta e quinta posizione. “La lunga mano del patriarcato su Sanremo”, hanno lamentato più o meno esplicitamente cantanti e alcune femministe, considerando in particolare difficile da digerire che Giorgia sia arrivata solo sesta.

Le recriminazioni di Elodie, Giorgia & co

Elodie s’è indignata e se l’è presa con i giornalisti che non hanno fatto vincere Giorgia; Gaia ha detto che non vedere Giorgia nella cinquina è una di quelle cose che «un po’ fanno star male» e a sua volta c’è rimasta male quando un giornalista le ha fatto notare che lei era arrivata ultima al televoto; la stessa Giorgia ha detto che «ci deve essere qualcosa di atavico, di inconscio, nella nostra mentalità per cui arriviamo a certe scelte, a votare in un modo o nell’altro. Finché lo dobbiamo sottolineare significa che il problema c’è».

Lo psicodramma delle femministe: a Sanremo ha vinto il patriarcato, anzi no

Più interessante, però, è il tormento intellettuale che percorre le analisi delle cantrici del femminismo, che oggi arrivano a conclusioni diametralmente opposte, ma comunque partono sempre da quel filtro lì: il patriarcato. Simonetta Sciandivasci su La Stampa non ha dubbi sul fatto che Sanremo sia stato «roba da maschi», come si legge nel titolo dell’articolo, ma per arrivarci deve fare tutto un ragionamento contorto sul fatto che «la maschiocrazia di questo festival è innegabile ma prima che nel podio, un podio di livello altissimo, va ricercata» nel contorno: «vallettismo», «battutine da bar»; «abiura felpata di femminismo e sue correzioni da parte anche delle donne», tra le quali anche Elodie che «ha detto “voglio proprio fare la femmina”».

Quelle che… il Festival è «roba da maschi» a prescindere

Insomma, il sessismo c’è, anche se i maschi hanno vinto per il loro «altissimo livello», anche se non è detto che per le donne vengano scritte canzoni di minore qualità e anche se la vincitrice del Festival dietro le quinte è quella Marta Donà che da manager ha inanellato una serie straordinaria di primi posti. Ma, ovvio, il patriarcato comunque c’è e prenderne atto «servire a indagare le ragioni sistemiche del gap e, prima ancora, lo stesso gap», perché «se non inquadriamo bene il problema non capiamo come risolverlo e rischiamo persino di crearne un altro».

E quelle che… quando mai: in scena è andata «la fragilità del maschio»

Di avviso opposto Michela Marzano, che su Repubblica avverte che, invece, quel podio tutto al maschile rappresenta la negazione del patriarcato, perché a Sanremo è stata cantata «la fragilità del maschio» con «parole che scardinano gli stereotipi del patriarcato in un’epoca in cui la virilità tossica è ancora ovunque». «Parole che mettono in scena tutta la fragilità della condizione umana – una fragilità che appartiene a tutti, indipendentemente dal sesso, dal genere e dall’orientamento sessuale. Parole che danno una speranza. Anzi: sono una speranza. Segnale concreto di un cambiamento? Forse. O almeno di una presa di coscienza. E questo conta. Perché sono queste le parole che hanno trionfato a Sanremo 2025, davanti a oltre 13 milioni di telespettatrici e telespettatori».

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