Di questo non è mai morto nessuno
Se volete serenamente continuare a mangiare sushi, non leggete questo articolo. Se vi piacciono le conserve fatte in casa dalla nonna o ripulite con le dita la ciotola dell’impasto della ciambella, oppure ordinate il tiramisù anche nei bar più improbabili, passate avanti. Perché vi si sta per spalancare un mondo fatto di batteri, intossicazioni, gastroenteriti e germi, tanti germi, pericolosi e forse letali. Molti dei quali prosperano nelle nostre cucine, sui taglieri, al tavolo del ristorante, nei supermercati e quindi ovunque. Sornioni, ma pronti se non a ucciderci (ipotesi da non scartare a priori) quantomeno a farci -.
Di certo è più comodo rimanere ignoranti, continuando a dar retta alle mamme che si ostinano a dirci che mangiando l’uovo crudo «non è mai morto nessuno»: fin quando un bel giorno arrivano i microbiologi e ci avvisano. Di cosa? Del fatto che- se decidiamo di sapere - la nostra vita si complicherà. Cosa fare, infatti, se gli amici ci invitano a cena servendoci la conserva di carciofini sott’olio preparata in casa dalla nonna, che sa tanto di infanzia e di tradizione? «Dobbiamo decidere se accettare, e correre il rischio di avvelenarci con la tossina botulinica, o se dire no, mettendo fine a un’amicizia ventennale» scherza, ma non troppo, il microbiologo Alessandro Mustazzolu, autore del libro Non è mai morto nessuno (Edizioni Gribaudo)che ci guida in un viaggio post-apocalittico sui guai che derivano da ignoranza e poca igiene. «Le conserve fatte in casa sono potenziali veicoli di botulino: e il botulino può uccidere. Ma siccome la preparazione delle conserve alimentari, più che una pratica culinaria è un rituale affettivo, anche solo parlarne crea tensione».
Pazienza, se non fosse che il batterio clostridium botulinum, dalla classica forma a bastoncino, sia capace di produrre una neurotossina che è il più potente veleno naturale finora conosciuto: un solo grammo può uccidere per ingestione quasi15 mila persone, e causare gravi problemi neurologici, paralisi, crisi convulsive. Considerato un’arma batteriologica che potrebbe essere usata da organizzazioni terroristiche, è bene sapere che sterilizzare, mettere sottovuoto e far bollire tutto non basta: in ambiente domestico è impossibile far raggiungere ai vasetti le giuste temperature per annullare i rischi.
Piovono pericoli anche da gli amati taglieri che ritroviamo nei menu dei ristoranti e sui quali vengono serviti salumi, focaccine, olive e tanto altro. Se, infatti, nell’utilizzo dei taglieri - e vale anche perle nostre cucine - non si utilizzano determinate accortezze(lavarli dopo ogni uso con acqua calda e sapone)dietro l’angolo c’è il pericolo della cross-contaminazione batterica: battendo la fettina di pollo crudo per fare la cotoletta e affettando poi sullo stesso tagliere l’insalata o il salame, si rischia che i batteri saltino da una pietanza all’altra causando salmonellosi o altre intossicazioni alimentari che possono farci finire al Pronto soccorso. «In ospedale vediamo molto spesso gli effetti dei comportamenti errati tenuti in cucina o a tavola» spiega il professor Silvio Danese, direttore dell’Unità di Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.«Anche se i pazienti, quando arrivano in reparto con intossicazioni alimentari più o meno gravi, non sempre sono in grado di risalire a dove hanno consumato il pasto. Qualsiasi cibo, sia fresco sia industriale, può essere soggetto a contaminazione, e pertanto serve molta prudenza nel maneggiarlo e mangiarlo».
Pensiamo per esempio alle buste preconfezionate di salmone, che ci sembrano innocue e quindi apriamo estraendo le fette senza particolare accortezza, o al tagliere usato per il salame sul quale poi affettiamo anche il pane. «In questo caso possiamo anche ritrovarci con cisti da echinococco nel fegato o in altri organi» conclude Danese. «Sono tutti comportamenti rischiosi, che ci espongono a problematiche che vanno dalle intossicazioni fino a patologie ancora più gravi, come quelle causate dall’anisakis».Eccolo, l’anisakis: quel minuscolo verme bianco che può rivelarsi il convitato di pietra delle serate al ristorante giapponese, a mangiare sushi e sashimi come se non ci fosse un domani: frase che - oltre a essere un modo di dire - potrebbe diventare realtà. «L’anisakidosi è stata descritta per la prima volta negli anni Sessanta» spiega Mustazzolu. «Ha un esordio rapido, con nausea, vomito, febbre e dolore epigastrico. Mangiare pesce crudo, tartare, acciughe marinate, non è mai una scelta a rischio zero, e diventa una responsabilità collettiva in caso si abbiano ospiti». Nemmeno l’abbattitore ci salva dai pericoli: può solo arrestare la crescita batterica, senza cancellarla: una volta che il pesce viene riportato a temperatura ambiente, i batteri continueranno il loro «sporco» (è proprio il caso di dirlo) lavoro.
Ma i guai possono arrivare anche dal tiramisù della zia, fatto con le uova «del mio pollaio», perché potrebbero veicolare la salmonella(batterio che provoca un’intossicazione alimentare) o dai würstel crudi che provocano la listeriosi, forma batterica grave che può diffondersi dall’intestino a tutto l’organismo, o ancora dal pollo che, se sciacquato nella vello, da lì può contaminare qualsiasi alimento con il batterio Campylo bacterpylori. E persino dall’impasto della ciambella, dato chele farine crude sono vettori di Escherichia coli, che nei bambini può portare alla gravissima sindrome emoliticouremica.
Cosa ci resta da fare, pertanto, per proteggerci senza diventare «germo-fobici» e senza chiuderci in casa, da soli, a mangiare riso in bianco? Curare al massimo l’igiene delle mani, dei taglieri, del piano della cucina :scegliere con accortezza ristoranti e locali diffidando(per esempio) degli «all you can eat» asiatici a basso prezzo, e soprattutto coltivare una sana prudenza: che dovrebbe darci la forza, davanti al sorriso della nonna che ci offre i carciofini «al botulino» di dire no, grazie. Sperando poi di sopravvivere anche al senso di colpa.
E se dopo aver letto questo articolo vi arriva la telefonata dell’amico raccoglitore di funghi che vi invita a cena per assaggiare il bottino, per il quale «non è mai morto nessuno» ,che fare? «Teniamo presente che basta un solo fungo velenoso per contaminare l’intero raccolto» conclude Danese. «Per evitare avvelenamenti e intossicazioni occorre sempre farli controllare agli ispettorati micologici». E in mancanza del controllo, per non offendere nessuno, meglio fingere improvvise allergie ai porcini o malesseri preventivi. E stare a casa.