Ivrea si compila il biotestamento davanti a un caffé come in uno speed date: «Ci vediamo e parliamo di morte»
IVREA. «In realtà ci incontriamo e parliamo di morte. Solo che visto che l’argomento è un po’ ostico e che normalmente si tende a rimandarlo, li chiamiamo Dat Café e li abbiamo strutturati sul modello degli speed date americani». A parlarci è Ylenia Volpedo, 40 anni, operatrice socio sanitaria di origine eporediese, che fa anche pet therapy e lettura assistita con gli animali in Rsa, Hospice e ovunque ci sia bisogno. Dat è un acronimo che sta per Disposizioni anticipate di trattamento e traduce in linguaggio burocratico il “biotestamento” che è diventato legge nel 2017, dopo un aspro scontro in Parlamento. Lo stesso organo istituzionale che è stato in capace di deliberare sul suicidio assistito nonostante le indicazioni della Corte costituzionale e che si è visto superare dalla Regione Toscana.
Sabato 15 febbraio a Ivrea si terrà il primo Dat Cafè eporediese organizzato dall’associazione Tonglen, dalle 10 alle 18, allo Zac. I relatori sono Andrea Toselli, volontario di Milano, e Giovanna Erra, presidente. Di Tonglen si legge sul suo sito: «Scopo principale è quello di affiancare le persone e i famigliari in difficoltà per accompagnarli lungo il cammino della malattia, perdita e morte, per ritrovare il senso della vita, la serenità e un profondo contatto con se stessi».
A Ivrea non piace pensare alla morte. I biotestamenti siglati, ad oggi, sono infatti soltanto 262, di cui 166 nei primi due anni di vigenza della legge: il 2018 e il 2019, poi la media scende inesorabilmente verso i 20 documenti l’anno, con una stragrande maggioranza femminile: 172 donne, lo hanno presentato, contro 90 uomini appena.
Per partecipare all’incontro per cui basta sottoscrivere la tessera associativa al costo di 20 euro l’anno. Poi, una full immersion nel tema del fine vita alternata da varie pause caffé e da un pranzo libero. «Tutto nasce - spiega Volpedo - dall’idea della tanatologa Daniela Muggia, che si occupa di morte in tutte le sue sfaccettature. Partiamo dalla legge e abbiamo già predisposto dei moduli di Dat da compilare sul nostro sito, che si trovano però anche direttamente all’incontro. E poi iniziamo a riflettere, a parlare. Spieghiamo tutte le definizioni che si trovano nelle Dat, come la differenza tra donazione di organi da vivi o da morti, tra essere idratati o alimentati, coscienza e incoscienza. La cosa più importante, poi, è la scelta del fiduciario che non è l’erede, né deve essere per forza la moglie o il figlio. Ma è una persona a cui ci affidiamo, appunto, per far applicare quello che è scritto nel documento. Potrebbe essere un amico in grado di far rispettare le tue volontà. Posso anche pensare che in caso di incidente o evento traumatico, ad esempio, mio marito sia troppo coinvolto».
Oggi confrontarsi con il tema del fine vita e della libertà di scelta è diventata una questione ineludibile. È sempre più chiaro che la morte è un processo, diventa difficile stabilire il momento esatto in cui avviene anche a livello biologico. Morte cerebrale? Il cuore che batte? Il respiro autonomo? «La medicina - prosegue Volpedo - ha fatto grandi passi avanti, ma non è detto che corrispondano alla nostra volontà. Penso a quella ragazza morta a Treviso qualche giorno fa, che era in coma da 33 anni, avuto incidente a 27, dove era già morta la figlia di un anno e mezzo. Cosa avrebbe voluto lei? Se non vuoi essere alimentato, ad esempio, a un certo punto vieni fisiologicamente meno». Che non significa tanto scegliere la propria morte, ma quando inizia il processo del morire.