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Guerra commerciale: per l'Europa il pericolo non sono solo i dazi americani

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La guerra commerciale ha inizio. Oggi scattano i dazi cinesi su 14miliardi di dollari di merci importate dagli Stati Uniti, come risposta alle imposte aggiuntive del 10% volute dal presidente Trump sui prodotti in arrivo da Pechino. E la Casa Bianca ha già fatto una seconda mossa: nuovi dazi: 25% su acciaio e alluminio. Massima attenzione anche in Europa (e in Italia), dove non preoccupano solo i dazi a stelle e strisce. Su acciaio e alluminio incombe il CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism), il nuovo meccanismo europeo che dal 2026 diventerà pienamente operativo e farà salire del 15% i prezzi di importazione di questi materiali. E a preoccupare è anche la crisi tedesca. Secondo la Cgia di Mestre, gli effetti della debolezza della locomotiva europea potrebbero danneggiare più di quanto non facciano le politiche tariffarie di Washington.

A bordo dell’Air Force One Trump, andando al Super Bowl, ha annunciato tariffe del 25% su tutte le importazioni di acciaio e alluminio, cruciale per l’industria automobilistica ed edilizia. E non finisce qui. L’amministrazione Trump è pronta a applicare una politica di dazi reciproci; quindi, ulteriori tariffe sulle importazioni da Paesi che le applicano a loro volta a prodotti americani. “Tariffe reciproche, probabilmente martedì o mercoledì”, ha detto chiaramente il presidente. Il Canada è attualmente il principale fornitore di acciaio e alluminio per gli Stati Uniti, seguito da Brasile, Messico, Corea del Sud e Vietnam Secondo Morgan Stanley, oltre l'80% del fabbisogno di alluminio statunitense dipende dall’import.

L’annuncio è arrivato poco prima dello scattare “dell’ora X”. Niente accordo per ora tra Pechino e Washington e niente dazi “congelati” come nel caso di Messico e Canada e così oggi entrano in vigore i dazi cinesi sui prodotti americani. Pechino applicherà imposte dal 10% al 15% su carbone, gas naturale liquefatto, petrolio greggio, macchinari agricoli e automobili di grandi dimensioni. È la risposta alle imposte aggiuntive del 10% volute dal presidente degli Stati Uniti qualche settimana fa. Oltre ai dazi, la Cina ha annunciato nuove restrizioni all’export di minerali strategici come tungsteno e tellurio e ha avviato un’indagine antitrust su Google, accusando il colosso tech di violare la legge cinese.

Stime e analisi sulla guerra commerciale allertano l’Europa dove incombe però anche un altro elemento, che avrà forti ripercussioni sul mercato dell’acciaio e dell’alluminio: il Carbon Border Adjustment Mechanism. La misura, voluta da Bruxelles per limitare l’importazione di prodotti ad alta intensità di carbonio, è dal 2023 in fase transitoria, ma diventerà definitiva nel 2026. Gli importatori europei di acciaio, alluminio, fertilizzanti e cemento dovranno fornire dettagli precisi sulla quantità di CO2 dei prodotti, con un inevitabile aumento della burocrazia e dei costi. Secondo le stime di Assofermet, l’associazione delle aziende importatrici di metalli, il CBAM potrebbe determinare un incremento dei prezzi dell’acciaio del 15%.

C’è poi la Germania, ad allarmare. Secondo un’analisi della Cgia di Mestre la principale preoccupazione per l’export italiano al momento non sono i nuovi dazi americani, ma la crisi economica tedesca. Nel biennio 2023-2024, il calo della domanda dalla Germania ha generato una perdita di 5,8 miliardi di euro per le imprese italiane. Solo nei primi dieci mesi del 2024, il crollo dell’export verso Berlino è stato di 3,1 miliardi di euro, colpendo duramente settori come la meccanica e l’automotive. Al contrario, gli Stati Uniti hanno rappresentato un mercato in crescita per le aziende italiane, con un export record di 67,2 miliardi di euro nel 2023. Tuttavia, con le nuove tariffe imposte da Trump, il rischio di una contrazione è concreto: secondo l’OCSE, dazi del 10% potrebbero ridurre l’export italiano negli USA di 3,5 miliardi di euro, mentre tariffe al 20% potrebbero portare a perdite fino a 12 miliardi.

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