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Sanremo 2025 – Chi è Shablo: “Quando dicevo che la trap era il futuro nessuno mi ca*ava”. Sfera Ebbasta e quel “litigio” con Inoki per 300 euro

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“La produzione non la fai toccando i tasti, è una visione che hai”, così si era espresso, qualche anno fa, l’artista, produttore, talent scout e manager italo-argentino Shablo. Il musicista – Pablo Miguel Lombroni Capalbo all’anagrafe – è una presenza di spicco nell’urban italiano e, durante la 75esima edizione del Festival di Sanremo, sarà in gara con il brano “La mia parola”. Canzone, prodotta dallo stesso Shablo, che vedrà come (co)protagonisti Guè, Tormento e Joshua, ovvero i tre artisti “ospiti” che andranno a completare e – soprattutto – cantare le strofe del brano.

Nato a Buenos Aires (Argentina) nel 1980 e trasferitosi in Italia all’età di dieci anni, Shablo ha da sempre avuto una forte passione – e vocazione – per la musica. Oggi siamo abituati a vedere rapper e trapper in cima alle classifiche italiane ma, fino a qualche anno fa, non era affatto così, tutt’altro. Il rap era un genere di nicchia e Shablo – assieme a molti altri esponenti – è stato uno di quelli che l’ha portato in alto, nel famoso “mainstream” musicale. Il produttore è cresciuto all’interno della scena hip hop italiana degli anni ’90, traghettandola, a suon di idee e strumentali, ad un’estetica ed una sonorità ricercata e “contaminata” da altri generi musicali. In questo contesto di costante crescita del rap, Shablo ha mosso i suoi primi passi da dj e produttore underground.

Si distingue grazie a beat inediti che, da un lato, prendono ispirazione da canzoni (anche) degli anni ’70-80 che vengono da lui campionate rendendo, anche un suono di pochissimi secondi, un pezzo di un puzzle che, alla fine, porta ad una sua base. Oltre ai pezzi di repertorio non manca di certo un’indole creativa che ha da sempre accompagnato Shablo. Le origini culturali del Sudamerica hanno fatto sì che il musicista affondasse le proprie radici nel jazz, nel soul e nella musica latina, affiancandole poi alle “penne”, alle metriche ed allo stile di artisti come Guè, Jake La Furia (riuniti nei Club Dogo, assieme anche al produttore Don Joe), Marracash, Kaos ed Inoki. Tutti artisti che ha conosciuto ad inizio carriera e, con i quali, ha collaborato, diventando – a poco a poco – una figura sempre più rilevante nell’ambiente urban.

Come ogni percorso che porta al successo, è inevitabile ci siano anche momenti di tensione lavorativa e di incomprensione. Ed è proprio con Inoki, definito da Shablo come “uno dei primi rapper talentuosi in Italia” che, col tempo, le strade si sono divise per motivi – con tutta probabilità – professionali e personali. Non era passata inosservata ad Inoki e ad i suoi fan una breve dichiarazione di Shablo durante un’intervista concessa al canale YouTube di esse Magazine, nel 2019. Il musicista stava raccontando il proprio percorso artistico quando, parlando brevemente di Inoki, lo ha salutato, dicendo di volergli “purtroppo sempre bene, nonostante lui (Inoki, ndr) continui ad infamarmi in maniera assidua”, aveva dichiarato il manager.

Nelle ore successive alla pubblicazione dell’intervista, non si era fatta attendere la (dura) replica di Inoki. “Nel mio mondo, ‘ti voglio bene’ sono tre parole pesanti e che contano parecchio”, aveva detto il rapper nelle sue Instagram stories. “Intanto non dici ‘purtroppo’, ma dici ‘ti voglio bene’. Ma soprattutto: lo dimostri?”, aveva continuato, facendo riferimento ad un invito, da lui avanzato, di bersi un caffè loro due assieme. Proposta che, secondo quanto sostenuto da Inoki, sarebbe stata costantemente declinata da Shablo. Il producer, quindi, non si sarebbe preso “un caffè con un vecchio amico che ai tempi gli ha aperto le strade della musica”. Perché, sempre secondo quanto affermato da Inoki su Instagram, “ci serviva uno studentello come te (riferito a Shablo, ndr) coi soldini che arrivava da Perugia e che avesse almeno un computer”.

Te li ho presentati tutti io (gli artisti, ndr), anche i Club Dogo”. E – ha aggiunto – “partiamo dal presupposto che non ti cago da quando non sei più stato hip hop – ammesso che tu lo sia mai stato –, da quando hai preferito i soldi. Perché io e te abbiamo litigato per 300 euro. Dato che, se non te li davo, tu non mi passavi il master di un mixtape di merda che ho fatto io completamente e ti sei preso pure la gloria. Quindi, per me, il tuo valore è 300 euro”. E ancora: “Quindi ho anche dei pregiudizi su di te perché, per me, tu sei il classico uomo di merda. Quando penso ad un uomo di merda, penso alla tua faccia”, aveva poi concluso Inoki.

Accantonando la partentesi del “litigio” con Inoki, Shablo, nel 2005, si è trasferito ad Amsterdam, dove ha aperto uno studio di registrazione, producendo anche artisti internazionali: questa sua esperienza è sfociata nell’album del 2007 “The Second Feeling”. Nel 2011 è rientrato in Italia, pubblicando a quattro mani con Don Joe il disco “Thori & Rocce”. Due anni più tardi ha fondato con Marracash l’etichetta “Roccia Music”, oltre a “Thaurus” (label e società di management). Ed è qui che Shablo ha fatto il botto, cogliendo una luce che nessuno aveva visto. “Quando dicevo che questo era il futuro nessuno mi cagava”, aveva detto l’italo-argentino riferendosi alla trap e, di conseguenza, agli artisti da lui scoperti e lanciati come Achille Lauro, Izi, Rkomi, Ernia e, soprattutto, Sfera Ebbasta e Charlie Charles (storico produttore di Sfera).

Negli anni a venire Shablo è stato direttore artistico di album come “Taxi Driver” di Rkomi (che ha registrato ben 8 dischi di platino) ed “Il giorno in cui ho smesso di pensare” di Irama (certificato 3 platini), dimostrando, dunque, di spaziare dal soul alla trap, fino all’elettronica di avanguardia. Inoltre, il talent scout ha prodotto “Ovunque sarai” (di Irama, in gara nel 2022) e “Ragazzi fuori” (di Clementino, in gara nel 2017). Nel 2024 Shablo è stato maestro concertatore della Notte della Taranta ed ora sarà – assieme a Guè, Tormento e Joshua – l’ennesimo che porterà (una piccola) parte della cultura hip hop a Sanremo. “La mia parola” anticiperà il suo nuovo album in uscita nel 2025. Da che rappava a 16 anni nella sua cameretta, Shablo è arrivato al palco ed agli artisti più importanti d’Italia. Una storia, un percorso, quello dell’italo-argentino, fatto di perseveranza e costante ambizione, tenendo bene a mente che, come disse D’Annunzio, “l’artista è colui che fa della propria vita un’opera d’arte” e Shablo lo sta facendo a tutto tondo, l’artista.

L'articolo Sanremo 2025 – Chi è Shablo: “Quando dicevo che la trap era il futuro nessuno mi ca*ava”. Sfera Ebbasta e quel “litigio” con Inoki per 300 euro proviene da Il Fatto Quotidiano.