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L’invasione di Roccaraso e l’ipocrisia ambientalista: i tamarri no, la cementificazione per vacanze vip sì…

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Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

Roccaraso, rinomata località montana abruzzese, è recentemente balzata agli onori della cronaca per l’afflusso massiccio di turisti, in gran parte “economici”, che hanno letteralmente invaso i pratoni e le piste da sci. Questo fenomeno, alimentato dall’influenza dei social media e dal potere degli influencer, ha visto la mobilitazione di oltre 200 autobus diretti verso la località sciistica. Se in passato la gita sulla neve rappresentava per bambini e giovani un sogno a occhi aperti, con l’emozione pura di toccare per la prima volta la neve, oggi la situazione appare molto diversa, sollevando interrogativi sul rapporto tra turismo, ambiente e percezione sociale.

L’evoluzione del turismo montano: da sogno d’infanzia a fenomeno di massa

Un tempo, andare in montagna significava immergersi in un’esperienza autentica, spesso riservata a pochi privilegiati che potevano permettersi vacanze invernali o gite scolastiche ben organizzate. Oggi, invece, il turismo si è democratizzato: viaggiare è più accessibile grazie a trasporti low-cost, pacchetti turistici convenienti e, soprattutto, alla capacità dei social media di trasformare una destinazione in una meta “must-see” da un giorno all’altro.

Questo cambiamento ha portato a una nuova dinamica: la montagna non è più solo il luogo della quiete e della contemplazione, ma anche uno spazio dove si concentra un turismo “mordi e fuggi”, spesso poco attento all’ambiente. Tuttavia, il problema non risiede tanto nella quantità di turisti quanto nella gestione del territorio e nella mancanza di un modello sostenibile capace di armonizzare le esigenze economiche con la tutela dell’ecosistema.

Il paradosso ambientalista: chi inquina davvero?

Ciò che colpisce è la reazione di molti ambientalisti e opinionisti, che puntano il dito contro il turismo di massa “economico”, accusato di essere la principale causa del degrado ambientale. Tuttavia, questa visione rischia di essere miope. La vera minaccia per le montagne non è tanto rappresentata dal turista occasionale con lo zaino in spalla, ma piuttosto dalle infrastrutture invasive e dall’urbanizzazione selvaggia che deturpano il paesaggio per mesi, se non anni.

Le grandi strutture alberghiere, gli impianti di risalita e i resort di lusso richiedono opere di cementificazione, disboscamento e un consumo intensivo di risorse naturali. Paradossalmente, sembra che l’impatto ambientale sia socialmente più accettabile se associato a un turismo di élite, mentre chi opta per un’esperienza più economica viene stigmatizzato come “nemico della natura”. Se si paga un biglietto costoso per accedere a una pista da sci esclusiva, si presume che l’inquinamento sia più “giustificabile”, ma basta un gruppo di ragazzi con panini al sacco per far gridare all’emergenza ecologica.

Roccaraso e l’Alpe di Siusi: due facce della stessa medaglia

Per comprendere meglio questa contraddizione, basta osservare il caso dell’Alpe di Siusi, il più grande altopiano d’Europa, dove ogni inverno si registra un’affluenza turistica paragonabile (se non superiore) a quella di Roccaraso. Qui, però, il turismo di lusso è la norma: resort di alta gamma, servizi esclusivi e un marketing orientato a un pubblico internazionale con elevate possibilità economiche.

Nonostante l’elevato impatto ambientale causato da queste strutture – in termini di consumo idrico, produzione di rifiuti e inquinamento atmosferico – le critiche sono decisamente meno frequenti. L’idea che un turista “benestante” sia più rispettoso dell’ambiente di un turista “economico” è un pregiudizio infondato, che ignora la realtà dei fatti: il vero problema non è chi visita la montagna, ma come la montagna viene sfruttata per fini economici.

La vera sfida: un modello di turismo sostenibile

In definitiva, ciò che emerge da questa riflessione è la difficoltà di trovare un equilibrio tra la valorizzazione delle montagne come destinazioni turistiche e la tutela del loro fragile ecosistema. La questione non riguarda tanto il numero di turisti, quanto la natura del turismo e la gestione delle risorse naturali.

La soluzione non sta nel limitare l’accesso alle montagne in base al potere d’acquisto dei visitatori, ma nel promuovere un modello di turismo responsabile. Questo significa investire in infrastrutture sostenibili, incentivare il rispetto per l’ambiente attraverso campagne di sensibilizzazione e adottare politiche che favoriscano la mobilità dolce, la riduzione dei rifiuti e la conservazione della biodiversità.

Le montagne non devono diventare né parchi giochi per pochi privilegiati né discariche a cielo aperto per turisti inconsapevoli. Possono essere luoghi di incontro, di scoperta e di crescita personale, a patto che si sappia rispettare il delicato equilibrio tra uomo e natura.

Roccaraso non è solo un caso di cronaca turistica: è uno specchio delle contraddizioni della nostra società. Un invito a riflettere su cosa significhi davvero “vivere” la montagna, senza trasformarla in un semplice sfondo per selfie o in un prodotto da consumare e dimenticare. La vera sfida non è vietare o limitare, ma educare e responsabilizzare. Solo così potremo garantire un futuro sostenibile per le nostre montagne e per le generazioni che verranno.

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