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L’onda del record mondiale per Alessandro Slebir: «L’acqua mi ha guidato mentre surfavo»

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IVREA. «Un’esperienza incredibile che non so se avrò mai più. Una cosa pazzesca». Il primo commento, al telefono, è per lei, la mamma, Cristina Lupano, che felice accoglie il racconto e tutto l’entusiasmo di suo figlio, Alessandro Slebir, 23 anni, ancora incredulo per l’impresa che ha portato a termine. È il pomeriggio del 23 dicembre scorso e a Mavericks, il tempio dei surfisti di tutto il mondo, al largo della costa nord della California, negli Usa, dove la particolare conformazione rocciosa del fondale marino favorisce il formarsi di onde dall’altezza e dalla potenza straordinarie, Alessandro ha appena cavalcato un’onda alta 33 metri, la più alta mai surfata ufficialmente (la conferma richiederà ancora tempo, ma il record precedente è di 28,57 metri in Portogallo, nell’aprile 2024) come dimostrano i vari video che la documentano, primo tra tutti quello mozzafiato girato da un professionista del settore, Jack Sandler.

Mentre parla ai genitori Alessandro è ancora un giovane surfista tra i temerari che si azzardano a confrontarsi con le onde davvero giganti di quella zona al largo di Pillar Point, a un’ora da Santa Cruz dove risiede, e che non sa di essere entrato nella storia. Di lì a poco, infatti, col diffondersi virale del video che lo ritrae nel compimento estemporaneo dell’impresa, il suo nome rimbalzerà in tutto il mondo. Per i media di tutte le latitudini è il surfista italo-americano, ma quell’“italo”, a Ivrea, assume un carattere tutto particolare, essendo egli eporediese per parte di madre. I genitori di Cristina, infatti, sono persone molto conosciute in città dove il padre, Renzo, ha avuto per tanti anni un grande negozio di ricambi auto, Ariston.

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Il legame della famiglia Slebir con Ivrea è tuttora molto stretto: «A 19 anni – ricorda la mamma Cristina – mi sono trasferita negli Stati Uniti per frequentare l’Università della California, a Berkeley dove mi sono laureata. Dopo aver iniziato a lavorare a San Francisco ho incontrato mio marito, John, e sono rimasta qui. Ogni anno, da sempre, almeno a Natale e in estate, sono solita ritornare a Ivrea, dove ho mantenuto tutte le mie amicizie. Alessandro è quindi cresciuto anche lì, con i nonni, nella casa di Monte Leggero con il suo bellissimo giardino, e con i cugini, i figli di mio fratello Davide che vivono a Chiaverano. Per un breve periodo ha frequentato anche l’asilo di Banchette e ha trascorso intere estati al lago Sirio e inverni sulle piste di Gressoney dove ha imparato a sciare. Gli piacciono molto anche la cucina canavesana e valdostana, in particolare la carne cruda e la bistecca alla gressonara, e il dolce eporediese per antonomasia, la Torta ‘900, per la quale tutti noi abbiamo un debole».

Una laurea in legge, single braccatissimo dalle ragazze americane e italiane, Alessandro ha iniziato a praticare surf all’età di 3 anni, sotto la guida del padre, e, raggiunti i 14, ad allenarsi a Mavericks. Sempre con il padre ha viaggiato molto per praticare surf in Messico, in Islanda, in Nicaragua e in altri luoghi cult per gli appassionati della tavola che non temono le sfide. Sorride quando gli si chiede cosa si prova a essere uno dei surfisti più famosi del mondo, sicuramente il più importante del momento: «Potenza del web – minimizza il giovane Alessandro –. Ho solo 23 anni e ancora tutta una vita di onde da cavalcare, con la consapevolezza di partire da un punto che per molti sarebbe già di arrivo. Poi c’è la speranza di nuove esperienze esaltanti». Troppo presto, forse, per pensare di fare del surf una professione, anche se i presupposti ci sono tutti: la speranza sarebbe quella di trovare uno sponsor, magari fra le aziende italiane, e una in particolare: «Mi piacerebbe la Lavazza – si sbilancia –. Amo il suo caffè e mi piace l’idea di un prodotto che dia la carica. E poi è un’azienda torinese e Torino è così vicina a Ivrea…».

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Cosa si prova mentre si sta surfando un’onda simile ce lo racconta lui stesso: «L’adrenalina era così alta che non ricordo molto. Ero iperfocalizzato su quanto stavo facendo sulla tavola, concentrato ad ascoltare il rumore dell’acqua per percepirne il movimento e intuire come muovermi. Il ricordo di quell’istante è frammentato in piccoli segmenti di memoria, uno dei quali mi fa ritrovare intatta la sensazione particolare dell’onda che creava un risucchio tale da darmi l’impressione di muovermi all’indietro». Non sono poi così lontani gli anni nei quali, bambino, al ristorante come a letto, era solito modellare tovaglie e lenzuola come fossero onde, increspandole e idealmente leggendovi forme che avrebbe conosciuto in natura, crescendo e surfandole. Un predestinato. «È ogni volta un turbamento rivederlo in quel filmato, alle prese con un muro d'acqua alto più di un palazzo di dieci piani – conclude mamma Cristina –. L'ansia mi coglie ogni volta che penso alla pericolosità di quanto Alessandro ama fare. Su tutto, però, prevale il piacere di vederlo felice. Non importa cosa deciderà di fare del suo futuro, l’importante è che sia contento». —