Meloni poteva affidare Almasri alla giustizia italiana: anche a L’Aia avrebbero gradito
Se il governo proprio non voleva far processare il torturatore libico Almasri alla Corte dell’Aia per qualche oscura ragione di Stato (oscura si fa per dire), avrebbe sempre potuto salvare la faccia affidando l’ingrato compito alla giustizia italiana.
Il governo Meloni, a dire il vero, ha mostrato di non avere grande simpatia per nessun sistema giudiziario. Se è allergico a quello internazionale, figuriamoci a quello penale nazionale. Tuttavia, quei trattati esistono e, anche se la premier governasse con l’80% dei consensi (e non è certamente questa la situazione), avrebbe comunque l’obbligo di tenerli in considerazione.
In questo caso, a quanto pare, aveva addirittura la possibilità di scegliere a quale ordinamento affidarsi: “Proprio per l’alto profilo (dell’indagato), la situazione del paese (la Libia) e la lista enorme di crimini che gli vengono contestati, probabilmente un appiglio nel nostro codice penale con la Convenzione contro il Genocidio del ’48 sarebbe stato possibile trovarlo”.
A parlare, in un’intervista pubblicata su 31mag, il portale in italiano che dirigo nei Paesi Bassi, è la docente italiana Seline Trevisanut, esperta di diritto internazionale e di respingimenti di migranti. Il caso libico, insomma, lo conosce bene e, a proposito del “torturatore” o presunto tale, se proprio volessimo adottare un tono garantista, è stata la rapidità con cui la questione è stata chiusa a lasciarla sorpresa: uno con un curriculum simile poteva anche non arrivare in Olanda.
Il motivo? Esiste il principio di giurisdizione universale, secondo cui alcuni reati – quasi tutti crimini contro l’umanità – possono essere perseguiti dai tribunali di qualsiasi parte del mondo, anche se commessi altrove, a patto che la giurisdizione domestica abbia recepito nel proprio ordinamento le prescrizioni dei trattati. Spagna e Belgio, ad esempio, sono molto efficienti in questo senso. L’Italia, invece, lo è poco; alcuni di quei trattati sono stati recepiti, ma in modo molto restrittivo.
Se non avessero lasciato andare Almasri con la stessa fretta con cui si scarcera un ubriaco molesto dopo che gli è passata la sbornia, la giustizia italiana avrebbe potuto analizzare a fondo il caso e magari trattenerlo. Probabilmente a L’Aia avrebbero festeggiato, perché la Cpi è sotto enorme pressione da tempo, con pochi fondi per tutti i procedimenti aperti. D’altronde, come sottolineano spesso giudici e pm, si tratta di un tribunale di “ultima istanza”, quindi di una Corte che si attiva quando i tribunali nazionali non possono o non vogliono processare crimini contro l’umanità.
Se l’Italia avesse agito, visto il rapporto stretto che ha con la Libia per lavorare insieme e impedire ai migranti di raggiungere l’Europa, avrebbe potuto alzare la voce con Tripoli. O magari no.
L'articolo Meloni poteva affidare Almasri alla giustizia italiana: anche a L’Aia avrebbero gradito proviene da Il Fatto Quotidiano.