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Январь
2025

Ti ricordi… Cosimo Nocera, il bomber del Foggia che stese la Grande Inter. “Zoff mi svelò un aneddoto sulla potenza dei suoi tiri”

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“E che ci fanno qua? Tanto perdono”. La Gialappa’s con la rubrica “le ultime parole famose” sarebbe arrivata parecchi decenni dopo. E in ogni caso quel pronostico in quella rubrica non ci sarebbe finito. Forse per una questione di rispetto per l’autore del pronostico, oggi Santo, ma soprattutto perché aveva ragione Padre Pio, in quel fine gennaio del 1965: l’Inter di Corso, Mazzola e Suarez campione d’Europa e del mondo, in visita a San Giovanni Rotondo prima della partita contro il Foggia, allo Zaccheria avrebbe perso. E avrebbe perso per mano di un ragazzo che a Foggia aveva legato indissolubilmente il suo destino: Cosimo Vittorio Nocera. “E Vittorio non è un nome che aveva all’anagrafe, ma che aggiunsero i tifosi del Foggia”: segreto svelato dalla figlia, Giusy.

Era il 31 gennaio del 1965 e l’Inter capolista affrontava il bel Foggia di Oronzo Pugliese, in quel Pino Zaccheria che si distingueva per il suo terreno di gioco, in sansa, anziché in erba. I Foggiani sembrano imprendibili e in apertura di secondo tempo vanno in vantaggio: Maioli manda una punizione meravigliosa sulla traversa, ma ben appostato al centro dell’area di rigore c’è Lazzotti, che insacca. Passano sei o sette minuti e ancora Maioli manda in area Cosimo Nocera: il centravanti finta e manda contro tempo Guarneri e Picchi, poi con un rasoterra mette dentro il due a zero. Lo Zaccheria è in estasi: la squadra di Pugliese è in vantaggio per due a zero contro i campioni del mondo. La riprende però l’Inter, prima con Peirò e poi con Luisito Suarez che con un meraviglioso esterno destro da fuori area toglie le ragnatele dal sette: in venti minuti il Foggia passa dall’essere in vantaggio per due a zero al due a due.

Potrebbe essere una mazzata: si sa come vanno certe partite. Invece è ancora una volta Nocera a regalare un sogno ai suoi tifosi: riceve palla al limite d’area, di spalle, con Guarneri e Picchi che immaginano se la porti sul destro, mentre lui fa il contrario sparando una bomba di sinistro all’incrocio che regala la vittoria al Foggia. Una partita che dopo sessant’anni è ancora probabilmente il ricordo più bello per i foggiani: “Io non c’ero ancora – racconta la figlia di Cosimo Nocera, Giusy – ma è come se l’avessi vista per tutte le storie e gli aneddoti che ho ricevuto”.

Cosimo nasce a Secondigliano, periferia nord di Napoli: è legatissimo al suo quartiere e nella squadra locale inizia a tirare i primi calci, poi va a Foggia, indossa la maglia della squadra pugliese, trova l’amore. “Una persona per bene, stimata e che sapeva farsi volere bene da tutti – racconta Giusy – tant’è che il suo ricordo (Cosimo Nocera è scomparso nel 2012, ndr) è vivo non solo a Foggia, dove è a tutti gli effetti una bandiera, ma anche a Secondigliano dove ancora oggi lo ricordano dedicandogli anche strade”. Tutta la carriera in maglia rossonera, segnando 121 gol in dieci anni, 18 in Serie A, a partire dalla sua stagione migliore, quella 196465, quella che vede anche il suo approdo in nazionale: “Fu convocato, segnò anche un gol contro il Galles – racconta Giusy – e mi raccontava che a Firenze quando suonò l’inno di Mameli gli girava la testa, che stava per svenire per l’emozione”.

L’avrebbe voluto la Juventus alla fine di quella stagione: “Non l’avrebbe voluto – ricorda la figlia – l’aveva proprio preso la Juventus: soltanto che ci fu praticamente una rivolta a Foggia e lui non se la sentì di tradire i tifosi, pagò anche una penale infatti. Ma erano altri tempi: è chiaro che si sarebbe parlato di tutt’altra carriera e tutt’altri guadagni se fosse andato alla Juventus, ma papà era un uomo che metteva i valori prima di tutto. Restò a Foggia, perdendoci anche qualche stipendio negli anni”. E a proposito di Juventus, l’aneddoto che ricorda Giusy riguarda proprio una bandiera bianconera. Una versione dell’accostamento della parola “bomber” ai centravanti la vuole proprio legata a Cosimo Nocera, alle bombe che tirava in campo, versione che sarebbe indirettamente confermata da Dino Zoff: “Quando lo incontrai mi disse che parare i tiri di papà era durissima, che dopo un paio di tiri veniva voglia di scansarsi per quanto erano forti”. Tanto forti da stendere i campioni del mondo.

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