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Январь
2025

Tutte “infondate” le richieste d’asilo dei migranti in Albania, il Tai: “Violato il diritto di difesa”. Domani le convalide dei giudici

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Tutte le 43 domande d’asilo presentate dai migranti arrivati martedì in Albania sono state respinte. Dopo che un vulnerabile e 4 minori sono stati portati in Italia e a un’altra persona è stata riscontrata una vulnerabilità medica, per tutti gli altri il responso del video collegamento con la commissione territoriale è stato “manifesta infondatezza” della domanda. Esito previsto dalla legge e la ragione è la stessa che giustifica l’esame accelerato: la provenienza da Paese d’origine che il governo italiano considera sicuro ai fini della procedura d’asilo. A quanto racconta la delegazione del Tavolo Asilo e Immigrazione (Tai), presente a Gjader con i parlamentari del gruppo di contatto, tutte le persone sbarcate martedì in Albania hanno chiesto l’avvocato d’ufficio che dovrebbe assisterli nell’udienza di convalida del trattenimento, ora di competenza della Corte d’appello di Roma che dovrà pronunciarsi entro domani.

L’assistenza legale non è obbligatoria in sede di esame della domanda, che in Albania significa video collegamento (nello foto la stanza dedicata). Così, in assenza di una qualunque consulenza, è possibile solo immaginare il grado di approfondimento e di reale interlocuzione tra i migranti e una commissione che in meno di 48 ore ha bocciato 43 richieste di protezione internazionale di altrettanti egiziani e bangladesi. “Si tratta di decisioni che riguardano la vita dei richiedenti asilo, di persone che hanno alle spalle storie terribili di violenze e torture e non possono essere prese in poco tempo e senza alcuna possibilità di essere assistiti”, denuncia il Tai in un comunicato stampa di oggi, giovedì 29 gennaio. “Siamo di fronte ad una procedura di fatto illegittima per l’assenza delle tutele previste dalla normativa in vigore”.

Nel frattempo, mercoledì la Questura di Roma ha inviato alla Corte d’appello romana le richieste di convalida dei trattenimenti. Con altre 48 ore di tempo per decidere, la Corte è già al lavoro per esprimersi entro domani. Visti i rinvii alla Corte di giustizia europea sulla questione dei “Paesi sicuri”, da cui dipende la sindacabilità delle procedure accelerate in Albania da parte dei giudici, è alta la probabilità che i magistrati incaricati sospendano il giudizio in attesa della Corte Ue, con conseguente rilascio dei migranti e immediato trasferimento in Italia. Del resto, il repentino passaggio di competenze deciso a novembre dal governo, ha costretto la Corte d’appello ad arruolare sei giudici del tribunale, gli stessi specializzati in immigrazione che avevano bocciato e poi rinviato in Europa le norme di Meloni e Piantedosi. Diversamente dall’esame della domanda, però, l’udienza di convalida prevede l’assistenza legale perché in gioco c’è la libertà personale. E infatti viene messo a disposizione un avvocato d’ufficio.

Peccato che stamattina, risulta al Fatto, nessuno dei migranti avesse ancora conferito con un legale, alla faccia del diritto alla difesa, che sarebbe inviolabile. Per non parlare del diritto a un ricorso effettivo, riconosciuto dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Ue oltre che dalla Costituzione italiana. Il governo ha ridotto i termini di impugnazione della decisione della commissione territoriale. “Adesso le persone, sottoposte a procedure che negano in radice il diritto alla protezione, avranno 7 giorni per rivolgersi al Tribunale e cercare giustizia, se i giudici della Corte d’appello di Roma convalideranno il fermo e quindi la procedura accelerata. Come faranno, tuttavia, i richiedenti asilo a nominare un/una avvocato/a di fiducia per fare il ricorso, visto che sono confinati fuori dall’Italia? Anche sotto questo profilo è eclatante la violazione del diritto di difesa e dunque una violazione della Costituzione”, denuncia il Tai, che accusa il governo di “violazione dello stato di diritto”. Va inoltre ricordato che l’eventuale mancata convalida del trattenimento non produce effetti sull’esito dell’esame della domanda che, se non viene impugnato entro 7 giorni mettendo in discussione la stessa procedura accelerata che l’ha prodotto, condannerà la persona a diventare l’ennesimo irregolare.

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