ru24.pro
World News in Italian
Январь
2025
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30
31

Passione e spirito di sacrificio sono il segreto di Giuseppe

0

CALUSO. Passione e spirito di sacrificio sono il mantra di Giuseppe Fisichella, 56 anni, originario di Biancavilla (Catania) e residente ad Arè di Caluso, panettiere da 40 anni esatti. Chi entra all'interno della sua panetteria, in centro a Caluso, non può non rimanere ammaliato dal fragrante profumo che emana il suo pane appena sfornato. Ma da lui non mancano mani neppure grissini, pizzette, focacce e dolciumi tra cui il panettone al Passito di Caluso.

Com’è nata l'idea di diventare panettiere?

«Galeotta fu la frequentazione della scuola primaria a Chivasso, dove risiedevo prima di trasferirmi ad Arè di Caluso. Un giorno con la scuola andammo in visita in un panificio e rimasi piacevolmente colpito dal profumo che emanava il pane esposto. Da allora decisi di voler diventare panettiere, un mestiere in cui servono passione, ma anche fatica e spirito di sacrificio per poter svolgere al meglio il proprio lavoro».

Come è proseguita la sua formazione e, successivamente, la sua carriera?

«Ho iniziato il percorso per diventare insegnante, poi mio zio, Vincenzo Aliotta, panettiere, mi chiese di raggiungerlo ad Asti per aiutarlo nel suo lavoro. Accettai subito con grande entusiasmo, perché era proprio quello che volevo fare. Sono stato a lavorare con lui ad Asti due anni, 24 mesi in cui ho imparato tantissimo di questo mestiere, migliorando in ogni singolo aspetto, a partire dall'impasto, per arrivare alla gestione del pane sfornato, da adagiare sulle varie teglie e sugli scaffali del laboratorio. Dopo il servizio militare ho maturato altra esperienza in diversi panifici del territorio, prima di aprire, con mia moglie Carla Cignolin, un panificio a Cuorgnè, che abbiamo tenuto fino al 1998».

E poi?

«Nel 1999 ci siamo spostati a Caluso, dove siamo attualmente, ed assieme a nostro figlio Giacomo ,che mi dà una grande mano in laboratorio, nostra figlia Agnese che è commessa in negozio, con Giulia Giuliana Albo e i pasticceri Davide Nigra e mia sorella Valeria, gestiamo la panetteria. Ogni particolare viene curato al meglio».

Come si svolge la vita di un panettiere?

«Si lavora sei giorni su sette, di notte, quando tutti gli altri dormono o si divertono. Il lavoro inizia alle 23.30 quando si inizia ad impastare per la notte successiva. Terminato l'impasto, fatto esclusivamente di farina, acqua e lievito, prendiamo quello fatto la notte precedente (che ha diciotto ore di lievitazione) e lo mettiamo in forno affinché cuocia e sia pronto da mettere sul bancone di prima mattina per la clientela. Bisogna stare molto attenti per realizzare un prodotto di qualità. Successivamente si va a letto, mentre il resto del personale si occupa della vendita e della gestione del negozio».

Ha qualche aneddoto da raccontare?

«Un episodio che mi ha particolarmente riempito d'orgoglio risale a quando una cliente mi ha raccontato di quel giorno in cui, dopo aver acquistato il pane ancora caldo, nel tragitto verso casa non ha resistito e morso dopo morso l'ha mangiato tutto, ancora prima di metterlo in tavola. L’ha mangiato così, puro, senza che fosse accompagnato da altre pietanze, segno che il profumo che emanava la pagnotta l’ha convinta che anche il sapore sarebbe stato ottimo. Quando me l'ha raccontato sono rimasto molto contento e la soddisfazione mi ha dato ancora più energia per continuare a fare al meglio il mio lavoro».

Ha fatto anche corsi durante la sua esperienza lavorativa?

«Ho seguito corsi con molto interesse e volontà di migliorami, con grande umiltà, perché è molto importante la risposta della gente, non soltanto con le parole di gradimento, ma anche con i fatti». Qual è la parte che maggiormente la gratifica nella lavorazione del pane?

«Quando metto il pane lievitato in forno e vedo che pian piano prende colore e cresce. Vedere che si sta realizzando quanto fatto con passione e sacrificio, queste due parole tornano sempre nella mia mente, mi entusiasma particolarmente e poco importa se so che altri si stanno divertendo mentre io sto lavorando. Questo aspetto non mi pesa e spero di tramandare tutto ciò ai miei figli, senza mettere loro alcuna pressione. Sarà ancora più bello se in futuro saranno loro a scegliere di proseguire questa tradizione di famiglia».