Anche in Italia c’è chi propone di uscire dall’Oms ma sarebbe assurdo e pericoloso
di Sara Gandini e Paolo Bartolini
Anche in Italia, sulla scia di Donald Trump, c’è chi propone di uscire dall’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) per ridurre sprechi e non alimentare quello che viene considerato un carrozzone antieconomico. Sappiamo però che iniziative del genere sono finalizzate, in primis, a toccare corde profonde in coloro che nutrono una sfiducia totale verso le istituzioni, soprattutto dopo la gestione controversa e spesso rovinosa del caos pandemico. Proposte siffatte puntano, in definitiva, molto più a intercettare gli umori degli scontenti che a risolvere i problemi attinenti alla salute pubblica.
Mentre le autorità europee parlano di ridurre drasticamente le spese per il welfare con l’obiettivo criminale di investire sulle armi e legarci ancora di più ai destini dell’Impero americano, alla base della piramide viene richiesto di rinunciare alle cure ed eventualmente spostare il malumore sull’Oms e su Big Pharma.
Ovviamente sappiamo quanto pesino su questi organi internazionali le pressioni private e gli interessi delle multinazionali, tuttavia riteniamo che in un mondo nel quale i destini degli uni sono intrecciati a quelli di tutti gli altri (come ha dimostrato la diffusione rapidissima di Sars-Cov-2) minare ogni forma di coordinamento sovranazionale è assurdo e pericoloso.
Come per l’Onu, anche per l’Oms si dovrebbe pensare a una riforma radicale ed efficace, non a uno smantellamento.
La nostra è l’epoca delle emergenze, delle quali una buona parte è provocata dagli effetti distruttivi del tecno-capitalismo. È giunto il tempo di comprendere come affrontarle, tenendo davanti a noi la stella polare della tutela dei diritti, soprattutto delle fasce più deboli e povere del pianeta. Altrettanto importante, come abbiamo anticipato, è agire per una riforma delle istituzioni che riduca i rischi biopolitici insiti nella governance della salute pubblica e rimetta al centro il benessere dei gruppi umani e dei singoli, criticando quando necessario le logiche di digitalizzazione e di controllo dei cittadini che ci alienano da una partecipazione consapevole ai processi di cura, riducendo l’umano alla misura quantitativa del dato informatico ed esponendolo a continua profilazione e “custodia cautelare”.
Rilanciare la sanità pubblica e una medicina nonviolenta, lavorando a monte sul contrasto ai fattori patogeni insiti nel modello neoliberale (dove industria e nuove tecnologie producono giganteschi fattori di stress, per non parlare dell’inquinamento e del degrado della vita relazionale dopo il periodo Covid), sono priorità vere che meritano il nostro impegno.
Il resto è propaganda facile che in nessuno modo porterà benefici alla collettività.
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