La rendicontazione "green" europea rischia di trasformarsi in una farsa
La BEI - Banca Europea per gli Investimenti - teme un “disastro reputazionale” in seguito all’introduzione delle nuove regole europee di rendicontazione degli investimenti “green”.Da quest’anno, infatti, entra in vigore la Direttiva sulla reportistica di sostenibilità, che obbliga le imprese di grandi dimensioni a rendicontare la propria sostenibilità ambientale, sociale e di governance, i cosiddetti fattori ESG.La direttiva avrà un impatto significativo anche sulle piccole e medie imprese. Le grandi aziende trasmetteranno infatti ben presto gli obblighi di rendicontazione alla propria catena di fornitura. Lo ha riconosciuto la stessa Presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde in una recente intervista nella quale, pur dichiarandosi d’accordo con la direzione da seguire, ha evidenziato la necessità di armonizzare e razionalizzare il carico burocratico sulle imprese da lei definito “enorme” (massive).Le regole sono talmente stringenti che la Banca Europea per gli Investimenti si troverebbe a dichiarare un "Green Asset Ratio" – in pratica il peso delle attività “green” su quelle totali – pari a un misero 1%. Praticamente nulla.La BEI è il più grande istituto di credito multilaterale al mondo per investimenti in corso, nonché uno dei principali strumenti di politica economica dell’Unione Europea. Una banca di grande sofisticazione e risorse.Negli ultimi anni, seguendo presumibilmente le strategie e le indicazioni delle istituzioni europee, ha modificato le proprie politiche di investimento, eliminando gradualmente tutti gli investimenti in combustibili fossili dal suo enorme portafoglio, che supera i 500 miliardi di euro.Lo ha fatto con tale decisione che a un certo punto la BEI si è autodefinita con orgoglio “la banca per il clima”. Secondo una sua metrica interna chiamata "Climate Action Ratio", riteneva di investire in progetti “green” oltre il 50% del proprio attivo di bilancio. L’anno scorso, la banca ha dichiarato di aver impegnato 44,3 miliardi di euro in progetti ritenuti rispettosi del clima, pari al 60% dei prestiti concessi.È abissale la discrepanza tra l’1% delle metriche europee e il 50% dichiarato fino a ieri.Delle due l’una: o la BEI negli ultimi anni non ha compreso in quale direzione l’Europa le stesse chiedendo di andare, oppure lo ha capito, ma nulla ha potuto fare per conseguire e rispettare gli standard richiesti.E se neppure la Banca stessa delle istituzioni europee è riuscita a comprendere o a fare, si immagini quali criticità e quali difficoltà siano state imposte al sistema produttivo europeo.Un portavoce della BEI ha dichiarato che l’istituto sta collaborando con la Commissione Europea per "ricalibrare" le regole di rendicontazione verde, ridurre la burocrazia e garantire che queste incentivino tutti gli investimenti sostenibili.È un bene che lo stiano facendo. Neppure le più importanti istituzioni europee apparentemente riescono a comprendere appieno e rispettare gli standard imposti dall’Unione Europea.Speriamo che almeno la BEI riesca a ottenere un cambiamento.Il privilegio di poter ottenere regole più equilibrate dovrebbe però essere garantito non solo alle grandissime istituzioni finanziarie con sede a Bruxelles, ma anche al resto della manifattura europea, sempre più schiacciata dal peso della burocrazia.