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Milei chiude il centro di tortura dei desaparecidos: così si annulla la memoria

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Cosa succederebbe se qualcuno dell’attuale governo italiano decidesse di mandare a casa le persone che lavorano al Museo della Shoah a Milano? Se si decidesse di chiudere quel luogo di memoria, simbolo dell’Olocausto, tragedia del secolo scorso messo in atto da governi nazifascisti? Ricordiamo, per chi non lo sapesse, che il Museo della Shoah di Milano, meglio conosciuto come Binario 21, si trova sotto la Stazione Centrale, per tanto tempo luogo riservato ai convogli delle Poste, diventato poi tra il 1943 e il 1945 il binario da cui invece partivano i carri bestiame con a bordo migliaia di ebrei diretti ai campi di sterminio di Mauthausen e Bergen Belsen.

Ecco, appunto, dicevo: che cosa succederebbe nell’opinione pubblica italiana e fra i politici? Ci sarebbe, mi auguro, una levata di scudi. Per fortuna da noi al momento si tratta di una domanda retorica, perché il fatto non accade. C’è invece un paese dove la memoria, che dovrebbe essere sempre esercizio di ricostruzione e di comprensione della storia, per evitare di commettere gli stessi errori vuole essere annullata e a farlo è il governo del Presidente Javier Milei, l’anarco capitalista amico di Meloni e di Trump, che ha deciso di distruggere “da dentro” lo Stato, secondo lui causa di tutti i mali del paese. Il 31 dicembre, infatti, i dipendenti del centro culturale Haroldo Conti a Buenos Aires si sono visti recapitare via Whatsapp un messaggio che diceva loro di non presentarsi al lavoro il 2 gennaio, perché erano stati licenziati.

Il centro culturale, intitolato ad uno dei più importanti scrittori e giornalisti argentini, Haroldo Conti, arrestato e fatto sparire dopo essere stato sequestrato nel maggio del 1973, nasce nel 2008 come uno spazio per la diffusione e la promozione della cultura, dell’educazione e dei diritti umani e si trova nel luogo in cui la dittatura militare aveva dispiegato uno dei suoi più terribili centri clandestini di detenzione, tortura e sterminio: l’Esma, la Scuola di Meccanica della Marina. Si stima che da lì siano passati più di 5000 persone, ne sopravvissero 200. Chiusa anche la Segreteria dei Diritti Umani e l’archivio della memoria. Tutto il materiale che si è riuscito a raccogliere in questi anni sulle torture e sulle colpe del regime di Videla è in quegli uffici, nei quali ora non può entrare nessuno. Fuori le mura, la polizia a fare la guardia.

La dittatura e le sparizioni, i desaparecidos – messi in atto in Argentina tra gli anni 70 e i primi 80 – non sono favole o storie che si tramandano; sono la verità dei fatti, come dimostrano le ossa di tanti argentini scomparsi e ritrovati nei pozzi artesiani, vedi la storia del Pozo de Vargas a Tucuman, e anche il più recente ritrovamento del 138esimo nipote di desaparecido, individuato anche grazie alla banca del Dna. Alle donne sequestrate e incinte infatti, prima di ammazzarle con le torture o di buttarle da un aereo nel fiume, veniva loro sottratto il figlio e poi dato in adozione, magari ai familiari degli stessi militari, vedi il bel film di Marco Bechis Garage Olimpo.

Del resto Milei, il presidente noto al mondo per aver condotto una campagna elettorale con la motosega, simbolo dello strumento che taglia i rami secchi in questo caso del Palazzo, già aveva fatto capire a pochi mesi dal suo insediamento che era meglio mettere a tacere le voci non allineate o che potevano dare fastidio: ridimensionata la tv pubblica e dopo pochi mesi porte sbarrate anche alla Telam, l’agenzia di stampa più importante di tutta l’America Latina; a casa 700 giornalisti da un giorno all’altro.

Se ci fosse qualche dubbio su cosa pensa il governo Milei sui desaparecidos, non bisogna fare molta dietrologia per saperlo. Intanto il Presidente contesta il numero di 30mila, come se non fosse una tragedia anche solo la sparizione di dieci persone messa in atto da uno Stato; inoltre la sua vicepresidente Victoria Villarruel, figlia di un militare, vorrebbe che tutti coloro che sono stati riconosciuti colpevoli di aver fatto sparire migliaia di persone, e che per questo sono in carcere per reati di genocidio e di lesa umanità, venissero scarcerati in quanto eroi. Se tutto ciò non bastasse, alcuni parlamentari rappresentanti del governo in carica, qualche settimana fa, sono andati a trovare in carcere questi ex militari riconosciuti colpevoli, e con loro si sono scattati una bella foto di gruppo. Che cosa diremmo noi se un nostro parlamentare dopo essere andato in carcere a trovare il capo di Cosa Nostra si fosse fatto fare con lui una foto ricordo?

Ieri una sentenza del giudice Ariel Lijo ha stabilito che lo Stato deve garantire che i luoghi della memoria restino aperti, funzionanti e con personale già formato. Cosa succederà ora? Argentina-Italia: così lontani, così vicini.

L'articolo Milei chiude il centro di tortura dei desaparecidos: così si annulla la memoria proviene da Il Fatto Quotidiano.