Povertà educativa: il governo taglia il Fondo per contrastarla. Negli ultimi 8 anni era servito a sostenere quasi 600mila minori
“Ci sono alcuni temi che non sono né di destra, né di sinistra. Che i bambini possano uscire dalla povertà dovrebbe essere un obiettivo condiviso”: Marco Rossi Doria, che fu sottosegretario all’Istruzione nei governi Monti e Letta, oggi è il presidente di “Con i bambini”, l’ente attuativo di quello che, stando alle decisioni del governo fino ad oggi, fu il Fondo per il Contrasto della Povertà educativa minorile. “Fu” perché l’esecutivo, con una mossa che pare inspiegabile, nella legge di Bilancio 2025 approvata a fine anno non lo ha rifinanziato. E dire che i soldi ce li mettevano le Fondazioni bancarie.
Proviamo a spiegare.
Il Fondo fu istituito nel 2016 grazie a un accordo tra il governo presieduto da Matteo Renzi, l’Acri (Associazione di fondazioni e casse di risparmio) e il Forum del terzo settore. L’obiettivo era quello di sostenere interventi sperimentali per rimuovere quegli ostacoli economici, culturali e sociali che impediscono la piena fruizione dei processi educativi da parte dei minori. A metterci i soldi sono state, per tutti questi anni, le fondazioni, che poi hanno usufruito del credito d’imposta.
Giova ricordare – come fa Terre des Hommes – che l’Italia è tra i Paesi in cui l’abbandono scolastico resta una piaga. Nel 2023 (dati Openpolis), siamo stati quinti in Europa per gli abbandoni. Peggio del nostro 10,5%, solo Romania, Spagna, Germania e Ungheria. L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile evidenzia la necessità di “porre fine ad ogni forma di povertà nel mondo” (obiettivo 1) e di “fornire un’educazione di qualità, equa e inclusiva e opportunità di apprendimento per tutti” (obiettivo 4) al fine di garantire un futuro migliore alle nuove generazioni. Obiettivi – ricorda in un articolo del febbraio 2024 Maddalena Sottocorno, ricercatrice del Dipartimento di Scienze umane per l’educazione all’Università Bicocca di Milano – in continuità con la Convenzione sui Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che, all’articolo 27, fa riferimento alla tutela dei minori in condizione di deprivazione, sottolineando il ruolo che lo Stato dovrebbe ricoprire nel supportare le famiglie svantaggiate.
Stato che però, evidentemente, da solo non riesce a garantire questo sostegno. “Il principio di sussidiarietà è la cornice giuridica per affrontare questa situazione – spiega Rossi Doria, richiamando l’articolo 118 della Costituzione –; mette insieme la Pubblica amministrazione e chiunque si attivi, dalle fondazioni alle parrocchie alle associazioni di volontariato”.
Nel 2016 venne decretato che, a gestire e a distribuire i soldi stanziati dalle Fondazioni fosse un soggetto attuatore creato appositamente: “Con i bambini”, appunto. A quest’impresa sociale si sono rivolte, in 8 anni, oltre 9.500 organizzazioni non profit, alle quali sono arrivati in tutto oltre 800 milioni di euro per più di 800 progetti. Quasi 600mila i ragazzi coinvolti.
I progetti sono di tutti i generi: dai corsi di formazione per insegnanti e genitori alle attività di recupero dei ragazzi che commettono reati, dall’assistenza agli orfani di femminicidi al supporto alle famiglie affidatarie, dai corsi contro il bullismo nelle scuole alla digitalizzazione corretta degli adolescenti. Un intero mondo necessario, che ha inciso su tutto il territorio nazionale. E che, all’improvviso e per ragioni ignote, rischia di scomparire.
“Bisognerebbe capire se, nella complessità di una legge di Bilancio che ha visto una rinegoziazione dei vincoli precedenti al periodo Covid – prosegue il presidente di “Con i bambini” – ci sia stata una modalità di determinazione delle risorse differentemente costruita. O se ci sono altre considerazioni. Non è dato arrivare subito alla conclusione ‘non l’hanno voluto fare’”. Rossi Doria non si sbilancia, la politica ormai è un mondo lontano da lui, nel tempo e nei modi, ma sottolinea: “La povertà economica e quella educativa sono strutturali in Italia”. Secondo l’ultimo rapporto Istat (ottobre 2024), sono infatti 1,29 milioni i minori in povertà assoluta, ovvero il 13,8% del totale rispetto al 9,7% della popolazione generale. Le famiglie in povertà assoluta in cui sono presenti minori sono quasi 748mila (il 12,4%). “A questo si aggiunge il fallimento formativo: esplicito, cioè chi non termina la scuola e non recupera negli anni successivi, e implicito, cioè coloro che hanno un diploma ma non sanno comunque nulla, non sanno di non sapere, hanno disimparato perché hanno smesso di studiare. In un mondo in cui la ricchezza è legata alla conoscenza, i rischi di esclusione sociale e di sofferenze nella vita privata sono altissimi. È un problema di diritti delle persone, ma anche di sostenibilità economica della nazione”.
Nell’arco parlamentare sono tutti d’accordo sul fatto che si tratti di un problema strutturale. Eppure, nei giorni scorsi, in pochi hanno alzato la voce: sporadici deputati o senatori di Italia Viva e Pd. Le proteste, e soprattutto le preoccupazioni, arrivano dalle associazioni, che rischiano di vedere interrotto il lavoro di anni. “I progetti in corso saranno portati a termine perché già finanziati – ancora Rossi Doria –. Il problema riguarda il futuro. Abbiamo costruito modelli nuovi, responsabilizzanti. Facendo confrontare la Pubblica amministrazione e gli enti locali con le associazioni, le parrocchie, i circoli sportivi, abbiamo dato risposte a un problema multidimensionale e complesso. Perché non sarà mai il singolo soggetto, come la scuola o la famiglia, a poterlo affrontare in solitudine e risolvere”. E a beneficiare di questo nuovo modello non sono stati soltanto i ragazzi: “Si sono costituite centinaia di comunità educanti, che hanno attivato o riattivato i genitori. Sono stati messi insieme mestieri e competenze diversi – insegnanti, educatori, psicoterapeuti, assistenti sociali –, in modo da evitare interventi spezzatino. Per cui quel singolo ragazzino non è più della scuola per questo, del servizio sociale per quello, della mamma per quest’altro: è della comunità”.
E la comunità non si alimenta col modello Caivano, con le zone rosse e la repressione. La comunità si alimenta con la prevenzione, e quindi – anche – col rifinanziamento del Fondo.
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