L’Inps ha alzato le età per accedere alla pensione “senza nessuna comunicazione ufficiale”. L’allarme della Cgil
A partire dal 2027 serviranno 67 anni e tre mesi di età per la pensione di vecchiaia e 43 anni e un mese di contributi per la pensione anticipata (attualmente 41 anni), indipendentemente dall’età. In una nota la Cgil, segnala che l’Inps ha cambiato gli applicativi, inserendo i nuovi requisiti pensionistici “senza alcuna comunicazione ufficiale da parte dei ministeri competenti e in totale assenza di trasparenza istituzionale“. Dal 2029 il requisito contributivo aumenterà ulteriormente a 43 anni e 3 mesi. Nei mesi scorsi il presidente Istat aveva annunciato lo scatto nel 2027 di un aumento di tre mesi per l’accesso alla pensione.
La classe penalizzata ancora una volta sarebbe quella dei nati nel ’60, baby boomers, rimasti fuori dalla Quota 100 dato che per utilizzare la misura di anticipo della pensione ci volevano 62 anni compiuti entro il 2021 oltre a 38 anni di contributi versati e ora bloccati di nuovo dall’aumento dei requisiti.
“La Cgil esprime profonda preoccupazione”, sottolinea la segretaria confederale Lara Ghiglione, “per la recente modifica unilaterale dei requisiti pensionistici operata dall’Inps sui propri applicativi, senza alcuna comunicazione ufficiale”. Dalle verifiche effettuate, prosegue Ezio Cigna responsabile delle politiche previdenziali, “risulta che l’Inps abbia aggiornato i criteri di calcolo delle pensioni, introducendo un aumento dei requisiti di accesso. Anche per la pensione di vecchiaia si registrano incrementi, con l’età minima che passerà a 67 anni e 3 mesi nel 2027 e a 67 anni e 5 mesi nel 2029″, aggiunge Cigna.
Secondo la Cgil queste modifiche, se confermate, non trovano alcun riscontro nei documenti ufficiali attualmente vigenti. L’unico riferimento fin qui valido, per le stime future, erano rappresentate nel 25° Rapporto della Ragioneria Generale dello Stato del 2024, che prevedeva per il 2027 nessun incremento e per il 2029 un aumento di solio1 mese.
“A pochi giorni dall’approvazione della legge di Bilancio, prosegue Ghiglione, ci troviamo di fronte all’ennesimo peggioramento del quadro previdenziale che si aggiunge alle scelte già sbagliate di questo Governo sul tema delle pensioni. Nonostante i continui slogan e le promesse elettorali di una riforma del sistema previdenziale, come il tanto annunciato superamento della legge Monti-Fornero e il pensionamento con 41 anni di contributi per tutti, la realtà dimostra l’opposto: nuove restrizioni e ulteriori sacrifici a carico delle lavoratrici e dei lavoratori”.
Il rischio, spiega, “è l’aumento del numero di persone che si troveranno senza tutele, con il rischio di nuovi esodati, come coloro che hanno aderito a piani di pensione o scivoli di accompagnamento alla pensione”.
L’aggiornamento dei mesi per l’andata in pensione arriva dopo le ultime novità sul fronte previdenziale introdotte con la manovra di Bilancio che di fatto ha solo confermato quanto già previsto nel passato. Ha prorogato le misure di flessibilità in uscita Quota 103, Ape sociale e Opzione donna, rafforzando anche il bonus Maroni per chi sceglie di restare al lavoro. L’unica vera novità, in chiave di uscita dal lavoro, che rappresenta un principio di cumulo ma al momento interessa numericamente pochissime persone, è la possibilità per chi è nel sistema contributivo (in pratica lavora dal 1996) di poter sommare gli importi della previdenza obbligatoria e quella complementare per raggiungere un assegno pensionistico pari a tre volte il minimo, riuscendo ad anticipare la pensione a 64 anni dopo 25 anni di lavoro.
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