Acca Larenzia, “Repubblica” vorrebbe riscrivere la storia. E il ricordo delle vittime diventa un «culto nero»
A certi giornali e a certi intellettuali di sinistra non va giù che venga ricordata la strage di Acca Larenzia e l’uccisione di tre ragazzi missini (per dirla tutta non va giù che vengano ricordati anche Sergio Ramelli e tutte le altre vittime del Msi). Così ogni anno danno sfogo a bizzarre arrampicate sugli specchi e in molti casi dimostrano di ignorare la storia degli Anni Settanta-Ottanta o ne forniscono una “singolare” chiave di lettura.
Se già è inaccettabile che giornalisti facciano confusione tra partiti e organizzazioni terroristiche, figuriamoci se a farlo è una storica di professione, docente universitaria di storia contemporanea. Eppure Michela Ponzani su Repubblica vi riesce laddove scrive: «La morte dei tre ragazzi è un delitto che va pagato con altro sangue». E cita Valerio Fioravanti e il delitto Scialabba come vendetta per la strage di Acca Larenzia. Non si può confondere destra politica e destra eversiva. Forse la Ponzani scrivendo del Pci confonde la storia del Partito Comunista con quella delle Brigate Rosse?
Più avanti poi scrive con un po’ di sfrontatezza: «Una ferita aperta, un trauma mai elaborato che si trasforma oggi in un tentativo di riscrittura del passato: questo è Acca Larentia per l’attuale classe dirigente. Un passato che non passa, trasformato in uso pubblico della storia». Riscrittura del passato? Non si capisce dove sarebbe questo tentativo.
Poi la Ponzani arriva a scrivere che «c’è soprattutto un bisogno di giustizia, che si deve ai morti (oltre che ai sopravvissuti). E allora sarebbe necessario un atto di onestà intellettuale: dire cioè che i morti di Acca Larentia sono vittime della violenza politica degli anni di piombo, non martiri della nazione». E sul bisogno di giustizia siamo tutti d’accordo perché non ci sono solo i morti di Acca Larenzia, ma sono tanti i giovani morti negli anni ’70-’80 che aspettano giustizia. Così ritorna alla carica laddove osserva: «Riscrivere la storia (per una pretesa di egemonia culturale), ribaltando il peso delle colpe e delle responsabilità, può fare molto comodo, specie in un paese affetto da clamorosi processi di rimozione collettiva (se non di ignoranza sul proprio passato)».
Ribaltare il peso delle colpe e delle responsabilità? A destra nessuno lo ha mai fatto. Davvero singolare anche perché poi la Ponzani ricorda Fausto Tinelli, giovane di sinistra ucciso a Milano insieme al suo amico Iaio. Sembra quasi che la Ponzani non abbia ascoltato né il discorso di insediamento di Giorgia Meloni né tantomeno quello di Ignazio La Russa quando è stato eletto presidente del Senato e che, parlando della necessaria pacificazione guardando agli “anni di piombo”, ha citato proprio Sergio Ramelli e Fausto e Iaio. Inoltre aggiungiamo che la sottosegretaria all’Istruzione Paola Frassinetti si è recata a rendere omaggio sia a Sergio Ramelli che a Fausto Tinelli, portando i fiori sotto le targhe poste nei rispettivi licei (da lei fatte apporre quando era assessore della Provincia alle scuole).
A sinistra aspettiamo che qualcuno ricordi ufficialmente Sergio Ramelli, dato che anche il sindaco Giuseppe Sala non lo reputa degno di rispetto come le altre vittime, poiché il 29 aprile per omaggiarlo al Giardino che è stato intitolato al ragazzo del Fronte della Gioventù si reca senza la fascia tricolore come se fosse un qualsiasi cittadino. Infine la Ponzani conclude affermando che «se la destra di governo vuole davvero farsi classe dirigente, allora deve mostrarsi più coraggiosa: sfogliare l’indicibile album di famiglia del neofascismo, senza timore di affrontare una volta per tutte i traumi del passato. Per un dovere di verità storica e di rispetto verso le vittime e i loro famigliari, che giustizia non l’hanno mai avuta».
Davvero siamo curiosi di conoscere quale sarebbe “l’album di famiglia del neofascismo”, anche perché il Msi ha sempre preso le distanze dagli estremisti, ma non solo con le parole. Ricordiamo che sui responsabili della morte dell’agente Antonio Marino del 12 aprile 1973 il Msi pose una taglia e poi comunicò i nomi alle forze dell’ordine, sventando così all’ultimo un tentativo di criminalizzare il partito. Inoltre ricordiamo che nel 1981 con la petizione per la pena di morte per i terroristi, Almirante nei confronti dei terroristi di destra chiedeva la “doppia pena di morte”, una perché terroristi e una perché di destra. Comunque consigliamo i libri sulla storia della destra scritti da Adalberto Baldoni (Destra senza veli 1946-2018 il più completo).
Quindi a questo punto sarebbe importante fare la Commissione d’inchiesta sugli “anni di piombo” per chiarire le tante pagine rimaste oscure e i tanti morti rimasti senza giustizia (non solo Acca Larenzia, ma anche Valerio Verbano e Angelo Mancia), superando l’antipatico doppiopesismo fra morti di serie A e di serie B che Repubblica e certi intellettuali continuano a sfoggiare.
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