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“Bellini era alla stazione di Bologna per la strage”. Il video, il falso alibi e le coperture istituzionali: perché è stato condannato pure in appello

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Era lui alla stazione di Bologna pochi minuti “prima e dopo” le 10.25 del 2 agosto 1980, quando una bomba esplodesse nella sala d’aspetto di seconda classe lasciando tra la polvere e sotto le macerie la vita di 85 persone e segnasse quella degli oltre 200 feriti. Fu lui, killer a pagamento e terrorista di destra che – insieme ai Nar Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini (condannati in via definitiva) e Gilberto Cavallini (condannato in appello), finanziati da Licio Gelli e coperti dai servizi segreti, a portare o ad aiutare coloro che portarono l’ordigno che provocò la “micidiale esplosione” causando “l’orribile strage”. I giudici della Corte d’assise d’appello di Bologna che l’8 luglio 2024 hanno confermato l’ergastolo nei confronti di Paolo Bellini – nelle 421 pagine di motivazioni del verdetto non solo ribadiscono le conclusioni dei giudici di primo grado ma aggiungono: “È provata, al di là di ogni ragionevole dubbio, la consapevole e premeditata partecipazione attiva del Bellini alla strage di Bologna”. Un verdetto che arriva a pochi mesi dal 45° anniversario della strage e su cui dovrà esprimersi solo la Cassazione che sarà chiamata anche a vagliare le matrice e le coperture di altissimo livello che, sia per i giudici di primo che di secondo grado, i terroristi hanno ricevuto e su cui hanno potuto contare per anni. Prima però, il prossimo 15 gennaio, davanti ai supremi giudici è prevista l’udienza per Gilberto Cavallini, condannato in appello.

“In relazione alla strage di Bologna è del tutto evidente che i mandanti, gli organizzatori, i finanziatori e gli esecutori materiali hanno condiviso l’obiettivo di fondo di compiere una strage, ma mentre i mandanti, gli organizzatori, i finanziatori ed alcuni degli esecutori materiali hanno agito con lo scopo di eversione dell’ordinamento democratico e di destabilizzazione delle istituzioni dello Stato, alcuni degli esecutori materiali (come i latitanti Picciafuoco e Bellini) – scrivono i giudici . potrebbero aver agito anche perseguendo soltanto propri specifici ed ulteriori obiettivi, vale a dire un rilevante compenso economico nonché continuare ad avere “coperture” e “protezione” ad opera di apparati deviati dello Stato, coperture e protezioni pacificamente acclarate in favore di Paolo Bellini, sia prima che dopo la strage di Bologna”.

Il VIDEO – Secondo i magistrati “dal quadro probatorio agli atti emerge con assoluta certezza la piena colpevolezza … in ordine agli orrendi delitti a lui contestati poiché non solo la ‘catena indiziaria’ a suo carico emersa nel corso del processo di primo grado è risultata granitica ed inequivocabile, ma è stata ulteriormente supportata dalle risultanze istruttorie espletate in grado di appello”. I giudici dell’appello avevano disposto una perizia sul video del turista straniero, Harald Polzer, girato dalle ore 10.13. Il turista era lì poco prima della deflagrazione e non tra le 12 e le 13 come aveva sostenuto la difesa. Filmato che rende il “raffinatissimo” alibi di Bellini “preordinato” e “mendace” e di conseguenza anche indizio a suo carico. Senza contare le “gravissime” minacce all’ex moglie Maurizia Bonini, che lo aveva riconosciuto nei fotogrammi estrapolati, e al figlio del presidente della Corte d’assise che lo ha condannato in primo grado. Minacce per cui era stato arrestato.

Erano stati proprio i fotogrammi del filmato in super 8 a innescare nel 2019 la revoca del proscioglimento di Bellini e a portare a una nuova inchiesta, dopo l’avocazione del fascicolo da parte della procura generale di Bologna, sulla sua partecipazione al massacro. Il video è divenuto noto agli inquirenti, spiega la Corte, “solo ed esclusivamente perché – diverso tempo dopo la strage – il turista straniero capì la possibile importanza dello stesso filmato“. Risulta infatti “provato, senza ombra di dubbio, che l’anonimo ritenuto essere Paolo Bellini è stato ripreso da Polzer da bordo del treno pochi minuti dopo l’esplosione (avvenuta alle 10.25, ndr) e comunque sicuramente diverso tempo prima delle 11.05, ovvero prima che le carrozze non danneggiate dall’esplosione venissero rimosse anche per consentire i soccorsi sul secondo e terzo binario”. Dal video Polzer e dal riconoscimento fatto dall’ex moglie di Bellini, Maurizia Bonini, della persona ritratta in tale video sul primo binario della stazione, è quindi “provato che Paolo Bellini era alla stazione di Bologna pochi minuti prima e pochi minuti dopo la micidiale esplosione“.

LE TESTIMONIANZE – I giudici ricordano anche quelle che sono state le” prove dichiarative costituite dalle testimonianze di Gianfranco Maggi e Dino Bartoli nonché da quella di Triestina Tommasi” da cui “emerge che la mattina del 2.8.1980 Paolo Bellini era alla stazione di Bologna insieme a Luciano Ugoletti – appositamente contattato la mattina del 2 agosto da Guido Bellini la cui figlia era con il fratello Paolo – ed (almeno) altre due persone e che Paolo Bellini potrebbe avere portato l’esplosivo dalla Toscana utilizzato per confezionare la bomba, ordigno poi depositato all’interno della sala cli seconda classe”.

Il 15 marzo 1983 Gianfranco Maggi riferì che seppe da Ugoletti (simpatizzante di estrema destra, ndr) che lo stesso si trovava alla stazione di Bologna insieme al suo amico brasiliano e in compagnia di altri. In quegli anni Bellini si muoveva sotto il falso nome del brasiliano Roberto da Silva. Maggi dichiarò: “Dissi: ‘Ti credevo morto dopo quello che è successo a Bologna’. Lui mi rispose: ‘C’è poco da scherzare perché al momento dello scoppio io ero proprio di fronte alla stazione insieme al mio amico brasiliano e di altre due persone”. I magistrati concludono che Tommasi e Maggi collocano entrambi, l’una all’insaputa dell’altro, Luciano Ugoletti nelle immediate vicinanze della stazione subito prima dello scoppio della bomba facendo emergere “la concreta possibilità che Luciano Ugoletti avesse avuto anche come specifico compito quello di sorvegliare l’auto del Bellini con all’interno la nipote Daniela, circostanza questa che spiega la telefonata di Guido Bellini, il quale aveva evidentemente acconsentito all’utilizzo della figlia quale parte necessaria dell’alibi del fratello e che, dunque, pur ricoverato in ospedale, si premurava di far “svegliare” l’Ugoletti affinché eseguisse il delicatissimo compito di custodire in sicurezza sua figlia, che si sarebbe trovata nelle vicinanze dell’esplosione. Infatti certamente l’auto del Bellini con all’interno la bambina (elemento essenziale per il fortissimo alibi) era stata parcheggiata nelle immediate vicinanze della stazione”.

L’ALIBI RAFFINATISSIMO E LA NIPOTE – Bellini ha sempre dichiarato di non essere stato in stazione perché in viaggio con i suoi familiari al passo del Tonale, mentre per l’accusa e per i giudici di primo e di secondo grado Bellini e i suoi familiari partirono da Rimini più tardi, intorno all’ora di pranzo. Ore dopo che il tetto della sala d’aspetto collassasse per effetto della deflagrazione. Bellini si era fatto vedere in giro con la bimba proprio per costituirsi l’alibi, poi crollato per effetto del video e delle testimonianze. Per i magistrati dell’appello “non si è in presenza di un alibi semplicemente ‘fallito’, ma di un alibi appositamente preordinato ed apparentemente solidissimo e granitico in quanto egli, diverse ore prima della strage, si è fatto consegnare da terze persone lontane da Bologna una bambina (la nipote Daniela, ndr) con la quale si è poi fatto vedere da altre persone dopo la strage ancora lontano da Bologna, alibi rivelatosi falso soprattutto per una circostanza assolutamente fortuita e imprevedibile, vale a dire un video girato da un turista straniero per ricordo famigliare”.

LA FALSA VACANZA AL TONALE – Bellini, “pregiudicato omicida latitante e ricercato”, “per sua stessa ammissione” avrebbe concordato l’unica vacanza mai fatta con la famiglia ritenendo “che sua moglie e suo fratello Guido fossero da tempo amanti, tanto da sospettare che il proprio figlio maschio non fosse suo e per questo si recava in ospedale dal fratello per pretendere spiegazioni in merito… sarebbe andato in ‘FERIE’ organizzando PER LA PRIMA ed UNICA VOLTA in tutta la sua vita “famigliare” (va ricordato che non solo la nipote Daniela, ma anche Bonini Silvia, figlia di Bellini Paolo che ha cambiato cognome, ha dichiarato che quella fu l’unica volta che andò in vacanza con il padre) verso la metà di luglio 1980, con partenza proprio il 2 agosto 1980, una tranquilla vacanza di una settimana al Tonale con la moglie non convivente (da lui ritenuta da tempo essere l’amante di suo fratello Gudo con il quale ritiene avrebbe generato un figlio a lui falsamente attribuito) portando con sé non solo i suoi due figli non conviventi (di cui uno ritiene non essere il suo), ma anche la figlia di suo fratello, che ritiene essere l’amante di sua moglie, recandosi per questo alle 6:30-7:00 del mattino – dopo avere la notte appena trascorsa discusso con suo fratello in ordine al tradimento subito ed ancora in corso- a prendere personalmente la nipote in prossimità di Scandiano, prima di recarsi a Rimini a prendere la moglie – infedele- ed i figli (uno dei quali frutto del tradimento del coniuge) ed, infine, recarsi al Tonale”. Tutto smentito dal video.

“Conseguentemente è anche, senza ombra di dubbio alcuno, provata la falsità dell’alibi esposto da Paolo Bellini agli inquirenti, alla Corte di Assise di primo grado ed a questa Corte, alibi raffinatissimo organizzato dettagliatamente nei minimi particolari ed eseguito altrettanto abilmente anche nei minimi dettagli, rivelatosi falso solo ed esclusivamente perché un turista straniero, nel corso di una vacanza in Italia, decise di filmare l’arrivo del treno sul quale era bordo con la sua famiglia nella città di Bologna pochi istanti prima dell’esplosione del 2 agosto 1980 documentando così i minuti successivi allo scoppio e la presenza di Paolo Bellini sul primo binario della stazione di Bologna”. E questo alibi “preordinato” e falso è considerato dai giudici, per giurisprudenza di Cassazione, “un indizio a carico”

L’INTERCETTAZIONE – Anche i giudici di secondo grado ricordano il contenuto dell’intercettazione ambientale del 18 gennaio 1996 in casa di Carlo Maria Maggi, ex capo di Ordine Nuovo, condannato per la strage di Brescia e ora deceduto, che parlando con il figlio disse di essere a conoscenza della riconducibilità dell’attentato alla banda Fioravanti e che all’evento partecipò un “aviere“, che portò la bomba. Proprio Bellini era infatti conosciuto nell’ambiente dell’estrema destra per la passione per il volo tanto che conseguì il brevetto da pilota. In quella conversazione Maggi spiegò al figlio che la strage di Bologna sarebbe stato un tentativo di confondere le acque per far dimenticare la strage di Ustica: “Lo so perché … è così eh … Ma in pratica già qua nei nostri ambienti … erano in contatto con il padre di sto’ aviere … e dicono che portava una bomba ecco!” Io pensavo che .. .(inc.) era alla stazione, c’era perfino (inc.) … “.

IL TERRORISTA, GELLI E AVANGUARDIA NAZIONALE – I giudici poi si soffermano anche sulla figura di Bellini. “Dalla storia criminale di Paolo Bellini – killer a pagamento e disponibile a commettere su richiesta gravissimi delitti, anche per ragioni “politiche” e ciò sia PRIMA che dopo la strage di Bologna – dalla sua militanza in Avanguardia Nazionale, dai suoi rapporti con la destra eversiva militarmente organizzata, con i servizi di sicurezza e segreti deviati e con il procuratore della Repubblica Ugo Sisti nonché dalle coperture e protezioni ricevute anche da apparati istituzionali, in Italia ed all’estero, PRIMA e DOPO la strage di Bologna ed, altresì, dal suo acclarato ruolo di “infiltrato” nella mafia e di “mediatore” nella trattativa con esponenti mafiosi di altissimo ed apicale livello, emerge con assoluta evidenzia la sua piena disponibilità a partecipare ad operazioni delittuose gravissime per ricevere in contropartita agevolazioni, protezioni ed anche compensi in denaro, compensi in denaro che Licio Gelli ha sicuramente versato per far compiere e depistare la strage di Bologna”.

Per i magistrati sono “sono provati anche i collegamenti personali tra Paolo Bellini e colui il quale aveva sua volta contatti personali con i finanziatori e gli organizzatori materiali della strage,
poiché senza ombra di dubbio alcuno non solo sono provati i rapporti diretti tra Licio Gelli e Federico Umberto D’Amato e Stefano Delle Chiaie, ma anche quelli tra quest’ultimo e l’imputato, entrambi militanti nella formazione di destra eversiva Avanguardia Nazionale”. I magistrati sottolineano che “è quindi provato che pochi giorni prima della strage di Bologna, Marco Ceruti, factotum di Licio Gelli, ed anche quest’ultimo, si trovassero a Roma laddove vi erano anche due degli esecutori materiali del grave crimine, con la conseguenza che in uno di questi giorni (il 30 o il 31 luglio 1980) è stato possibile consegnare al Fioravanti e alla Mambro (o a un loro emissario) il compenso in denaro pattuito per commettere la strage”.

Per i magistrati “Gelli è il consapevole finanziatore della strage di Bologna e tale circostanza spiega il movente dell’attività calunniosa e depistatoria da lui posta in essere, unitamente ad alti funzionari dello Stato, proprio in relazione alla strage di Bologna”. Gelli, il capo dell’Ufficio Affari Riservati del Viminale Federico Umberto D’Amato, l’imprenditore Umberto Ortolani e il giornalista Mario Tedeschi, tutti morti e non più imputabili, sono ritenuti in ogni modo i mandanti, finanziatori e organizzatori dell’attentato. I giudici, ricordano quindi che Gelli, insieme a Pietro Musumeci, Giuseppe Belmonte e Francesco Pazienza, è stato condannato in via definitiva per il reato di calunnia in relazione all’opera di depistaggio sulle indagini della strage, “depistaggio che aveva il preciso fine di evitare che le indagini potessero svelare il suo personale coinvolgimento, oltre il coinvolgimento di altissimi funzionari dello Stato, nella strage”.

L’ESPLOSIVO PORTATO O IL SUPPORTO – Dalle motivazioni emerge anche il rapporto di Bellini con l’allora procuratore Ugo Sisti che in teoria avrebbe dovuto indagare sull’eccidio. “… il piano criminoso della strage comprendeva anche la commissione di azioni complementari per occultarne matrice, scopi e forze coinvolte e di ciò gli esecutori materiali ne erano perfettamente consapevoli ed in particolare lo era Paolo Bellini che, da latitante ricercato, aveva un rapporto diretto e personale con il Procuratore della Repubblica di Bologna, vale a dire il capo dell’ufficio che avrebbe immediatamente gestito le indagini sulla strage, persona che (per quanto riferito dallo stesso Paolo Bellini in appello), violando il giuramento di fedeltà al Paese e commettendo dei gravi reati, lo “copriva” e “proteggeva” da anni, unitamente ad altri appartenenti ad apparati istituzionali. L’efficacia devastante del piano criminale eseguito e gli immediati depistaggi che ne sono seguiti evidenzia come esso sia stato meticolosamente organizzato (circostanza questa che spiega le “anticipazioni” sulla strage trapelate prima del 2 agosto) anche per consentire ai partecipi materiali di preordinare e costruire degli alibi coerenti ed apparentemente supportati da dati oggettivi. Tale piano prevedeva la partecipazione di almeno due gruppi di individui – evidentemente vincolati, anche nel proprio interesse esclusivamente personale, al più assoluto e rigoroso riserbo – istruiti per agire autonomamente fra loro sino al momento della collocazione della bomba a1la stazione ed i singoli partecipanti avevano ciascuno diverse mansioni…”

“Di conseguenza, quindi, se anche Paolo Bellini non conosceva previamente l’identità di tutti i concorrenti nell’azione criminosa (anche se certi sono i suoi contatti pregressi al 2 agosto 1980 quantomeno sia con Luciano Ugoletti che era con lui alla stazione e che gli ha permesso di realizzare l’alibi appositamente preordinato, sia con Gilberto Cavallini, condannato in primo e secondo grado per la medesima strage) tale mancata previa conoscenza specifica è assolutamente irrilevante poiché il quadro probatorio agli atti manifesta inequivocabilmente la sua consapevolezza che la propria azione di trasporto e consegna ad altri (da lui previamente non conosciuti) dell’esplosivo oppure di supporto a coloro che hanno trasportato e collocato l’ordigno si iscriveva in una più ampia progettazione delittuosa, finalizzata alla realizzazione di una orribile strage“.

IL COMPENSO E LE COPERTURE – I magistrati riflettono poi sui motivi della strage e gli obiettivi di Bellini, esecutore: “In relazione alla strage di Bologna è del tutto evidente che i mandanti, gli organizzatori, i finanziatori e gli esecutori materiali hanno condiviso l’obiettivo di fondo di compiere una strage, ma mentre i mandanti, gli organizzatori, i finanziatori ed alcuni degli esecutori materiali hanno agito con lo scopo di eversione dell’ordinamento democratico e di destabilizzazione delle istituzioni dello Stato, alcuni degli esecutori materiali (come i latitanti Picciafuoco e Bellini) potrebbero aver agito anche perseguendo soltanto propri specifici ed ulteriori obiettivi, vale a dire un rilevante compenso economico nonché continuare ad avere “coperture” e “protezione” ad opera di apparati deviati dello Stato, coperture e protezioni pacificamente acclarate in favore di Paolo Bellini, sia prima che dopo la strage di Bologna”. Sergio Picciafuoco, era un ex Nar, presente alla stazione di Bologna la mattina della strage, prosciolto da tutte le accuse nel 1997. Nelle motivazioni di primo grado i giudici dell’Assise scrissero che il giudizio doveva essere rivisto, ma Picciafuoco è morto nel marzo del 2022.

IL PROCURATORE SISTI – Infine dalle motivazioni emerge il rapporto di Bellini con il procuratore capo di Bologna che avrebbe dovuto indagare sulla strage. Scrivono i giudici: “Deve poi necessariamente sottolinearsi come 1 “‘ipotesi alternativa” prospettata nel corso del processo di primo grado, nei motivi di appello (compresi quelli aggiunti) e persino nelle arringhe difensive, vale a dire che Paolo Bellini era stato dal 2 agosto in “ferie” al Tonale dove aveva fatto una lunga “vacanza” con la sua famiglia, è stata letteralmente demolita nel corso del giudizio di appello dallo stesso imputato Paolo Bellini allorquando ha dichiarato che il 3 ed il 4 agosto non era in “vacanza” al Tonale, ma già dal 3 agosto si era precipitato alla Mucciatella perché convocato dal padre su richiesta del Procuratore della Repubblica di Bologna dott. Ugo Sisti, con il quale aveva poi passato la notte del 3 agosto sino alla mattina del 4, allorquando è arrivata la Digos che indagava su di lui proprio in relazione alla strage di Bologna, discutendo specificamente di tale strage e delle conseguenti indagini in corso e di quelle da espletare, per poi sfuggire alla Polizia – grazie all’aiuto non solo del padre, ma anche di quello dello stesso Procuratore della Repubblica di Bologna il cui ufficio era titolare delle indagini sulla strage – tornando al Tonale restando, però, a disposizione del dott. Sisti per tali indagini. In conclusione, il giudizio di colpevolezza di Paolo Bellini deve essere confermato non essendoci dubbio alcuno sulla sua partecipazione alla strage di Bologna“.

SEGATEL E CATRACCHIA – Insieme a Bellini i giudici di appello hanno condannato a 6 anni Piergiorgio Segatel, accusato di depistaggio, e 4 a Domenico Catracchia, ex amministratore di condomini in via Gradoli, a Roma, accusato di false informazioni al pm al fine di sviare le indagini. Per i giudici Segatel “ha intenzionalmente preferito occultare determinati collegamenti per tutelare persone, istituzioni, apparati statali legati agli ambienti investigativi (italiani o stranieri) piuttosto che consentire allo Stato italiano, ai cittadini italiani e alle vittime (tutte) della strage di Bologna di chiarire un ulteriore frammento, importantissimo, di verità”. Segatel è stato accusato di depistaggio perché secondo la Procura generale ha negato che fosse vero quanto dichiarato da Mirella Robbio (moglie dell’ordinovista Mauro Meli), ovvero che “le aveva fatto visita poco prima della strage riferendole di essere a conoscenza che ‘la destra stava preparando qualcosa di veramente grosso’ e chiedendole di ‘riprendere i contatti con l’ambiente del Msi di Genova e soprattutto con i vecchi amici di suo marito per cercare di capire cosa fosse in preparazione'”. Inoltre, all’imputato viene contestato di aver negato, di essere andato a trovare Robbio dopo la strage, dicendole “hai visto cosa è successo?” e facendola “sentire in colpa”. Secondo i giudici d’appello Catraccia “ha ripetutamente e consapevolmente mentito (spudoratamente), impedendo tanto agli inquirenti, quanto alla Corte d’Assise di chiarire importantissimi fatti e circostanze connesse alla strage”.

LE PARTI CIVILI: “MOTIVAZIONE METICOLOSA, STRAGE POLITICA” – “La motivazione della Corte d’Assise d’appello di Bologna è meticolosa e puntuale in ogni argomento utilizzato per confermare le condanne di Paolo Bellini, Domenico Catracchia e Piergiorgio Segatel. Rilevante è tutta la parte della motivazione relativa all’alibi falso e precostituito che Bellini mise in piedi il 2 agosto del 1980 per coprire la propria attività stragista di quel giorno” commentano gli avvocati Andrea Speranzoni, Lisa Baravelli, Alessandro Forti e Alessia Merluzzi, legali di parte civile. “Siamo soddisfatti della motivazione, frutto di un lavoro imponente che continueremo a fare, difendendo le due motivazioni nel grado di legittimità”, affermano i legali, che sottolineano inoltre come venga confermato “l’inquietante e stretto rapporto” fra l’imputato e l’allora Procuratore di Bologna, Ugo Sisti, “sorpreso a casa della famiglia Bellini la mattina del 4 agosto 1980, dopo aver trascorso lì la notte precedente, senza avvisare l’ufficio dei propri spostamenti”.

La sentenza, per gli avvocati, “argomenta inoltre con altrettanta precisione anche la tesi sostenuta dalla difesa dell’imputato secondo cui il filmato girato in stazione da Harald Polzer il 2 agosto ’80 sarebbe stato ripreso fra le 12 e le 13. Una tesi radicalmente infondata e smentita“. Anche la parte relativa agli imputati Domenico Catracchia e Piergiorgio Segatel “è estremamente precisa e conferma nel primo caso l’appoggio logistico fornito ai terroristi neri in Via Gradoli da società di copertura del Sisde e le attività di depistaggio nel secondo”. La strage fu pertanto “politica – sottolineano ancora i legali – finalizzata a destabilizzare il Paese. La sentenza spiega e conferma il ruolo delle compagini neofasciste quali esecutrici materiali della strage, di Gelli nel finanziamento della stessa e quello dei vertici piduisti del Sismi e del Sisde nel depistare le indagini”.

L'articolo “Bellini era alla stazione di Bologna per la strage”. Il video, il falso alibi e le coperture istituzionali: perché è stato condannato pure in appello proviene da Il Fatto Quotidiano.