Better Man, esplosivo imperdibile musical su Robbie Williams scimpanzé scugnizzo tra Sinatra e Take That
Per chi è stato giovane negli anni novanta, e per chi vuole godersi un musical pop sui generis esplosivo, travolgente, zeppo di riff, ritornelli, performance live, Better Man è il film che non dovete assolutamente perdere. È il biopic su Robbie Williams, voluto da Robbie Williams, amato da Robbie Williams, con una scimmia protagonista. Già, Robbie si vede così come uno scimpanzé: poco evoluto, un po’ rozzo, canottiera e catenone penzolante, tuta in acrilico, uno scugnizzo direbbero a Napoli. Un monello di una grigia e bigia Stoke-on-Trent anni ottanta con babbo goffo in fuga per intrattenere quattro gatti nei night alla Sinatra e una nonna chioccia che diventa anima e cuore del piccolo Robbie combina guai. Il ritmo è elevatissimo fin da subito.
In Better Man non c’è un attimo di pausa, non si sta mai fermi. Un film come elettrizzato dalla voglia di esplodere, affermarsi, cantare, volendo anche ballare. Un’ossessione inarrestabile tra vita e musica che prende le mosse dal brutto anatroccolo, coraggioso e sfacciato, portiere di calcio sbertucciato nel fango; che si dilata nella ricerca dell’emulazione e superamento paterno costi quel che costi; che si afferma, dipana e luccica facendo saltare le barriere di spazio, tempo, narrazione e senso, proprio come nei musical classici, parlando in macchina, correndo, saltando, cadendo in mezzo a centinaia di comparse. Il vortice inarrestabile Better Man, infatti, è un cammino sostanzialmente laico di ambizione continua, inferi iperpresenti, redenzione impossibile. Non c’è mai catarsi definitiva per il Williams che si infila ragazzetto cocciuto, mal valuto, sgraziato, mosca bianca, tra le mossette allusive da boy band dei Take That; che vuole la carriera da solista senza averne i mezzi creativi di base (splendide le lezioncine di composizione di un brano del salvatore compositore Guy Chambers); che si imbatte in devastanti delusioni sentimentali (la relazione con Nicole Appleton delle All saints) e dolorosissime perdite familiari.
Il pantano di droga e alcool occhieggia continuo e totalizzante anche quando la fama lo bacia con una abbacinante popolarità che, almeno nel Regno Unito, ha pochissimi eguali nella storia della musica. Tanto che il primo dei celebri tre live nel 2003 a Knebworth da 125mila persone a sera, iniziato con una martellante versione Let me entertain you, Robbie appeso come Cristo ma a testa in giù, è più che altro una fatica erculea nonché campo di battaglia tra fantasmi scimmia del passato disseminati fra il pubblico e da eliminare come in un videogame. Dicevamo di questo fuoco musicale continuamente acceso, perenne, esteso, irradiato per tutto il film, come se un fotogramma senza una nota dei brani di Williams fosse un frame vuoto e buttato.
Il regista Michael Gracey (qui anche sceneggiatore con Simone Gleeson e Oliver Cole) lavora quindi su due ispirate direzioni: da un lato iperspettacolarizza ogni respiro, angolo, pagina visiva da sfogliare, che sia un ambiente provinciale casalingo o il palco tv di Top of the pops, barando su qualche dettaglio biografico del protagonista ma senza mai annacquarne la sostanza (in primis quello humor strafottente e ubriaco provincialotto che Williams emana con naturalezza); dall’altro opta per una scelta performativa inusuale e coraggiosa: nessun sosia somigliante Williams protagonista, ma un’evocazione animale di Robbie con faccia, mani e corpo da scimpanzé (sotto i peli c’è l’attore Jonno Davies che, come in Avatar, con la motion capture WETA, si muove e recita come un pazzo). Tante le sequenze da appuntare sul taccuino: la morte della nonna sulle note di Angels; l’incontro sulla barca con la Appleton sui passi di danza e le note di She’s the one; il numero corale dei Take that su Regent Street sulle note di Rock DJ. Già, perché se c’è un altro dato scombussolante di Better man è proprio quello di non rispettare la cronologia compositiva dei brani (tra anni novanta e primi due decenni del duemila) piazzandoli qua e là a seconda di dove stanno “meglio”nel mood del film. Insomma, in alcuni momenti sembra di vedere i Blues Brothers di Landis. Williams è comunque presente in voce e il suo spirito è appiccicato come un sudario al film. Dal 1 gennaio 2025 in sala.
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