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Opere milionarie e poveri nascosti: il piano di Gualtieri per il Giubileo

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Un piccolo albero di Natale, qualche coperta e una tenda di fortuna: così un senzatetto di nome Carlos cercava di sopravvivere su uno spartitraffico a Porta San Lorenzo in prossimità della Stazione Termini. Questa mattina, però, un operatore Ama accompagnato dalla polizia locale, lo ha svegliato, portando via quelle poche cose che erano la sua casa. Era solo un altro “spostamento” un’altra scena di ordinaria indifferenza in una città che sembra sempre più impegnata a nascondere i poveri piuttosto che aiutarli.

Mentre Roma si prepara al Giubileo del 2025 con importanti opere di riqualificazione urbana, come l’inaugurazione odierna di piazza Pia, costata 85,3 milioni, un lato meno visibile della città emerge nei dintorni della Stazione Termini e in altre zone centrali: i senzatetto vengono invitati a spostarsi sistematicamente da operatori dell’AMA, dalla polizia locale e dai servizi sociali.

Questi spostamenti, giustificati dalla necessità di garantire l’inclusione attraverso delle tensostrutture, sembrano piuttosto un’operazione per trasformare la Capitale in una vetrina pulita e ordinata per il Giubileo a scapito dei più vulnerabili, la cui presenza appare come un problema di immagine piuttosto che una questione sociale. E sebbene il Comune parli di “accoglienza” e non di sgomberi, i tempi ristretti e la decisione di concentrare persone con diverse problematiche sociali nelle tensostrutture, sembrano più una risposta emergenziale che una soluzione pianificata e strutturata a lungo termine.

Infatti i migliaia di senzatetto di Roma rappresentano una comunità eterogenea, composta da persone con disturbi psichiatrici, tossicodipendenze, immigrati irregolari e altre forme di disagio sociale. Molti di loro sono stati “invitati” con insistenza, senza altre alternative, a trasferirsi nelle tensostrutture previste in città, di cui le prime due sono state inaugurate oggi, a ridosso dell’apertura della Porta Santa. Coloro che hanno rifiutato l’invito degli operatori sono invece scomparsi nel silenzio generale.

Il paradosso di questa situazione non può passare inosservato. Mentre Roma si prepara ad accogliere un evento religioso che richiama i valori della solidarietà e della compassione, i senzatetto sono stati rimossi dal panorama urbano come già era accaduto in occasione del Giubileo del 2015 e di altri grandi eventi internazionali, lasciando inalterate le cause profonde del disagio sociale.

“Secondo il censimento effettuato ad aprile, nel solo centro Roma ci sono circa 2.800 persone senza dimora. Negli ultimi giorni, tra ieri sera e questa mattina, sono stati avviati “sgomberi” e colloqui con i senzatetto presso gli uffici di via Marsala, dove il Comune ha allestito una sala operativa sociale per gestire le situazioni individuali. Le tende occupate dai senzatetto saranno rimosse”-ci spiegano dall’ufficio stampa della Caritas

Le tensostrutture sono una risposta sufficiente?

“Giustino Trincia, direttore della Caritas, che ha assistito agli “sgomberi” nella zona Termini, ha riscontrato che una buona parte delle persone coinvolte presenta disturbi psichiatrici. Per affrontare la situazione, il Comune ha predisposto delle tensostruttureaperte 24 ore su 24, che offrono pasti e docce. Finanziate con fondi speciali destinati al Giubileo, queste strutture sono pensate come soluzioni temporanee per far fronte all’emergenza”

Cosa è stato fatto in questi anni?

“Nel corso degli anni, sono stati introdotti interventi sociali come le “stazioni di posta” previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), centri di accoglienza che avrebbero dovuto rispondere alle necessità di chi vive per strada, ma non state efficaci”


L’intervento a Porta San Lorenzo, riguardante Carlos l’uomo in tenda, non è stato uno sgombero forzato, ma un’operazione di accoglienza organizzata dal Comune di Roma. Ogni persona presente nella zona è stata invitata a trasferirsi dopo dieci giorni di colloqui e incontri. Non si è trattato di uno sgombero violento, ma di un’operazione volta a garantire un riparo sicuro per le persone senza fissa dimora, trasferendole nelle tensostrutture. Tra queste persone c’era anche Carlos, un uomo con moderate difficoltà psichiatriche.

Chi presenta disturbi psichiatrici meno gravi o dipendenze non viene trattato come caso di emergenza, ma inserito nella tensostruttura.