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Toro-Roma 1955: regalo di Natale

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Immaginate se il giorno di Natale si giocasse una partita di serie A. I commenti indignati si sprecherebbero, verrebbero interpellati prelati e politici frignanti per la sacralità della festa più importante dell’anno rovinata dal dio pallone, si evocherebbero i bei tempi andati, quelli sì che avevano valori. Immaginate se in quella partita la squadra di casa giocasse con la seconda maglia e immaginate se, sempre durante quella partita, scendesse la nebbia compromettendo la visibilità per gli spettatori. Anche in questo caso pioggia di strali e peana sul calcio prono alle televisioni, al marketing, al calendario troppo fitto e nuovamente accorati riferimenti agli anni che furono. Tutte queste cose sono successe contemporaneamente. Nel 1955. Il 25 dicembre 1955 cade di domenica e la domenica si gioca, quindi diecimila anime hanno consumato rapidamente il pranzo natalizio per recarsi al Filadelfia dove alle 14,30 è previsto l’inizio di Torino-Roma. La cosa non può che provocarmi un moto di tenerezza perché andare a vedere una partita in quello che fu il tempio degli Invincibili in una giornata così speciale fa battere il cuore in un modo diverso. Andare al Fila, in quel Fila, non toglie nulla a quel giorno finendo con l’aggiungere addirittura qualcosa dal punto di vista spirituale. Il Toro indossa la maglia bianca con striscia trasversale granata in omaggio al River Plate mentre la Roma veste la sua classica casacca rossa. I padroni di casa stanno cercando di trovare una dimensione dal post-Superga e la guida tecnica è affidata ad Annibale Frossi, oro olimpico del 1936 da calciatore calcando i campi di gioco con gli occhiali data la sua miopia (cosa permessa dai regolamenti dell’epoca). Da tecnico Frossi, nonostante l’utilizzo di moduli all’avanguardia come la “M” ripresa dalla grande Ungheria, passa per difensivista teorizzando lo 0-0 come risultato perfetto. Per questo motivo, e per gli studi di legge, gli toccherà in sorte il soprannome “Dottor Sottile” che verrà successivamente utilizzato anche per il politico Giuliano Amato, guarda caso tifoso del Toro (la leggenda narra che la prima partita vista fu contro il Modena nel 1947 come premio per aver conseguito la licenza elementare). Il Torino ha iniziato bene il campionato e dopo undici giornate si ritrova nel gruppone delle seconde che inseguono a cinque punti di distanza la Fiorentina di Fulvio Bernardini che si aggiudicherà il titolo. La buona posizione in classifica è stata costruita grazie a un ottimo rendimento interno (tre vittorie e due pareggi), mentre fuori casa sono arrivati tre ko. Il leader tecnico della squadra è indubbiamente Horst Buhtz, soprannominato con poca fantasia “Il Tedesco” visto che proviene dalla Germania: si tratta di un centrocampista capace di farsi valere in zona gol grazie a un tiro al fulmicotone. In difesa troviamo colonne e bandiere quali Lino Grava, Enzo Bearzot e capitan Raffaele Cuscela, a centrocampo spiccano Moltrasio e Sentimenti III col giovanissimo Romano Fogli che inizia ad affacciarsi al grande calcio, mentre in avanti le fortune passando dai piedi di Giancarlo Bacci. Contro la Roma Bacci è assente e Frossi schiera il seguente undici: Rigamonti, Grava, Cuscela, Bearzot, Grosso, Moltrasio, Antoniotti, Buhtz, Cazzaniga, Sentimenti III e Bertoloni. Non sono passati nemmeno venti secondi dal fischio d’inizio di Bernardi di Bologna che i tifosi del Toro presenti percepiscono la temperatura gelida abbassarsi ulteriormente: Dino Da Costa penetra come una lama nel burro nella difesa avversaria, evita l’uscita del portiere e porta in vantaggio i giallorossi. Non c’è tempo per rimpiangere il calore familiare per i tifosi granata perché i padroni di casa si mettono ad attaccare in modo furente e solo l’eccesso di foga, e un rigore clamorosamente negato per un fallo su Bertoloni, negano il pareggio. La nebbia si fa sempre più presente mettendo a repentaglio il proseguimento della gara, ma il Toro non se ne cura e continua ad attaccare con maggior efficacia rispetto alla prima frazione. Al 49’ arriva il pareggio con lo splendido Moltrasio (parole del Corriere della Sera) che serve Bertoloni il quale appoggia a Buhtz. Stangata di prammatica e 1-1. I padroni di casa non si fermano e il portiere romanista Panetti vede sbucare improvvisamente i palloni dalla nebbia, ma riesce a salvarsi con efficacia. Gli attaccanti di Frossi si fanno sorprendere spesso con le mani nei capelli dopo le occasioni fallite e la più grossa arriva a una ventina di minuti dalla fine quando il “finto centravanti” Cazzaniga va dal dischetto per battere un calcio di rigore. Il suo rasoterra passa dalla parte sbagliata del palo e si resta sul risultato di parità. Non importa, in barba al difensivismo frossiano il Toro continua l’assalto e l’ennesima bordata di Buhtz viene respinta con difficoltà da Panetti. La sfera schizza verso sinistra e l’accorrente Bertoloni può insaccarla nella porta sguarnita per il 2-1 finale. La Roma di Ghiggia e Nyers è battuta e il Toro resiste al secondo posto a fianco del Vicenza. I tifosi che “sfidando il freddo e le lamentele familiari” (parole di Vittorio Pozzo su “Il calcio illustrato”) accorsi al Fila possono essere soddisfatti per il miglior regalo di Natale di quel giorno. Si giocherà anche a Capodanno e anche in quel caso Bearzot e compagni vinceranno 2-1 in casa della Spal con le reti di Sentimenti III e Cazzaniga, tanto per rimanere in tema di Toro che addolcisce e non rovina le feste. Il rendimento peggiorerà nella seconda fase della stagione e la formazione torinese chiuderà nel gruppo delle none (formalmente undicesima) alla pari di Spal, Vicenza, Genoa e di una deludente Juventus. Ma in quel pomeriggio di Natale 1955 i sostenitori granata non lo sanno ancora. Stanno tornando a casa intirizziti ma felici, sognando una stufa con cui scaldarsi mentre ripensano al Toro che ha battuto una grande squadra sul suolo sacro del Filadelfia.