Germania: Il lupo solitario, gli alert sauditi ignorati. Una strage che poteva essere evitata
Si è aggravato il bilancio dell'attentato avvenuto lo scorso 20 dicembre al mercatino di Natale di Magdeburgo. Secondo quanto riportato dalla polizia tedesca, le vittime sono salite a cinque, tra cui un bambino, mentre il numero dei feriti ha raggiunto quota 205, con 41 persone in condizioni critiche. L’autore della strage secondo gli inquirenti ha «sfruttato le vie di fuga e di salvataggio per falciare le persone che l’attacco si è compiuto «in una finestra temporale di circa tre minuti». Il procuratore capo di Magdeburgo, Horst Walter Nopens, in conferenza stampa ha avanzato l’ipotesi che il movente dell'attentatore di Magdeburgo «potrebbe essere l'insoddisfazione per il modo in cui i rifugiati sauditi vengono trattati in Germania». Ieri si è appreso che l’attentatore Taleb Jawad Hussein Al Abdulmohsen medico saudita, sarebbe risultato positivo al test antidroga condotto dopo il suo arresto inoltre è emerso che l’uomo è fuggito dall'Arabia Saudita nel 2006 dopo essere stato accusato di stupro e implicato in altri gravi crimini. Dal 2020 era impiegato nel sistema correzionale per persone affette da dipendenza. Come riporta il Mitteldeutsche Zeitung, nelle ultime settimane Al Abdulmohsen sarebbe stato assente più volte per malattia e di conseguenza appariva impreparato alle riunioni. L’uomo sarebbe dovuto comparire davanti al tribunale distrettuale di Tiergarten a Berlino giovedì 19 dicembre alle 11 di mattina, il giorno prima dell'attacco a Magdeburgo, ma non si è mai presentato. Il 50enne saudita era sotto indagine per «abuso di chiamate di emergenza»: a febbraio aveva ricevuto una sanzione penale contro la quale aveva poi sporto ricorso. Non essendosi presentato in aula giovedì, il ricorso è stato quindi respinto. Come prevenire questi attacchi? Abbiamo chiesto un parere a Laura Sabrina Martucci Professore Aggregato in Diritto ecclesiastico comparato e docente di Diritto degli enti ecclesiastici nel Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Bari tra i massimi esperti di convertitismo e processi di radicalizzazione religiosa, prevenzione della radicalizzione del terrorismo di matrice religiosa e di percorsi e tecniche di deradicalizzazione.
«La prevenzione degli attentati terroristici richiede, oggi più che mai, strumenti e metodi nuovi, cruciali per contenere rapidamente la minaccia. Dopo il 7 ottobre, l'attacco di Hamas ha portato alla luce una violenza terroristica che, oltre a sconvolgere per la sua brutalità, ha modificato storicamente molte categorie della radicalizzazione; ha alimentato un clima rinvigorimento degli estremismi e della tensione globale. Si sono moltiplicati gli atti emulativi di natura eversiva che, indipendentemente dall'essere riconducibili a gruppi islamisti, suprematisti o anarchici, in ottica securitaria, ci pongono di fronte alla necessità di analizzare i fattori metodologici comuni che li caratterizzano, ben oltre l’inseguire le differenti matrici ideologiche. Da atti proprio come quello dell’attentato di ieri a Magdeburgo emerge con chiarezza la convergenza nelle metodologie di indottrinamento e azione: le ideologie estremiste, siano esse politiche, religiose o ateistiche, si diffondono attraverso un dogmatismo assoluto e totalizzante, potente. Si tratta di un “credo” che esercita un potere capace di plasmare identità e azioni, si fonda su verità assolute e indiscutibili, annullando il dubbio e soffocando il pensiero critico. Trasforma gli individui, oggi più che mai i minori, in soggetti socialmente pericolosi, portandolo a gesti estremi di obbedienza cieca, conflitto e sacrificio»
Le autorità tedesche non hanno capito che Taleb Jawad Hussein Al Abdulmohsen era una minaccia nonostante i segnali che erano molti al punto che le autorità saudita avevano inviato una serie di alert all'intelligence tedesca.
«Credo che sia perciò fondamentale non solo individuare tempestivamente i soggetti radicalizzati ma, ove possibile, qualificarli giudiziariamente come “socialmente pericolosi”. Ciò consentirebbe di intervenire prontamente, evitando episodi in cui emerge, troppo tardi, che l’attentatore “era già noto alle autorità”. E’ necessario continuare a lavorare sull’armonizzazione delle normative di prevenzione e non solo di contrasto, introducendo criteri chiari e laici per “classificare la pericolosità sociale” dei soggetti radicalizzati, s’intende nel rispetto dello stato di diritto. L’Italia, è già in vantaggio: dispone di un sistema normativo avanzato, con una soglia di intervento penale anticipata e misure di prevenzione personale antiterrorismo che in quanto applicabili a soggetti “socialmente pericolosi”, possono portare alla restrizione preventiva di alcune libertà (es. di movimento o all’uso dei social media), limitando così la possibilità di tradurre l’ideologia in azioni terroristiche».
L’Università Aldo Moro di Bari si conferma essere un ateneo particolarmente impegnato e in tal senso sta per iniziare il nuovo Master dedicato ai fenomeni terroristici.
«La formazione è essenziale per contrastare il terrorismo e la radicalizzazione eversiva, che richiedendo un approccio trasversale e mirato. A gennaio 2025, l’Università di Bari Aldo Moro inaugura la nuova edizione del Master su Terrorismo, Prevenzione della radicalizzazione eversiva, sicurezza e cybersecurity, un programma interdisciplinare unico in Italia. Il corso affronta temi cruciali con un approccio innovativo che integra competenze giuridiche, geopolitiche, psicologiche e tecnologiche, per l’analisi della radicalizzazione eversivo-terroristica, l’uso delle tecniche di intelligence e contrasto, approfondendo l’impatto dell’intelligenza artificiale e delle nuove tecnologie sulle strategie di prevenzione; forma esperti capaci di intervenire su fenomeni complessi. La didattica include lezioni interattive, laboratori e simulazioni, supportata da una piattaforma e-learning avanzata e stage in enti specializzati. Con oltre 50 relatori di fama internazionale, il Master offre una formazione completa e applicabile, supportata da borse di studio»
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