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"Krass" di Martin Mosebach: tra narcisismo e illusione del potere, la magia di una scrittura che incanta

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Torna nelle librerie italiane Martin Mosebach, raffinato e apprezzato scrittore tedesco di romanzi, saggi e libretti d’opera. Lo fa con il romanzo “Krass”, tradotto da Matteo Galli, con la prefazione del germanista Vito Punzi (Edizioni Medhelan, pagine 496, €32). Krass è il nome del protagonista, emblema di un cinico e potente narciso la cui parabola esistenziale Mosebach descrive con inusitata maestria, attraverso il suo caratteristico ricamo di immagini e sentimenti, senza mai cedere alla tentazione di una scrittura piatta e distaccata. Autore consacrato dalla critica in patria, Mosebach, dichiaratamente cattolico, è noto in Italia, più che l’opera narrativa dalla nobile impronta novecentesca, per il suo famoso saggio “L’eresia dell’informe” (Cantagalli, 2009), in cui analizzava le storture della riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticano II. Con Krass, ambientato fra Italia, Francia ed Egitto, Mosebach si rivela ancora una volta acuto scandagliatore dell’animo umano, mettendo in scena un carattere sempre più diffuso nella contemporaneità, dove all’illusione del potere -in tutte le sue forme-, segue ineluttabile la nemesi della mutevole sorte dell’uomo.