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ATP Next Gen Finals, i protagonisti: Nishesh Basavareddy, l’outsider che ha superato un destino avverso

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Il 2024 sta per volgere al termine e, come di consueto, stanno per arrivare i botti di fine anno. Che pirotecnico possa essere anche il tennis sciorinato alle ATP Next Gen Finals è l’augurio di ogni appassionato pronto a seguire la competizione che mette a confronto i migliori otto talenti under-20, con Jeddah a fare il ruolo di splendida cornice. Nel giorno in cui sarà inaugurata la settima edizione di questo particolare torneo (la seconda in Arabia), continuiamo a scoprire i suoi protagonisti.

L’ultimo ad unirsi al novero è stato Joao Fonseca. Subito prima di lui il protagonista di questo profilo che ha ben poco di affine con la predestinazione dell’atleta brasiliano e con quella che caratterizzava gran parte dei passati vincitori di questa manifestazione. La storia di Nishesh Basavareddy è infatti una di quelle che mostra come il tragitto per arrivare al successo sia scandito da diverse traiettorie che talvolta non sono quelle canoniche, le tempistiche nemmeno e i mezzi a disposizione neanche a parlarne. 

“Ho saputo dopo il primo turno che se avessi fatto finale, sarei stato dentro. Ero teso e ho cercato di calmarmi, dicendomi che avevo ancora un paio di partite da vincere prima di ottenere la wild card per Melbourne. Dopo le semifinali, è stato un enorme sollievo essere finalmente entrato. Sono davvero emozionato”. La semifinale in questione è quella vinta da Basavareddy nel Challenger di Champain. Non una partita banale, una partita storica per lo statunitense. Il match vinto in Illinois ufficializza la qualificazione ai prossimi Australian Open, a scapito anche di Ethan Quinn, che beffa delle beffe, lo batterà in finale nello stesso torneo. Una vittoria di Pirro per Quinn dato che i punti raccolti nell’ambito della “Wild Card Challenger 2025” non bastano e a Melbourne ci va il ragazzo californiano.

La dichiarazione da cui siamo partiti non è scontata, anzi molto esplicativa per trasmettere la tensione di un risultato che più sembra vicino, più sale la paura che qualcosa possa allontanarlo. La preoccupazione è dettata dalla consapevolezza che il percorso di Basavareddy, al netto dei soli 19 anni, parta da lontano e con delle criticità non di poco conto. Facciamo un passo indietro.

Quella California già citata, il 2 maggio 2005 diede i natali a Nishesh e i primi approcci al tennis arrivano quasi subito, a tre anni osservando i fratelli maggiori dilettarsi con questa disciplina. La prima svolta arriva quando i genitori, provenienti da Andhra Pradesh (una regione dell’India da 50 milioni di abitanti) scelgono di trasferirsi nello stato americano che più gli ricorda casa: l’Indiana. Qui il piccolo Basavaverry, all’età di 8 anni, trova l’habitat congeniale per coltivare la propria passione, che con il giusto instradamento potrebbe diventare professione, quei “pro” che raggiungerà solo tempo dopo. 

il classe 2005 trova il suo mentore: Rajeev Ram. Essere seguiti da un tennista in grado di arrivare al numero uno del ranking nella specialità di doppio è un’esperienza di cui fare tesoro. Galeotto fu il campus organizzato da Bryan Smith, che diede vita alla “collaborazione” tra i due, con l’allievo che poi sottolineerà a più riprese quanto il maestro sia stato fondamentale nel suo processo di crescita. 

Qualcosa sta sbocciando, qualcosa germoglia e quel talento inizia a fare capolino nelle prime performance di Basavareddy. Ma quello che sarà un atleta, fatto e finito, di un metro e ottanta per settanta chili inizia a palesare delle difficoltà strutturali, condite come se non bastasse da un’abbondante dose di sfortuna. Per chi crede nell’induismo, la reincarnazione potrebbe essere una spiegazione ma che ha poco di confortante in questo caso: sembrano tante vite diverse ma con una maledizione perenne che si diverte a falcidiare un corpo ancora in costruzione

Il primo incontro tra Basavareddy con la sala operatoria è quando, a soli 11 anni, la sua rotula fa crack con conseguenti problemi alla cartilagine che lo tengono fuori dai giochi per nove mesi. L’integrità fisica che gli permette di crescere come tennista dura appena due anni, poi la cattiva sorte torna ad accanirsi raddoppiando il carico. Questa volta sono 15 i mesi di stop, quasi un anno e mezzo, a causa della rottura del menisco. Una mazzata fisica e psicologica che avrebbe abbattuto anche un elefante, con i propri sogni pronti a svanire dall cassetto.

Qui c’è lo spartiacque tra la comprensibile arrendevolezza al destino e la straordinaria ribellione allo stesso. Perché Nishesh Basavareddy ha qualcosa di speciale. Capisce che dalle avversità si può trarre ugualmente insegnamento, allora si mette lì e con stampelle al seguito inizia ad essere uno studente del gioco, prima di esserlo nel percorso che lo porterà anche all’università. 

“Non ero in grado di giocare ma ero in grado di trovare modi alternativi per migliorare a quel tempo. Analizzavo il tennis professionale e andavo ai tornei juniores con mio fratello per continuare a rimanere nell’ambiente. Ho guardato molte partite di tennis, imparando tante cose. Sento che una delle mie qualità sia analizzare il gioco in campo e valutare i punti di forza e i punti deboli del mio avversario, e come sfruttarli. Credo che questa abilità sia nata nel corso degli anni guardando tanto tennis e osservando le varie strategie e schemi di differenti giocatori che affrontano diversi avversari. È una qualità che ho sviluppato quando ero infortunato.

Decifrare il gioco dell’avversario, un’inconsapevole SWAT Analysis che lo porterà a scegliere “Data Science” all’università, tradotto strategia di analisi dei dati. Nulla lasciato in mano al caso, sull’esempio, tra gli altri, di Novak Djokovic, principale punto di riferimento dell’americano. Non ne aveva il poster in cameretta, ma per sua stessa ammissione, ha avuto la foto del serbo come immagine di Whatsapp: “La misi un paio di anni fa e penso di non averla mai cambiata. Ho sempre amato il suo gioco, la sua tecnica; la sua forza mentale e la sua attitudine.” 

Oltre al travagliato ginocchio destro, Basavareddy soffre di una miopia che lo costringe a giocare con gli occhiali, per non farsi mancare niente. È buffo pensare che proprio il suo idolo non abbia un grande feeling con questa particolare cerchia di tennisti: due dei nove atleti che lo hanno battuto al suo caro Australian Open sono Denis Istomin e Hyeon Chung: entrambi portatori di occhiali. Così come Djokovic, anche Nishesh ama la cultura italiana. C’è un grande pezzo di Italia, infatti, nella parabola di questo ragazzo, con Milano che ha acceso i riflettori sulla sua carriera. Nel 2022 è stato il vincitore del Trofeo Bonfiglio, gli Internazionali di Italia Juniores, giocati al TC Bonacossa dove contro ogni pronostico ha battuto ai tempi il più quotato paraguaiano Daniel Vallejo, testa di serie numero uno della manifestazione.

Un 6-2 4-6 6-3 che gli ha permesso di iscrivere il suo nome in un prestigioso albo d’oro che vede il nome di altri tre connazionali come Luke Jensen, Ivan Baron e soprattutto Jim Courier. Essere affiancato a un quattro volte campione Slam sembra essere per Basavareddy il primo segnale che forse gli astri si possono allineare anche in suo favore. Risultati degni di nota che gli fanno schiudere le porte dell’università, con la prestigiosa Stanford University pronta a scommettere sul ragazzo elargendogli una borsa di studio. “Ogni volta che si può ottenere questo tipo di sostegno, dal punto di vista finanziario, sapere che le persone ti sostengono è qualcosa di enorme”.

Avere questo genere di garanzia è il via libera per esplodere definitivamente. Basavareddy inizia il 2024 dalla posizione numero 457, un piazzamento poco nobile destinato ad essere ritoccato. Nishesh gioca esclusivamente tornei nel Nord America, il suo rendimento è ad intermittenza con grandi risultati ma anche uscite di scena premature. La partita che fa saltare il tappo alla sua stagione è il terzo turno di qualificazione allo US Open contro Hamad Medjedovic, il vincitore delle ultime Next Gen. Il nativo di Newport Beach va sotto, lotta, la trascina al terzo ma la perde fallendo l’ingresso al tabellone principale. Poco importa, Nishesh dirà a fine partita di essersi divertito e che fa parte della sua maturazione.

E’ un crocevia fondamentale. A quel punto in Basavareddy scatta qualcosa, un click che gli permette di fare incetta di risultati. Una semifinale a Columbus, finale a Charleston regolando avversari come J.J. Wolf e Cristopher Eubanks, capolavoro a Tiburon dove strapazza in finale Eliot Spizzirri con un doppio 6-1, finale a Charlottesville, semifinale persa a Knoxville, finale a Champain persa contro Quinn di cui abbiamo già parlato e dulcis in fundo arriva il secondo successo in salsa messicana a Puerto Vallarta, il primo al di fuori dei confini statunitensi e canadesi.

Il Messico gli permette di staccare, in extremis il pass per Jeddah e di andare a far compagnia ai connazionali Alex Michelsen e Learner Tien. Quando l’asticella arriva così in alto, non è più tempo per stare nel limbo e così Basavareddy, come immaginabile, fa una scelta: rinuncia all’eleggibilità NCAA per lanciarsi a pieno regime tra i professionisti. Lontano dal nido che lo ha cullato, il brutto anatroccolo è pronto a diventare cigno. Non brillerà in quanto a potenza, ma Nishesh tiene bene il campo, copre gli spazi, è incisivo con il dritto e ha un rovescio bimane niente male. Materiale che non basta per issare le sue quote alle ATP Next Gen Finals, per i bookmakers parte dietro tutti come fanalino di coda della competizione, ma Nishesh Basavareddy ha tutta l’intenzione di esserne la cenerentola pronta a stupire.