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“Ma lei viaggia senza accompagnatore?”

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Con questa domanda alla nostra amica Patrizia Saccà, ex atleta paralimpica, si è rivolto un operatore addetto al trasferimento passeggeri dell’aeroporto di Monaco.
Siamo nel 2024 e, nonostante il clamore suscitato dalle appena trascorse paralimpiadi di Parigi2024, chi si muove con la sedia a rotelle, è ancora considerato inidoneo al viaggio in autonomia.

Parliamo di clamore perché le paralimpiadi di Parigi2024 hanno segnato un significativo impatto sulla nostra cultura grazie ai risultati sportivi dei nostri meravigliosi atleti paralimpici, mostrandone le qualità agonistiche e non solo.
Ma a quanto pare l’impatto significativo ce lo siamo immaginato noi perché l’indifferenza, la cattiva educazione, la mancanza di empatia, il non rispetto, le barriere fisiche e culturali regnano ancora sovrane.

Patrizia sulla sua sedia a rotelle, qui equipaggiata con il ruotino, durante uno dei moltissimi viaggi intrapresi in autonomia

E’ bastato un semplice trasferimento in aereo verso una località europea (Fuerteventura, isola dell’arcipelago delle Canarie – Spagna) per gettare nello sconforto e nell’umiliazione chi da anni si muove in completa autonomia su una sedia a rotelle, la nostra Patrizia per l’appunto, viaggiando per tutto il mondo (Europa, Africa, India e Isole remote etc).

Rimanere sull’aeromobile per oltre 30 minuti in attesa di essere sbarcata.
Avere la propria sedia a rotelle imbarcata nel bagagliaio perché gli aerei non ne prevedono lo spazio.
Utilizzare un’altra sedia a rotelle a disposizione dell’aeroporto, di misura extra large nella quale essere sballottata verso il gate di partenza.
Chiedere implorando di poter usufruire della toilette.
Ottenere la “cortesia” di essere portata alla toilette tra sbuffi e manovre brusche.
Essere lasciata al centro della stanza da bagno per persone con disabilità con la sedia a rotelle frenata impedendone lo spostamento.
Chiedere aiuto e non avere risposta.
Essere ripresa e portata di corsa verso il gate “perché tardi” con il trolley messo in malomodo sulle gambe senza chiedere il permesso o valutarne il peso…
E poi la frase finale “Ma lei viaggia senza accompagnatore?”.

Come non sentirsi “un pacco”, una cosa, un oggetto fastidioso da spostare in fretta? Ma come, tutti i corsi che le aziende si stanno sbrigando a proporre ai propri dipendenti su “Come si parla di disabilità”, su come “Approcciarsi alle persone con disabilità”, verificare le “Criticità degli ambienti di lavoro per favorire le persone con disabilità”, come “Abbattere le barriere architettoniche” che fine hanno fatto?
Ma soprattutto quanto ancora bisogna lavorare per insegnare alle persone a mettersi nei panni degli altri per capire il mondo che ci circonda (che poi è l’empatia)? Ancora tanto…

Patrizia fortunatamente è giunta a destinazione e dopo un bel pò di respiri, lei insegna yoga alle persone con disabilità, che sa bene come fare, si è calmata e ha deciso di raccontare la sua disavventura. Noi l’abbiamo ascoltata e increduli, indignati abbiamo scritto quest’articolo.

La sensazione è quella di fare un passo avanti per poi trovarsi indietro di due. Le attuali situazioni politiche non solo nel nostro paese ma in tutto il mondo non fanno sperare niente di buono. Sappiamo bene che non smuoveremo montagne ma almeno non lasceremo incompiuto un dovere che è quello di insistere su come le persone con disabilità sono prima di tutto PERSONE e che il mondo è di TUTTI!

Buone vacanze Patty!

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