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Stellantis presenta il “piano Italia” sulla carta: un 2025 complicato, poi qualche vettura nuova e zero garanzie su Termoli. Ma Urso già esulta

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Nessuna novità prima del 2026, uno scatto a partire dal 2028, zero garanzie sulla gigafactory a Termoli e nel frattempo ci sarà da stringere i denti con un 2025 in cui i volumi saranno sovrapponibili ai disastrosi dati di quest’anno. Anche perché la soglia di emissioni di Co2 scenderà dall’1 gennaio per effetto delle norme europee e Stellantis dovrà passare a vendere dal 12% al 21% per evitare le sanzioni: una “sfida esistenziale” – l’ha definita il responsabile Europa allargata, Jean-Philippe Imparato – che potrebbe generare fino a 2 miliardi e mezzo di multe se le regole non cambiano nel brevissimo periodo.

I risultati poi, i soldi subito
Il “piano Italia” presentato da Imparato durante il tavolo al ministero delle Imprese e del Made in Italy è una sorta di ‘incrociamo le dita’ per i dipendenti del gruppo automobilistico e dell’intera filiera italiana. Perché, prima di tutto, la nottata non è passata e, anzi, i prossimi mesi replicheranno gli ultimi dodici nei quali gli stabilimenti hanno fatto registrare i minimi produttivi degli ultimi 64 anni. Un anno in cui, ha garantito il ministro Adolfo Urso, non mancheranno altre risorse pubbliche: 800 milioni per la riqualificazione della filiera e 1,1 miliardi tra contratti di sviluppo e accordi per l’innovazione. Il piano di Stellantis è sulla carta e in buona parte ricicla come novità alcune produzioni già previste, ma i soldi arriveranno subito.

Le vere novità (ma c’è da attendere)
In fondo al tunnel c’è una luce, almeno nelle intenzioni: Stellantis promette di portare a Pomigliano d’Arco la piattaforma Stla Small con la quale produrrà due modelli compatti e annuncia due modelli in più rispetto ai cinque già previsti a Melfi nel 2025/26 ma senza fissare una data e non svela né quale sarà né quando arriverà il terzo modello di alta gamma già previsto a Cassino, in aggiunta alle programmate Alfa Stelvio (2025) e Alfa Giulia (2026) per le quali è “in valutazione” anche la motorizzazione ibrida. “Tutti gli stabilimenti rimarranno attivi e la capacità produttiva crescerà dal 2026″, ha promesso Imparato parlando della nuova piattaforma a Pomigliano come di un “passo importantissimo per il futuro” e del piano per il sito lucano – in buona parte già noto – come di una “messa in sicurezza” della fabbrica.

Termoli sempre in bilico
Nel frattempo, nessuna garanzia sull’impianto di Termoli, dove resta sospeso il progetto di riconversione in una gigafactory: “Acc (la joint venture con Mercedes e TotalEnergies) resta aperta a studiarne la realizzazione in base all’evoluzione delle tecnologie e in considerazione del mercato e della competitività dei fattori abilitanti del sistema Paese”. Insomma, un grandissimo vedremo e che in ogni caso necessita di risorse pubbliche che erano già previste dal Pnrr (quasi 400 milioni di euro) ma sono state tolte dal governo Meloni viste le incertezze sui tempi di realizzazione.

Mirafiori in stand by e le altre
Imparato ha poi elencato uno sterminato elenco di progetti per Mirafiori, riducibile a una sola vera novità: una nuova generazione di 500 intorno al 2029. La motorizzazione ibrida dal novembre 2025 era già prevista e tutto il condimento di Green Campus, Battery Center e reparto cambi non ha nulla a che fare con il cuore produttivo della fabbrica. Tanto che il responsabile Europa di Stellantis ha parlato di 90mila macchine all’anno che “ci portano nel 2029 in modo sereno, non tranquillo”. Da chiarire anche cosa accadrà ad Atessa, dove si produce il Ducato e bisognerà spingere sull’elettrico per tenere alti i livelli produttivi di una fabbrica che viaggiava su buoni volumi fino a giugno prima di collassare. Maserati? “Deve tornare a fare squadra con la Motor Valley per un progetto comune”, è stata in sintesi l’idea di Imparato alla luce delle grandi difficoltà del marchio.

Articolo in aggiornamento

X: @andtundo

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