Violenza sessuale in carcere sul trapper suicida, si va verso il processo
PAVIA. Il giudice Luigi Riganti ha deciso che sulla presunta violenza sessuale avvenuta in cella ai danni del trapper Jordan Jeffrey Baby, morto suicida a 27 anni un anno dopo i fatti, a marzo di quest’anno, si va avanti con le indagini. È stata respinta la richiesta di archiviazione della procura e accolta l’opposizione del legale del ragazzo, Federico Edoardo Pisani.
Il giudice ha ordinato l’imputazione coatta per il compagno di cella, un 50enne che oggi è detenuto nel carcere di Cremona, il che significa che si va verso un processo per violenza sessuale. Il giudice, a differenza del magistrato della procura che aveva chiesto di archiviare, ha tenuto in considerazione la testimonianza di un terzo detenuto nella cella, che aveva raccolto a caldo la reazione di Jordan Jeffrey Baby, molestato mentre era sul suo letto che dormiva. Resta ancora aperta invece l’indagine per chiarire le circostanze del suicidio, mentre si è chiuso un altro procedimento per maltrattamenti.
Per questa accusa era stato condannato a tre anni, a ottobre, il trapper Gianmarco Fagà, conosciuto come Traffik, il giovane di origini romane che aveva partecipato insieme a Jeffrey Baby, secondo quanto hanno stabilito i processi, all’aggressione a un operaio nigeriano a Carnate, che aveva portato entrambi in cella. Entrambi i trapper erano finiti nello stesso carcere, a Pavia, e qui, secondo l’accusa, Jeffrey Baby sarebbe stato vittima di maltrattamenti e vessazioni da parte dell’amico.