Il Piano Mattei ad Atreju: la “via italiana” per allontanare le mani di Russia e Cina dall’Africa
Provenienze diverse, ruoli diversi, ma la comune convinzione che il Piano Mattei sia necessario non solo all’Italia, ma anche all’intero Occidente. Perché instaurare un rapporto diverso con l’Africa e il Mediterraneo, stabilire le basi di un dialogo paritario, di una vera cooperazione significa – anche – sottrarre questa parte così cruciale del Sud globale all’influenza russa e cinese, con tutto ciò che comporta. Ad Atreju se n’è parlato nel corso del dibattito “Mediterranea: strategia per una prosperità condivisa. La via italiana per un nuovo rapporto con il Sud globale”, con il viceministro agli Esteri, Edmondo Cirielli, il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, il deputato di FdI e presidente della Commissione Affari esteri Giulio Tremonti, il presidente della Fondazione De Gasperi Angelino Alfano, il presidente della Fondazione Med-Or Marco Minniti, il giornalista Federico Rampini, moderati dal vicedirettore del Foglio Salvatore Merlo e introdotti dal deputato di FdI Fabio Raimondo.
Il rischio della penetrazione cinese e russa in Africa
L’Italia, hanno concordato i relatori, è il Paese che più degli altri, e come nessun altro, può avere un ruolo di cerniera tra questa e quella parte del mondo. Tanto più in un momento in cui la Francia è sempre più presidio non gradito dagli Stati del Continente. Una circostanza che va trattata con attenzione, ha avvertito Rampini, perché il sentimento anti-francese rischia di trasformarsi in un sentimento tout court anti-occidentale. Nei confronti dell’Italia, ha sottolineato il giornalista, “c’è meno ostilità, ma se arrivano i russi e un problema anche per l’Italia”.
Cirielli: “Il Piano Mattei sta funzionando: offre un nuovo modello all’Occidente”
“Il Piano Mattei ha una funzione geopolitica e offre un nuovo modello all’Occidente per lavorare con il Sud globale”, ha detto Cirielli, ricordando che “sta funzionando”. Dall’Ue al Giappone, da quando è stato lanciato, il Piano ha ricevuto attenzioni e richieste di partecipazione da numerosi Paesi e ha visto il coinvolgimento di agenzie internazionali, che ne ha capito l’importanza e condiviso l’impostazione. “Il Piano Mattei – ha aggiunto il viceministro agli Esteri – è una offensiva geopolitica per fare capire a queste persone che l’Occidente con i suoi valori, non solo con i suoi soldi può essere una linea migliore per il loro sviluppo”.
L’applauso a Tremonti che rifiuta le narrazioni che denigrano l’Italia
Tremonti ha ricordato il vecchio slogan “aiutiamoli a casa loro” e ha sottolineato, anche lui, il fatto che l’Italia ha le carte in regola per affrontare questa sfida dell’Occidente, per “ragioni geografica e ragioni storiche”: “L’Italia non è avvertita come potenza post coloniale”, ha sottolineato il presidente della Commissione Esteri della Camera, suscitando una precisazione di Merlo sul nostro passato coloniale. “Non è così, non siamo avvertiti così”, ha replicato Tremonti, guadagnando l’applauso della platea, insofferente a una narrazione denigratoria dell’Italia.
Rampelli: “La destra crede nelle identità, per questo non può essere razzista”
È toccato a Rampelli affermare un’altra verità poco accettata: la destra, per sua natura, non può essere razzista. Ed è per questo che solo una forza di destra poteva concepire uno strumento come il Piano Mattei. “La destra crede nelle identità, nelle identità di tutti i popoli, perché le identità sono il sale del mondo contro l’omologazione, l’appiattimento, contro le classifiche positiviste che portano a misurare tutto con codici alfanumerici, che guarda caso sono di sinistra”, ha sottolineato il vicepresidente della Camera, guadagnandosi anche lui l’applauso della platea.
L’importanza della diplomazia economica
Sono stati infine Alfano e Minniti da “tecnici” a sottolineare l’importanza della diplomazia economica, che è parte fondamentale del Piano Mattei. Senza le aziende che poi vanno a realizzare i progetti insieme ai partner africani, ha sottolineato più volte Giorgia Meloni, quella cooperazione non si potrebbe realizzare. “Il Piano Mattei appartiene all’Italia”, ha detto il premier. Alfano ha voluto ricordare perché il Piano è intitolato a Mattei, perché lui fu un grandissimo sostenitore della diplomazia economica.
Il ruolo delle aziende e del soft power
“Nei prossimi vent’anni – ha avvertito Minniti – il destino dell’Europa sarà nel Mediterraneo e nell’Africa. Il Sistema Paese si deve occupare dell’Africa e del Mediterraneo, questo è un interesse nazionale che si gioca per tre quarti fuori dai confini nazionali”. “L’Italia comprende che in questa parte di mondo si giocano tre sfide fondamentali”: quella degli squilibri demografici e quindi dell’immigrazione, che non si può lasciare né al caso né ai trafficanti; quella dell’approvvigionamento alimentare, considerando che il 40% delle terre coltivabili sono in Africa; quella dei minerali critici. “L’Africa non è un continente povero, l’Africa è ricchissima”, ha ricordato Minniti, che con Med-Or, sostanzialmente, coordina il mondo economico e accademico che partecipa al Piano Mattei. La sfida è creare le condizioni perché questa ricchezza diventi fattore di crescita del Continente e di stabilità mondiale. “Abbiamo dei competitor molto agguerriti, ma l’Africa guarda all’Europa perché la considera più amichevole dei russi e dei cinesi e in Europa l’Italia ha le carte migliori da giocare”, ha concluso Minniti, raccontando anche cosa vuol dire nel concreto esercitare un soft power positivo: “Noi abbiamo formato 15 giovani diplomatici somali. La Somalia aveva un tempo un rapporto coloniale con l’Italia, ma non ci percepisce come i francesi. Anzi, ci assegna un compito straordinario. Formare quei diplomatici è uno strumento di soft-power, e anche con il soft-power si vince la sfida dell’Africa e del Piano Mattei”.
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