Udine, rinasce la chiesa madre Santa Maria di Castello: sarà pronta entro il 2026
La meraviglia del risultato si intravede già, tra le fessure dell’impalcatura che circonda, come in un abbraccio, la chiesa di Santa Maria di Castello.
Il cantiere del restauro ieri è stato aperto, eccezionalmente, su invito dell’arciprete monsignor Luciano Nobile, che da buon padrone di casa ha accolto l’arcivescovo Riccardo Lamba e i vertici del gruppo Danieli Alessandro Brussi e Camilla Benedetti, rispettivamente presidente e vicepresidente, affiancati dai referenti Paola Perabò e Francesco De Simoni, per presentare i lavori che dal 2017 interessano l’antica pieve, grazie al contributo di circa 300 mila euro destinato dall’ingegnere Giampietro Benedetti, scomparso alcuni mesi fa.
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«Essere qui oggi ci emoziona tanto quanto ci rende orgogliosi – dicono Brussi e Benedetti – perché stiamo portando avanti una scelta del compianto presidente». Come se l’ingegnere avesse già in mente il risultato finale, che arriverà, salvo imprevisti, tra la fine del 2025 e l’inizio del 2026: «Sono due gli aspetti che ci hanno colpito – proseguono i vertici di Danieli – e che ci meravigliano: da un lato, il fatto che sia in corso un’operazione volta a proteggere un bene antico, che ha accompagnato Udine nella sua storia; dall’altro, la finalità sacra del restauro, che riporterà a disposizione dei cittadini un luogo di culto straordinario».
Santa Maria di Castello, infatti, è la “Chiesa madre” degli udinesi, la prima pieve dei fedeli, come ricorda Luciano Nobile: «L’idea di procedere con il restauro è partita una decina di anni fa, quando abbiamo rimesso a nuovo la torre campanaria e l’angelo Gabriele, che dal colle veglia sulla città.
Grazie al contributo della Regione, della Conferenza episcopale italiana (Cei), e di ditte e imprese munifiche come la Danieli, stiamo arrivando al risultato e la mia speranza è di inaugurare la chiesa nel 2025, l’anno del Giubileo».
Durante il sopralluogo, Nobile, con un atteggiamento a metà tra il serio e il faceto, invita i cittadini stessi a partecipare alle spese, con donazioni spontanee: «Vorrei che sentissero propria questa chiesa anche gli abitanti di Udine e di tutto il Friuli – dice – e nulla osta a un appello alla città: se ciascuno investisse un solo euro, ne avremmo centomila in più per terminare il restauro senza alcun debito». Del resto, provoca l’arciprete, «chi non desidererebbe fare un regalo alla propria madre?».
Un invito alla partecipazione e alla collaborazione che risuona anche nelle parole dell’arcivescovo Lamba: «Nel constatare che il restauro procede in linea con i tempi, mi meraviglio se penso a tutto il lavoro di squadra che c’è dietro queste impalcature» commenta, ricordando la competenza e il sacrificio di chi quotidianamente si espone al freddo e all’umidità per riportare in auge la chiesa.
«Noi raccogliamo ciò che altri hanno seminato e a nostra volta siamo chiamati a seminare per i posteri – conclude –, nel segno della continuità come auspicio di speranza, di fede e di cultura».