Il fascino perverso per le tasse da Amato a Ruffini: galleria di “mostri” della sinistra filo balzelli
Angelo Maria Ruffini o la fascinazione sinistra per gli esattori. Le tasse, che bellezza. Si tratta quasi di una dimensione “metapolitica” del balzello che bello. L’ormai ex numero uno dell’agenzia delle Entrate, al netto delle sue dimissioni e del no (per ora) a una discesa in campo da federatore dei moderati Pd, fa parte della galleria di famiglia dei mostri filo-tasse della sinistra italiana. Non lo diciamo noi, basta sfogliare l’album dei ricordi, non piacevoli.
Padoa Schioppa: “Le tasse sono bellissime”. Il filo rosso fino a Ruffini
Che “pagare le tasse sia bellissimo” lo disse nel 2007 l’allora ministro economico del Prodi-2 Tommaso Padoa Schioppa. Una frase che fece scuola, tanto che anni dopo fu citata dalla ministra dell’Interno Anna Maria Cancellieri: «Ricordo sempre il compianto professor Padoa Schioppa. Lui diceva che pagare le tasse è bello. Aveva ragione, perché ciò esprime un compito etico, che è appunto bello, anche se nel senso comune spesso questo gesto non è inteso così». La frase pronunciata da Padoa Schioppa è l’imprinting di una cultura. Di una mentalità che vede nell’imposizione fiscale una sorta di misura salvifica rispetto al “peccato” commesso da chi guadagna con il suo lavoro o la sua impresa. Una visione penitenziale e punitiva che non viene mai meno.
Tasse e sinistra, balzello che bello. L’eurotassa di Prodi
Il fascino perverso per le tasse si rintraccia poi nel primo governo Prodi. Come dimenticare il 30 dicembre 1996? L’esecutivo progressista dette il via libera alla cosiddetta Eurotassa che per tutto il 1997 vessò gli italiani con lo scopo di spingere i conti italiani nei parametri di Maastricht. Il gettito (4300 miliardi di lire) fu garantito da un prelievo extra: basato su cinque aliquote progressive dallo 0 al 3,5 per cento del reddito annuo lordo spalmato su nove rate per i dipendenti e su due tranche per i lavoratori autonomi. Andando a rileggere le cronache del tempo, fu un’imposta forse necessaria ma odiosa: perché scaricò sui cittadini decenni di incapacità della politica.
A sinistra inventano di tutto: dalla “tassa sul tempo” al “riccometro”
Fu l’allora ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi a ipotizzarne la restituzione. Che però si risolse con una compensazione che due anni dopo, nel 1999, riguardò solo il 60 per cento della cifra versata. Il tutto mentre il ministro delle Finanze Vincenzo Visco introdusse l’idea di un «riccometro» che avrebbe fatto scuola. I bei tempi andati sono sempre nella mente della sinistra, i cui esponenti inventarono di tutto con l’idea di salassare gli italiani per qualcosa, anche di surreale. Come quando nel 2005 Livia Turco ideò una sorta di “tassa sul tempo”: un prelievo orario dalla giornata degli italiani per una sorta di servizio civile obbligatorio. Non se ne fece più nulla, ma la proposta resta e dimostra l’attrazione fatale della sinistra per la parola «tassa». Nel Pd ci fu un’altra ideona partorita dalla premiata ditta Visco-Bersani: un think tank, il Nens, creato nel 2001, una specie di «pensatoio delle tasse» che fece da scuola a un altro fautore del balzello, Stefano Fassina, a lungo responsabile economico del Pd.
In principio fu Giuliano Amato: il prelievo forzoso sui conti correnti
Ma il caso monstre più celebre rimasto negli annali risale al 1992 quando il governo Amato varò una manovra da 30 mila miliardi di lire con il prelievo forzoso retroattivo del 6 per mille sui conti correnti. Perpetrato – è il caso di dire- col favore delle tenebre. Prese una decisione senza precedente: applicare una patrimoniale sui conti correnti degli italiani, che, in realtà, erano già al netto delle imposte. Quelle tasse erano già state pagate. L’ossessione per la patrimoniale ha origini sinistre. Schlein, Bonelli e Fratoianni sono gli stanchi epigoni di un’ideaa vecchia, tanto perversa quanto inutile. Da questa fascinazione se ne esce disinnescandola. E fornendo una visione di un fisco al passo coi tempi, un fisco “amico” come sta proponendo il centrodestra. Con l’idea di un”patto” tra stato e cittadini e non con l’idea punitiva di stampo giacobino. Del resto, sul tema parlano i numeri. La crescita delle entrate tributarie del primo semestre 2024 è pari al 4,11%, con ben 10,168 milioni in più rispetto al 2023. Un successo e, insieme, la dimostrazione che il nuovo approccio – anche culturale – dei rapporti tra fisco e contribuente, è la via maestra.
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