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Elogio «impolitico» di Grillo l'istrione

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Il fondatore dei Cinque stelle come comico merita ammirazione. Diverso il giudizio sul ruolo istituzionale. Il suo Movimento doveva cambiare l’Italia, ma si è trasformato in un’onda anomala di fanatici dilettanti. Un brutto spettacolo esondato nella vita.

Lo abbiamo visto giorni fa su un carro funebre celebrare le esequie del Movimento 5 Stelle. «Muoia Sansone con tutti i filistei» ma Beppe Grillo allevia il finale tragico con un consolatorio annuncio di salvezza.
A giudicarla fuori dall’arena politica, l’impresa di Beppe Grillo è stata una trionfale avventura. Un comico di successo, che fu estromesso dalla tv e seppe risalire la china, prima nei teatri, nelle piazze e nella rete e poi a sessant’anni si inventò leader politico e ayatollah rivoluzionario, portando la sua creatura al primato dei voti e al governo. Ha fatto quel che pochi hanno saputo fare, ha convertito la sua fama dal cabaret alla lotta politica, dalla tv al Parlamento, dalla battuta irriverente all’incazzatura militante, passando da una fase profetica. Ha trasformato una gag in un Movimento e ha costruito dal nulla un Collettore di Massa.

Ora è stanchino, come disse una volta, e ha ragione di esserlo. Fuori dalla politica, Grillo merita ammirazione. Diverso è invece il bilancio del guitto che volle farsi leader e del Movimento che pretese di cambiare l’Italia con una fiducia cieca in una divinità assoluta e capricciosa come la Rete, reclutando una setta buffa, giacobina e iniziatica, extraterrestre, fondata sul pregio dell’ignoranza e l’orgoglio dell’incompetenza, che si è via via conformata al paesaggio politico e alle sue furbizie. L’Italia aveva bisogno di una svolta, non di un’onda anomala di fanatici dilettanti. Grillo non ha cambiato il mondo, ma chiude in gloria la sua carriera d’artista con uno spettacolo dal vivo a getto continuo dove il palcoscenico esonda nella vita. Fa drammaturgia sul disagio. Mi direte che non è il solo, e son d’accordo.

C’è tanta messinscena in giro, non c’è passione politica ma recitazione, tra attori politici e animatori. La molla segreta di Beppe e il libretto d’istruzione per montarlo, è in un testo cantato da Charles Aznavour, L’istrione. Ve lo recito qua e là: «Io sono un istrione, la teatralità scorre dentro di me... tengo il pubblico con me sull’orlo di un abisso oscuro... E la commedia brillerà del fuoco sacro acceso in me. E parlo e piango e riderò del personaggio che vivrò... Perdonatemi se con nessuno di voi non ho nulla in comune... Io sono un istrione a cui la scena dà la giusta dimensione... con la maschera che ho... puntuale sono là nel sogno sempre uguale...l’arte sola è la vita per me...se mi date un teatro e un ruolo adatto a me il genio si vedrà...con furore agli altri mentirò fino a che sembri verità, fino a che io ci crederò». Ecco il certificato bio-psicologico e teatrale di Grillo. Applaudite l’Istrione, ma che c’entra votarlo.

Dopo il comico, dopo il politico, venne il mistico fondatore di una nuova religione, quando lanciò su Amazon un libro manifesto, anzi un libro bibbia, per la Chiesa dell’Altrove. La verità è sempre altrove, i problemi veri sono sempre altri, le cose stanno sempre in altro modo. Poi la solita invettiva contro generiche categorie di malfattori: «bugiardi furbi e traditori», «poveri miserabili e vili», «presuntuosi sbruffoni e arroganti», «invidiosi adulatori e opportunisti», «noiosi, micragnosi e moralisti». Qui il meta-grillismo è la variante messianica del vecchio grillismo sfanculante urbi et orbi. Un vaffa al mondo per rifugiarsi nell’Altrove.

Più interessante, anche se non originale, è la sua invettiva contro il superfluo, l’anticonsumismo con la decrescita felice di Serge Latouche (e vissero felici e decrescenti). E la critica all’individualismo sfrenato che ammorba l’Occidente, che ha spostato il centro da Dio all’Io generando «caricature patetiche e grottesche» (tra cui quella di Grillo).
Nella Chiesa dell’Altrove era previsto l’uso di esorcismi, il rilascio di un patentino per la frequentazione della Chiesa e l’uso di una tecno-simbologia. Una specie di spremuta creativa di riti, simboli e religioni del passato, poi versata nella centrifuga del cazzeggio spirituale-spiritoso. Un fritto mistico fai-da-te.

Ma Beppe Grillo usava la Chiesa dell’Altrove per vagheggiare un’alternativa da asporto che poteva essere politica, spirituale, extraterrestre, deliveroo o anche altro. Poteva avere uno sbocco mistico o comico, farsi chiesa, rivoluzione, beffa, consegna a domicilio o cabaret; una parodia delle altrui religioni, come del resto il movimento grillino era una parodia della politica. C’era sin dalle origini del suo movimento fondato con la Casaleggio Associati quello spirito settario, iniziatico, esoterico che costeggiava la new age e le associazioni terrapiattiste. Un’evoluzione hi-tech delle madonne piangenti, dei dischi volanti e dei santoni piazzisti che furoreggiano nel web. Ai suoi primi passi la setta di Casaleggio & Grillo era Grillology perché ricordava un po’ Scientology.
La Chiesa dell’Altrove era l’approdo coerente a quella doppiezza messianica e satirica, fra il divino e la supercazzola, che rispecchia l’ambiguità genetica di Grillo, profeta e guitto, savonarola e saltimbanco. Erano troppo diversi, lui e Conte, e troppo simili nell’egocentrismo, per poter convivere alla lunga. Dopo l’utopia grillesca venne la prosa contiana.
È giusto che Beppe si chiami fuori, anziché giocare alla distruzione delle sue creature, come un bizzoso dio Chronos che divora i suoi figli scellerati. Complimenti a Grillo e un abbraccio in camerino, fuori dalle camere, senza la maschera di leader. Lui resta a teatro, mentre cala il sipario; ma la vita, sorda e grigia, è altrove.