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Sport Invernali, “non è mai troppo tardi” per scoprirsi vincenti. Dallo sci alpino al nordico, il 2024-25 comincia nel segno dei late bloomers

Non è mai troppo tardi. Corso di istruzione popolare per il recupero dell’adulto analfabeta” è stato un programma televisivo andato in onda negli anni ’60. Condotto da Alberto Manzi, aveva appunto l’obiettivo di insegnare lettura e scrittura agli analfabeti. Si trattava di autentiche lezioni in diretta televisiva, mandate in onda nella fascia preserale per permettere anche a chi già lavorava di potervi assistere.

Premesso che vi sarebbe bisogno di qualcosa del genere anche ai giorni nostri, perché il livello di comprensione e analisi da parte del pubblico è colato a picco, non è questo il nodo del contendere. Il “non è mai troppo tardi” rappresenta uno dei leitmotiv dell’inizio della stagione 2024-25 degli sport invernali.

Nello sci alpino siamo reduci da un weekend in cui lo svizzero Thomas Tumler ha conseguito la prima vittoria della carriera alla “tenera età” di 35 anni e 33 giorni. Il successo dell’elvetico nel gigante di Beaver Creek è giunto poche ore dopo quello in discesa libera del connazionale Justin Murisier, ormai prossimo alle 33 primavere e mai affermatosi in precedenza.

Come se non bastasse, nel salto con gli sci stiamo assistendo a un autentico miracolo sportivo. Il tedesco Pius Paschke, classe 1990, è divenuto l’atleta più anziano di sempre a indossare il pettorale giallo di leader della classifica generale. Non si tratta di un fuoriclasse apparentemente immune al trascorrere del tempo (quale Novak Djokovic nel tennis), bensì di un autentico comprimario che, dopo essere cresciuto progressivamente una volta superati i trent’anni, sta vivendo un momento di estatica grazia.

È davvero interessante come i casi di esplosioni tardive – i cosiddetti late bloomers in gergo sportivo – si stiano moltiplicando negli sport invernali contemporanei, sino a raggiungere l’attuale eclatante picco. Perché e percome questo stia avvenendo, andrebbe analizzato e studiato. Potrebbe anche essere una situazione figlia delle circostanze, un’anomalia priva di ragioni specifiche.

Se ne prende atto e la si razionalizza, rilanciandola quale motivo di fiducia e speranza per tutti. Chissà che nel prossimo futuro anche qualche italiano, apparentemente destinato a chiudere la propria carriera nella mediocrità, non possa cambiare totalmente dimensione a dispetto della stagionatura e di un’anagrafica in cui la prima cifra è ormai diventata un “3”.