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Декабрь
2024

Nei filmati girati dal goriziano Aulo Rubino uno sguardo sul mondo che non c’è più

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Si fa prima a contare i Paesi in cui non è stato rispetto a quelli che ha visitato. Aulo Rubino era un commercialista, ma era anche un insegnante ed era socio di un’agenzia di viaggi, ma soprattutto era un viaggiatore. Faceva tre lavori per girare il mondo con la sua cinepresa e la sua macchina fotografica. Il suo occhio non era quello del turista. Ovunque andasse cercava di capire il luogo in cui si trovava e lo documentava. Da ieri il fondo della Mediateca “Ugo Casiraghi” a lui intitolato si è arricchito di una pellicola. La figlia Flavia ha trovato l’ultima bobina (ma non è detto che sia l’ultima) in un cassetto e l’ha consegnata all’archivista Giulia Berini e al consulente scientifico Silvio Celli. Sulla custodia non ci sono titoli. Per scoprire il contenuto c’è solo un modo: montare il filmato su una moviola e guardarlo. Cosa che sicuramente verrà fatta oggi. «Le pellicole anonime sono quelle che ci fanno più gola. Il bello è che possono essere una grande sorpresa come una grande delusione», ha osservato Celli che ieri ha presentato ufficialmente il Fondo Rubino.

«Con questo incontro - ha spiegato - iniziamo un ciclo di presentazione dei tesori della Mediateca. Normalmente, viene percepita come un luogo di noleggio dei film o come sala studio. C’è però un lavoro oscuro che viene fatto dietro le quinte e ha a che fare con la memoria audiovisiva del territorio. Negli anni siamo venuti a contatto con cineamatori locali e da lì sono iniziate acquisizioni sistematiche e ora siamo la maggior mediateca con fondi filmici di famiglia. Siamo già a 3 mila e siamo in continua crescita».

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Celli ha quindi ricordato che con le sue 520 pellicole, le quasi 29 mila diapositive, ma anche le migliaia di cartoline, le pubblicazioni e i materiali tecnici come le cineprese, le moviole e i proiettori, il Fondo Rubino è il più vasto di tutti.

«Con Rubino ci siamo trovati di fronte a un viaggiatore instancabile ed era un osservatore acuto». A tracciare la sua figura è stata la figlia stessa. «Ha iniziato a viaggiare prestissimo. Nel 1953 è andato in America con la scusa di una ricerca sui migranti friulani. Da lì non si è mai fermato. Riusciva a intrufolarsi ovunque. Per entrare in Cina ai tempi di Mao finse di essere un esperto dell’Enel. Fece 23 viaggi in Cina. Nell’ultimo mi fece notare come era cambiata Shangai». Rubino aveva una visione di lungo termine sui Paesi che visitava. Nel bel mezzo della Guerra Fredda intraprese un viaggio nell’Est Europa. Su quell’avventura scrisse il volume “Europa Orientale 1959-Impressioni di viaggio”. Documentò l’Afghanistan nel 1964. «Era infaticabile, era un grande amante della musica, del jazz in particolare, e della Francia, il Paese del suo cuore, dove andava ogni anno».

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«Guardava le cose muoversi, stava tra la gente comune e quando tornava scriveva relazioni per la Camera di Commercio e articoli per Il Piccolo, scritti che si configurano come saggi di economia e di geopolitica», ha aggiunto Celli invitando chiunque potesse avere bisogno di materiale d’archivio così importante a richiederlo come ha già fatto una regista australiana che sta realizzando un documentario sugli italiani che si trasferirono in Cina tra gli anni Sessanta e Settanta. «Il nostro obiettivo è fare tornare in circolazione questi materiali», ha concluso Celli.