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Addio al check-in online per alberghi e affitti Airbnb

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L’Italia è quel Paese che, per cercare di risolvere un problema di settore, lo affronta da un punto di vista completamente opposto, mettendo addirittura in campo la questione della sicurezza. Non nascondiamoci dietro a un dito (o dietro al Giubileo): la questione dell’overtourism e della proliferazione degli affitti brevi ha da tempo messo sul banco degli imputati delle piattaforme come Airbnb, Booking o simili, per non parlare di servizi digitali come Home Exchange. Si è trattato sempre di un problema legato al comparto turistico e alla disponibilità degli alloggi soprattutto nelle grandi città, dove i prezzi per gli affitti sono schizzati alle stelle. Ma, invece di affrontare la questione nel merito, nel frattempo si è cercato di individuare un metodo per scoraggiare quegli host che portano avanti la loro attività a distanza, imponendo un divieto – in seguito a una circolare ministeriale – per le cosiddette key boxes e – di conseguenza – per le pratiche di self check-in online.

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Le nuove regole sul self check-in e la circolare del ministero dell’Interno

Nella circolare, che verrà affrontata nel dettaglio in un altro articolo del nostro monografico di oggi, si evidenzia come – in concomitanza con eventi sul territorio italiano che prevedono un grande afflusso, come il Giubileo che verrà inaugurato il prossimo 24 dicembre – le pratiche di self check-in siano in realtà un problema per la sicurezza pubblica. Gli host, attraverso questa modalità di registrazione, potrebbero non entrare mai in contatto con l’ospite della propria struttura, omettendo il controllo sulla documentazione inviata attraverso strumenti digitali (mail o – addirittura – messaggi su WhatsApp). In questo modo, risulta molto difficile alle forze dell’ordine risalire all’identità dei soggetti nei casi di illeciti e – soprattutto – nel caso in cui questi ultimi avessero fornito delle false informazioni.

Ricapitoliamo brevemente come funziona oggi, nella gran parte dei casi. Oggi, su diverse piattaforme di hosting, il self check-in è ritenuto addirittura uno strumento premiante in chiave algoritmica, tant’è che oltre il 70% delle strutture nelle prime pagine dei risultati di ricerca delle varie piattaforme è dotato di questa opzione. Inoltre, Airbnb ha evidenziato più volte quali siano le caratteristiche preferite dagli ospiti e che li indirizzano verso una scelta: al primo posto, c’è sicuramente la cancellazione gratuita, ma il self check-in è la seconda opzione più ricercata in sede di prenotazione di un alloggio.

Questa pratica è rimasta abbastanza borderline, in Italia, per la presenza dell’articolo 109 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, che parla dell’identificazione fisica dell’ospite da parte del proprietario della struttura (una evidenza che è stata sottolineata anche nella circolare del Viminale, ribadendo l’importanza della verifica del documento d’identità). Tuttavia, le esigenze degli host e dei turisti hanno portato sempre più spesso a tollerare queste pratiche che, nel corso del tempo, hanno affinato anche i ritrovati tecnologici di riferimento: le key boxes, ad esempio, sono sempre più diffuse. Dopo l’interlocuzione tra il proprietario e l’ospite, infatti, a quest’ultimo viene fornito un codice univoco che permetterà di aprire la cassettina presente davanti alla struttura per ottenere le chiavi d’accesso alla stanza prenotata. Non è un caso che queste key boxes siano diventate, nel corso del tempo, dei veri e propri simboli della protesta di chi se la prendeva con l’overtourism e con la proliferazione degli affitti brevi (con conseguente aumento dei prezzi degli affitti a medio e lungo termine). Né la circolare arriva inaspettata, dal momento che la città di Firenze (particolarmente sensibile al tema delle piattaforme turistiche digitali e degli affitti brevi) aveva già deciso di vietare le key boxes a partire dal 2025.

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