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Cosa dice la circolare del Ministero dell’Interno che “vieta” il self check-in

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Negli ultimi anni, come confermato dalla presenza sempre più invasiva delle cosiddette key-box per le strade delle principali città italiane, è diventato di uso e consumo comune una dinamica: quella del cosiddetto “self check-in”. In pratica, si parla dell’invio della documentazione di identità alla struttura ricettiva per via telematica, in modo tale da superare (soprattutto per quegli alloggi destinati alla locazione breve) il controllo dei documenti “de visu”. Ora, però, tutto ciò non sarà possibile, come indicato dalla recentissima circolare inviata dal Viminale agli albergatori e agli host.

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Il Dipartimento della Pubblica Sicurezza – in seno al Ministero dell’Interno – ha fornito ai titolari delle strutture ricettive (di ogni tipologia) questa interpretazione dell’articolo 109 del TULPS, indicando quali devono essere le modalità di accertamento dell’identità degli ospiti paganti e ribadendo anche l’obbligo di comunicazione – agli uffici dedicati attraverso il portale ad hoc “AlloggiatiWeb” – entro 24 ore (sei nel caso di permanenza di un solo giorno nella struttura) dell’identità dei “villeggianti”.

Self check-in, cosa dice la circolare che lo vieta

Il focus principale è, però, quello del self check-in (o check-in da remoto). Come recita la circolare del Viminale, l’invio e il controllo dei documenti degli ospitati non sarà più possibile solo in forma telematica:

«La gestione automatizzata del check-in e dell’ingresso nella struttura, senza identificazione de visu degli ospiti, si configura quale procedura che rischia di disattendere la ratio della previsione normativa, non potendosi escludere che, dopo l’invio dei documenti in via informatica, la struttura possa essere occupata da uno o più soggetti le cui generalità restano ignote alla Questura competente, comportando un potenziale pericolo per la sicurezza collettiva. In tal senso, in definitiva, si ritiene di poter affermare che eventuali procedure di “check-in da remoto” non possano ritenersi satisfative degli adempimenti di cui all’articolo 109 del TULPS, cui sono tenuti i gestori di strutture ricettive». 

Dunque, non solamente gli alberghi e i B&B, ma anche gli host (Airbnb, per esempio) devono procedere con il riconoscimento di persona di tutti gli ospiti di un alloggio, passando anche attraverso un rapido e sommario controllo dei documenti di identità. Senza passare dalla consegna di questi ultimi attraverso portali o altri mezzi digitali. Sono esclusi da questo discorso i rifugi alpini che, per natura, hanno un riferimento normativo differente.

HomeExchange

Dunque, niente più check-in a distanza e obbligo – come previsto già dalla legge – di comunicare alle autorità competenti l’identità degli ospiti in ogni tipologia di struttura ricettiva. Anche per quel che riguarda il fenomeno HomeExchange, ovvero persone che mettono a disposizione la propria casa in cambio della possibilità di alloggiare nella casa del loro futuro “ospite”. Anche in questo caso, sarà necessario l’invio della comunicazione sull’identità degli ospiti, attraverso il portale dedicato AlloggiWeb.

«Vista la finalità della norma in argomento, come sopra descritta, appare con chiarezza che anche l’ipotesi relativa allo scambio di casa con persone, cittadine italiane o straniere, senza l’inserimento dei relativi dati nel portale Alloggiati web, disattenderebbe la ratio delle previsioni normative, non potendosi escludere che l’iscrizione alla piattaforma Home Exchange avvenga mediante l’inserimento di dati “di fantasia”, proprio al fine di aggirare le prescrizioni normative ed occupare un alloggio in modo ignoto alla Questura competente, con il pericolo di potenziali ricadute sulla sicurezza della collettività». 

Dunque, le maglie del controllo si allargano, con i documenti d’identità validi per il check-in che non possono essere più inviati e ricevuti per via telematica.

 

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