Waltzing with Brando, anteprima mondiale del film che racconta il sogno “ecologico” dell’attore di Apocalypse Now e Ultimo Tango a Parigi
Va bene che Marlon Brando appare ovunque sulle vetrine dei negozi di Torino, sui manifesti in strada, sui banconi dei caffè. Va bene che Giulio Base, il neodirettore del Torino Film Festival ne è devoto fan, tanto da dedicargli una retrospettiva (criticatissima, in quando pre confezionata, dai suoi detrattori). Ma quando vedi Billy Zane – il cattivone del Titanic di Cameron per intenderci – tutto ingrossato, corpulento, erculeo, con quella chioma grigia che svolazza all’indietro e lo sguardo tenebroso, vagamente inquietante, ti sembra di rivedere Brando per davvero sul grande schermo del cinema Centrale.
Parliamo di Waltzing with Brando di Bill Fishman, una vera anteprima mondiale del festival torinese edizione 2024, film Fuori Concorso che stuzzica soprattutto la curiosità rispetto a un fatto storico, inerente la biografia di Brando, accaduto tra la fine degli anni sessanta e l’inizio dei settanta, quando l’attore stava preparando il ruolo di Vito Corleone nel Padrino e successivamente il Paul di Ultimo tango a Parigi. Si tratta del resort super ecologico che la star hollywoodiana, sempre più autoesiliatasi a Tahiti, volle costruire su Tetiaroa, un atollo tahitiano limitrofo e disabitato, ma ulteriormente isolato dalla sua naturale difesa corallina.
Brando (l’ottimo mimetico Zane) ingaggia Bernie Judge (Jon Heder, impacciato mirabilmente al quadrato), architetto di Los Angeles idealista e illuminato, anche se goffo e consuetudinario. Judge finisce per intrufolarsi in questa mini comunità di casa Brando a Tahiti (si va dalle fanciulle locali ad una hostess francese di aerei di linea), dove i bimbetti del villaggio entrano ed escono da stanze da letto e corridoi, dove si sorseggia Piña colada al tramonto e si fa il bagno nudi senza troppo rispettare ruoli, coppie e gerarchie. Judge ci entra inconsapevole e in punta di piedi per chiudere un altro affare immobiliare, ma viene coinvolto nell’affare Tetiaroia sulla scia ecologista e anticonformista brandiana. In realtà, seppur con le migliori intenzioni, Judge e Brando, non distruggeranno troppa barriera corallina, ma sbragheranno mezzo atollo. E visto che i soldi per finire il resort non bastano mai, Brando licenzierà Judge e finirà l’opera con un architetto più pratico e meno con il culo a bagno.
Waltzing with Brando ha un encefalogramma cinematografico con alcuni divertenti sussulti (i momenti dei set brandiani con il rifacimento di celebri scene del Padrino, Ultimo tango e Apocalypse Now o le interviste tv “rigirate”); si inerpica senza mai affondare, ma nemmeno senza troppe filosofeggiare, sugli stilemi del film di fuga esotica mostrando una basica e lineare scrittura; affronta con accettabile verve il rapporto dispari tra un infingardo guascone dalle buone ed etiche intenzioni come Brando e un architetto impacciato che sembra un Chevy Chase nella vacanza del National Lampoon’s. Waltzing with Brando si segue anche come ricordo, squarcio, testimonianza di un’epoca in cui i gesti simbolici a livello politico avevano ancora un senso, un seguito, un’energia primigenia di eguaglianza e rispetto per il prossimo (qui i nativi del Pacifico e i pellerossa). Del resto Brando/Zane l’Oscar lo usa come fermaporta e non come soprammobile. Onestissima, e ai più confermata dai biografi di Brando, l’ossessione sulle energie rinnovabili per costruire, comunque, una struttura piuttosto impattante. Una parte dei proventi del film andrà all’organizzazione no profit polinesiana di Tetiaroa per difendere la biodiversità e l’ambiente. La giunonica star anni novanta Tia Carrere è una svitata e allupata ex regina di Tahiti. Richard Dreyfuss fa una delle sue rare apparizioni/cameo dell’ultimo decennio.
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