La mia lettera aperta al ministro degli Esteri: su Israele La invito a fare ciò che è giusto
di Ugo Gaiba
Sig. Ministro degli Esteri,
vorrei scrivere anche egregio, ma ahimè al momento non riesco; mi spiegherò al termine di questa lettera. Mi tocca sottoporle una questione che non mi fa dormire tranquillo e che mi fa vergognare ogni volta che mi alzo al mattino.
Diversi soggetti, quali commissari e relatori delle Nazioni Unite, hanno riportato ufficialmente quanto risulta dai riscontri sul campo in territorio palestinese. Inoltre sono disponibili numerosi documenti video, scritti, testimonianze dirette, interviste, su quanto sta commettendo il governo di Israele e il suo esercito. Oltre al numero impressionante delle vittime civili abbiamo:
– soldati che festeggiano per la distruzione e il saccheggio di infrastrutture pubbliche e civili;
– uccisione di quasi duecento operatori della stampa;
– uccisione di più di duecento operatori Unrwa;
– dichiarazioni esplicite di alcuni ministri dello stato ebraico sul progetto di svuotamento di una terra per poi colonizzarla in virtù del fatto che quella terra sarebbe già loro per assegnazione divina;
– blocchi e impedimenti al passaggio di aiuti umanitari quali cibo, acqua e medicinali.
Mi fermo qui per esigenza di sintesi, ma l’elenco sarebbe molto più corposo.
Le chiedo quale attinenza avrebbe quanto elencato – e ampiamente dimostrato – con il diritto di difesa di Israele. Diritto che nessuno mette in discussione. Ma quale evidenza deve ancora palesarsi perché le istituzioni si facciano carico delle proprie responsabilità? È possibile delegare solo alla società civile il compito di manifestare dissenso e di presa di distanza? Come è possibile continuare a dichiararsi al fianco di chi sta calpestando il diritto internazionale?
Signor ministro: la Corte Penale Internazionale, il Tribunale dell’Aja, ha emesso tre mandati d’arresto per crimini di guerra e crimini contro l’umanità, nei confronti di B. Netanyahu, Y. Gallant e M.D.I. al Masri, riconoscendo a loro delle responsabilità che vanno ben oltre la violazione delle Convenzioni di Ginevra.
Signor ministro, la Corte Penale Internazionale – a cui aderiscono più di 120 paesi – fu fondata proprio a Roma nel 1998, per poi entrare in vigore nel 2002 con la sede all’Aja. L’Italia non fu solo firmataria, ma “creatrice” di quell’istituzione, in quanto fu la nostra diplomazia a spingere negli anni ‘90 per l’istituzione di una corte internazionale in grado di perseguire i responsabili di crimini di guerra.
Signor ministro, anche il Pontefice nell’approssimarsi del Giubileo 2025 si è espresso su ciò che sta accadendo, e di come tutto ciò che è in atto potrebbe corrispondere ad un genocidio, così come definito da giuristi e organismi internazionali.
Questo è un momento storico per il ripristino dei valori universali del diritto e della giustizia. Perché l’Italia non esercita in pieno il ruolo che le compete? Dove sono le istituzioni? Avete l’onere e insieme il privilegio della responsabilità. Siete e siamo corresponsabili di ciò che sta accadendo in quelle terre e a quelle persone. Anche io mi sento addosso il peso grave di questa responsabilità, ma mi manca il potere decisionale. Al mio livello posso sensibilizzare e astenermi in ogni modo possibile, nel mio piccolo, dal contribuire a questo orrore.
La invito ad avere un cuore impavido e a fare quello che è giusto, non quello che apparentemente ci conviene, o quanto consegue dall’essere succubi della forza di altri poteri. Lo faccia! Faccia ciò che è giusto e potrò aggiungere “Egregio” all’esordio di una mia eventuale prossima lettera.
Un mondo in pace e più sicuro dipende da quanto siamo capaci di accogliere e riconoscere la verità. Dipende da quanto ci spendiamo per la giustizia. Dipende anche da Lei. Se il diritto internazionale muore, saremo tutti in balia del potente di turno.
Con amarezza e angoscia,
P. Cenacchi e U. Gaiba
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