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Presa a pugni dall’ex marito: mamma in ospedale a Schiavonia col viso pestato

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Si è presentata in Pronto Soccorso a Schiavonia dopo aver accompagnato i figlioletti a scuola, il volto tumefatto dai colpi ricevuti dall’ex marito.

L’ultimo caso di violenza di genere – noto – nel Padovano risale allo scorso fine settimana, ma sono circa 230 le donne picchiate, nella maggior parte dei casi da mariti e compagni, che ogni anno arrivano nei Pronto Soccorso del territorio.

Nel 2023 sono stati 131 quelli visti dagli operatori dell’Euganea, un centinaio quelli in Azienda Ospedale Università. «Venerdì pomeriggio una giovane collega mi ha chiamata perché per la prima volta si trovava davanti una vittima di violenza» racconta la dottoressa Roberta Volpin, direttrice dell’Uoc Pronto Soccorso di Schiavonia.

«Era una donna sui 30 anni, madre di due figli, da poco separata dal marito» dice «ha raccontato che l’ex si era presentato a casa con la scusa di prendere alcune cose e una volta lì l’ha presa a pugni in faccia. Ha detto che in passato non aveva mai alzato le mani, c’era stata qualche aggressione verbale e psicologica. Ma spesso succede così: uomini lasciati che passano dalle violenze verbali a quelle fisiche».

La trentenne si era recata a Pronto Soccorso dopo aver sporto denuncia ai carabinieri: «Le vittime di violenza di genere hanno una media di 40 anni e sono meno propense di una volta a fingere di essere cadute dalle scale o aver sbattuto contro l’anta di un armadio» prosegue «generalmente sono le donne più anziane, sui 70 anni, a fare più fatica a denunciare perché vengono da una vita di violenze anche verbali ed economiche. E magari arrivano in ospedale con il femore rotto. Talvolta sono i figli adulti che le accompagnano a denunciare. E troviamo segni di violenze con datazioni diverse».

Medici e infermieri sono formati per riconoscere e gestire la violenza: «Non lasciamo mai la vittima al triage ma l’accompagniamo subito in una stanza protetta, in compagnia di un’infermiera o una oss fino a quando arriva il medico» prosegue Volpin «perché a volte scappano, ma soprattutto perché l’aggressore può raggiungerle e costringerle ad andarsene».

A presentarsi al Pronto Soccorso sono, per la stragrande maggioranza, italiane; talvolta consigliate dalle forze dell’ordine. «Possiamo procedere d’ufficio solo in caso di lesioni gravi, reiterazione del reato, in presenza di una minore o di violenza sessuale» spiega Volpin «diversamente, deve essere la vittima a presentare querela e noi forniamo tutte le indicazioni necessarie. Le donne vengono quindi sottoposte a un test, in cui valutiamo la situazione in cui si è verificata la violenza e se il punteggio è inferiore al 2 siamo sufficientemente sicuri che possa tornare a casa, nella fattispecie l’ex marito della signora non aveva le chiavi. Altrimenti, se non ci sono persone fidate a cui appoggiarla, viene tenuta in osservazione o mandata in una casa famiglia. Quando lavoravo in Azienda Ospedale Università c’era una bellissima ragazza dell’est, con grandi fragilità emotive, vittima della tratta: veniva picchiata selvaggiamente sia dai protettori che dai clienti e ogni volta scappava dal Pronto Soccorso. Con un’assistente sociale siamo riuscite a mandarla in casa famiglia e dopo un anno è venuta a trovarci con il fidanzato: felice, si era ripresa la sua vita».