«Non si sono aperte le porte del treno al Trieste Airport»: in 40 perdono l’aereo
La vicenda ha molti tratti surreali e, se non fosse per i disagi che ha creato a numerosi passeggeri, sarebbe una buona trama per un romanzo. Siamo a bordo del treno regionale 3440, partito da Trieste centrale. È il 24 novembre, giornata di sciopero (stavolta però è soltanto un elemento accessorio). Il convoglio arriva alla stazione di Trieste Airport, dove ad attendere l’uscita c’è un gruppo di circa quaranta persone.
Ma, in due vagoni, le porte non si aprono. I passeggeri sono costretti a scendere alla fermata successiva, Cervignano del Friuli. In soccorso giungerà allora un pullman, ma per alcuni sarà già troppo tardi e la coincidenza con l’aereo è andata in fumo.
A raccontare l’episodio è uno dei sfortunati viaggiatori, Francesca Cabibbo, residente in Sicilia in visita nel capoluogo giuliano per partecipare a un convegno.
«Alla fermata di Ronchi dei Legionari – ricorda Cabibbo – i passeggeri hanno inutilmente atteso l’apertura delle porte. Ma non si sono aperte e siamo rimasti sul treno».
Fin qui tutto farebbe pensare a un guasto, se non del treno quantomeno di alcuni suoi vagoni. Tuttavia la ricostruzione di Ferrovie dello Stato, contattate dal Piccolo, getta un’ombra di mistero su tutta la vicenda. Da Fs fanno infatti sapere che il capotreno dice di essere regolarmente sceso alla fermata di Trieste Airport e, anzi, di aver visto sbarcare delle persone nella maggior parte delle carrozze. Il fatto che alcune porte restassero chiuse non è dirimente: nel treno in questione le porte si attivano manualmente premendo un pulsante e spesso capita che una parte di esse resti bloccata. Peraltro, in tutte le fermate successive non si sono verificati problemi (tanto che i passeggeri, a Cervignano, sono scesi). Cosa che rende meno probabile l’ipotesi del guasto.
Ma allora perché le porte non si sono aperte? È possibile che in un gruppo di quaranta persone, a nessuno sia venuto in mente di premere il pulsante? Cabibbo, nel merito, non ricorda con esattezza lo sviluppo. «Ero dietro, troppo in fondo», dice ripensando alla scena. Ai lettori la decisione: se credere nella sfortuna – un guasto isolato, proprio nella stazione più gettonata – oppure nella distrazione collettiva di quaranta persone. Come ogni giallo che si rispetti, non ci sono in questa fase elementi decisivi che facciano propendere con certezza per un senso o per l’altro.
Due considerazioni rimangono comunque valide. Il racconto di Cabibbo, nella parte che segue, lamenta l’estrema difficoltà di trovare un aiuto alla stazione di Cervignano. «Eravamo soli, senza nessuna presenza fisica che potesse aiutarci». Vero è che, come detto, era giornata di sciopero, ma resta il fatto che solo grazie a un agente di Polizia – di cui Cabibbo ha apprezzato «la professionalità e la capacità di farsi carico dei problemi» – i passeggeri hanno potuto ottenere un autobus che li riportasse all’aeroporto.
Il secondo punto riguarda invece il “colpevole” del giallo, o “l’arma dell’assassinio” se si preferisce, ossia il pulsante. Se davvero fosse la distrazione e non un malfunzionamento la causa della mancata apertura delle porte, segnali più chiari e visibili potrebbero evitare che il mistero si ripeta in futuro, invitando a premere il tasto. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA